QUELLO CHE MANCA DELL'AMORE DI DIO NELLA PRIMA ENCICLICA DI BENEDETTO XVI
ADISTA n. 52 del 8.7.2006DOC-1753. COLOMBO-ADISTA. Perché la Chiesa cattolica, con i
suoi numerosi santi, ha insegnato nei suoi 2000 anni di storia l'esclusione di
gran parte dell'umanità dalla storia della salvezza? Perché l'amore altruista,
eterocentrato, viene identificato solo con l'amore cristiano? Perché non si fa
parola delle cause della prassi arrogante e intollerante del cristianesimo nella
storia, che ha portato alle persecuzioni e alla violenza? Perché vengono
ignorate le tragedie delle Crociate, della schiavitù, dell'Inquisizione, della
colonizzazione? Perché vengono citati soltanto santi che non hanno mai messo in
discussione l'ordine ingiusto del mondo, mentre non si fa parola di un mons.
Romero o di un dom Helder Câmara? Perché si parla di giusto ordine della
società, ma non si ha il coraggio di dire che la Chiesa spesso ha legittimato
ed appoggiato poteri ingiusti?
Tissa Balasuriya, teologo dello Sri Lanka scomunicato - e poi riabilitato nel
1998 - per le sue posizioni sul pluralismo religioso dall'allora prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger, esamina in un lungo
ed articolato saggio le gravi omissioni della prima enciclica di Benedetto XVI,
Deus caritas est. Omissioni che rivelano una visione della Chiesa e del
cristianesimo assolutamente parziale ed incompleta, ma soprattutto l'assenza del
nucleo più profondo del messaggio di amore evangelico, la ricerca della
giustizia e della pace.
Dov'è la giustizia, si chiede Balasuriya, nell'enciclica del papa? Quella
giustizia che il Sinodo dei vescovi del 1971 declinò come elemento costituente
della missione della Chiesa nel documento di Ratzinger non ha il rilievo che le
è dovuto. E mentre la giustizia sociale chiede un'analisi strutturale
dell'ordine mondiale, non vi è alcuna valutazione critica di esso da parte di
Benedetto XVI. Per non parlare, poi, dell'amore così come inteso nelle
Beatitudini del Discorso della Montagna: un amore che trasforma le persone e che
porta al dono definitivo di sé. Di tutto questo non vi è traccia
nell'enciclica, dove il dono di sé da parte di Gesù viene letto, secondo la
distorta interpretazione tradizionale, come "prezzo" da pagare ad un
Dio offeso per le colpe dell'umanità. E, analogamente, di Maria, presentata
come modello di servizio, umile e gentile, non viene minimamente messo in luce
l'importante e radicale messaggio sociale, testimoniato nel Magnificat,
portatore di grandi conseguenze rivoluzionarie. Assente, nell'enciclica, anche
il messaggio dei grandi profeti veterotestamentari.
In breve, secondo il teologo asiatico, nell'enciclica Ratzinger trascura gli
sviluppi radicali del vangelo di Gesù, non cogliendo gli aspetti di profonda
giustizia sociale che la caritas richiede. Da qui, l'esigenza che il papa
affronti questa aporia e colmi la lacuna in una prossima enciclica, centrata sul
nucleo dell'insegnamento cristiano, il suo anelito alla giustizia e alla pace.
Solo in questo modo, conclude Balasuriya, Ratzinger riuscirà veramente ad
offrire al mondo la leadership spirituale di cui esso ha bisogno. Di seguito
pubblichiamo, in una nostra traduzione dall'inglese, ampi stralci del commento
di Balasuriya. (ludovica eugenio)
COMPENDIO ALLA "DEUS CARITAS EST"
Introduzione
La tanto attesa prima enciclica di papa Benedetto XVI è stata accolta come
espressione della sua personalità, più affabile di quanto lo fosse quando era
cardinale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L'enciclica
ha due parti:
I) "L'unità dell'amore nella creazione e nella storia della salvezza (nn.
2-18);
II) "Caritas, la pratica dell'amore della Chiesa come ‘comunità
d'amore'" (nn. 19-42).
(…). In certa misura, l'enciclica è stata ben accolta, soprattutto
considerando che, qui, il papa non pontifica sui temi controversi di morale
sessuale sui quali i cristiani sono divisi e mostra una personale comprensione
del valore e del significato dell'amore nelle sue dimensioni, distinte ma
interconnesse, di eros, filía e agape. (…).
Lo scritto del papa mostra pienamente quanto egli sia influenzato dalla cultura
occidentale nella quale è cresciuto. Le differenti correnti della teologia
cristiana oggi potrebbero commentarla a partire dalle loro diverse prospettive.
Le teologhe femministe vi potrebbero trovare molti difetti, a cominciare dal
linguaggio sessista per finire con i molti temi discutibili riguardanti i
diritti riproduttivi individuali. Teologi della liberazione come quelli
latinoamericani noterebbero l'assenza di qualsiasi considerazione a proposito
del loro contributo unico allo sviluppo della teologia cristiana nel corso degli
ultimi decenni con un accento sulle dimensioni sociali e strutturali dell'amore.
Le teologie contestuali della liberazione asiatiche e africane avrebbero molto
da dire sulla loro esperienza di "amore cristiano" durante e dopo il
periodo del colonialismo occidentale. I ricercatori del dialogo interreligioso
potrebbero presentare la prospettiva della interpretazione cristiana
tradizionale del "Dio è amore" che ha esercitato tanta influenza nei
secoli. Coloro che si interessano di giustizia interrazziale, etica globale e
natura potrebbero fare commenti sul modo in cui loro vedono la teologia e la
spiritualità cristiana.
Amore ed etica sessuale
Viene detto che l'amore come eros e agape è parte del piano di Dio per le
relazioni umane. Nei tempi moderni la Chiesa ha dovuto affrontare molte
questioni relative alla vita familiare e alla morale sessuale interpersonale.
Uno dei temi più discussi è stato quello della regolazione delle nascite. A
questo riguardo, il momento più teso è stata la decisione di papa Paolo VI,
nel luglio 1968, di condannare l'uso dei metodi contraccettivi. (…).
Tale decisione è stata molto discussa all'epoca persino tra i membri della
gerarchia cattolica. I fedeli consapevoli erano divisi nella loro fedeltà alla
Chiesa. In tutto il mondo, molte famiglie cattoliche ignorarono le istruzioni
papali. (…). L'insieme di insegnamenti e pratiche della Chiesa su tematiche
sessuali, tra cui il rifiuto dell'Eucaristia ai divorziati risposati, ha fatto sì
che sempre più cattolici trovassero la posizione della Chiesa seccante e
inaccettabile. (…). L'attuale papa ha mostrato, nella sua prima enciclica, una
maggiore sensibilità nei confronti di questioni legate alla sessualità umana,
mettendo in relazione l'amore autocentrato proprio dell'eros con l'amore
eterocentrato dell'agape, con Dio come fonte ultima di entrambi. Poiché la
vasta maggioranza dell'umanità, compresi i cattolici e gran parte della
gerarchia cattolica, non condivide più la dottrina riguardo al controllo delle
nascite, ci si può attendere che il papa riesamini l'insegnamento della Chiesa
cattolica riguardo all'uso dei contraccettivi. La situazione è tnato più
importante dal momento che un semplice fedele, esposto al rischio di contagio da
Hiv/Aids, può trovarsi in un grave dilemma morale a questo riguardo. (…).
Avendo aperto una sorta di finestra di comprensione al mondo della sessualità
umana, il papa può sentirsi incoraggiato a cercare di sanare questa ferita che
è ampiamente responsabile del massiccio allontanamento di molte persone di
buona volontà dalla Chiesa cattolica. Sarebbe importante che la leadership
della Chiesa riflettesse sul modo in cui, sui temi morali, la Chiesa è stata
spesso obbligata ad imparare dall'esperienza dell'umanità comune come nel caso
della schiavitù, dell'evoluzionismo, della democrazia, dei diritti della classe
operaia, dei diritti delle donne e delle relazioni interreligiose. La Chiesa può
esigere dai cattolici un'adesio-ne di fede riguardo a questioni che sono
chiaramente di rivelazione divina. Ma i temi discussi sulla base della ragione e
del diritto naturale difficilmente possono chiedere un'ac-cettazione obbligata
da parte dei fedeli. (…).
"Dio è amore" in un mondo religioso pluralista
La Chiesa viene presentata come manifestazione dell'a-more di Dio tramite Gesù
Cristo. Viene sviluppato il tema del legame dell'amore umano, nelle sue diverse
dimensioni, con l'amore di Dio. Ciò che nell'amore umano è indebitamente
egoistico dev'essere purificato per poter diventare l'amore eterocentrato
insegnato e manifestato da Gesù.
Sorge la domanda sul perché la Chiesa cattolica, con i suoi numerosi santi
della carità menzionati nell'enciclica, ab-bia insegnato, nel corso di gran
parte dei suoi 2000 anni di storia, l'esclusione della maggioranza dell'umanità
dalla salvezza eterna a causa del peccato originale, fino alla venuta di Gesù
Cristo come Salvatore unico ed universale di tutto il genere umano. In questo
aspetto vi è una combinazione dell'antropologia della caduta di tutta l'umanità
nel peccato originale a cominciare dai primi genitori Adamo ed Eva, con la
tradizionale soteriologia secondo cui la salvezza avviene solo grazie a Gesù
Cristo e all'appartenenza alla Chiesa cristiana. (…).
Tali interpretazioni possono essere accettate in un ambiente e in una cultura
occidentale cristiana, ma non riescono a comunicare l'idea che "Dio è
amore" a molti altri popoli, tra cui quelli arabi. (…). Negli ultimi
quarant'anni, dopo il Vaticano II (1962-1965), l'insegnamento cattolico è stato
sviluppato per includere la possibilità di salvezza di tutti gli esseri umani
anche al di fuori della Chiesa. Eppure alcuni documenti ecclesiali ancora
rivendicano alla Chiesa la strada privilegiata per la salvezza, come la
dichiarazione "Dominus Jesus" del 2000. Il Consiglio Ecumenico delle
Chiese sta ora discutendo e studiando la maniera di riconciliare
evangelizzazione e missione con il dialogo e le relazioni interreligiose. Le
Chiese cristiane stanno discutendo il modo in cui, dopo secoli di distanza,
poter celebrare insieme l'Eucaristia.
L'amore di Dio e la giustizia nella storia della salvezza
(...). Come afferma il Catechismo della Chiesa cattolica pubblicato dal Vaticano
nel 1992 e voluto da Giovanni Paolo II, al numero 389, il mistero di Cristo e la
rivelazione del peccato originale sono interconnessi. Non si può toccare l'uno
senza toccare anche l'altro. Ciò sembra implicare che l'incarnazione del Figlio
sia dipesa dal peccato originale dei primi genitori. (…).
La situazione diventa più discutibile, o inaccettabile, quando questo amore di
Dio viene interpretato come un beneficio per i soli cristiani, cioè coloro che
appartengono alla Chiesa cristiana (cattolica). Per alcune religioni mondiali
come il buddismo, sarebbe difficile comprendere come un Dio d'amore potrebbe
condannare alcuni esseri umani all'inferno (fuoco) eterno. È comprensibile che
tale combinazione di antropologia mitica, soteriologia esclusiva ed
ecclesiologia dominante non attiri né venga accettata, persino ora, dal 95%
degli asiatici, cioè da metà circa della razza umana. (…).
Al numero 7, Benedetto XVI fa intendere che solo l'amore cristiano è agape. La
caratterizzazione dell'amore nelle culture non cristiane come "ascendente,
possessivo e bramoso" sembra in qualche modo inopportuno, se non arrogante,
da parte dei cristiani, per non dire del papa. Non sarebbe forse giusto dire che
entrambi i tipi di amore sono presenti in tutte le culture e necessitano di
purificazione? Se si guardasse al modo in cui le religioni e le culture si sono
comportate negli ultimi 2000 anni, sarebbe difficile affermare che la cultura
cristiana o occidentale è stata più generosa ed eterocentrata rispetto alle
culture non cristiane.
Spiegando la sua visione della fonte dell'amore altruista dell'agape, il papa fa
riferimento a Cristo come fonte di tale amore. Questa posizione può
rappresentare un ostacolo al dialogo interreligioso che dev'essere rispettoso
degli altri in modo critico, umile e desideroso di imparare da essi..
(…). L'interpretazione del messaggio evangelico da parte della Chiesa nel
corso di gran parte della sua storia non è stata quella di una rivelazione
salvifica e liberante di carattere universale ma, al contrario, quella di un
insegnamento autoreferenziale per il quale l'appartenenza alla Chiesa è
essenziale alla salvezza. Ciò è totalmente diverso dalla proclamazione di Gesù
nella sinagoga a Nazareth: "Mi ha mandato a proclamare la libertà ai
prigionieri… a liberare gli oppressi…" (Lc 4,18).
Il papa cita Luca ricordando le parabole dell'uomo ricco e del povero Lazzaro e
del figliol prodigo e Mt 25, 25-46, che può essere interpretato in termini di
carità intesa come servizio sociale, ma non ricorda questa proclamazione della
missione liberatrice di Gesù.
Perché non vi è stata una seria discussione dei presupposti in base ai quali
è stata strutturata e difesa, nei secoli, una prassi cristiana intollerante? La
predicazione liturgica sulla morte di Gesù e la festa di Pasqua non continua
forse a ricordare il presunto peccato originale dell'umanità e la conseguente
salvezza di tutti grazie alla morte sacrificale di Cristo?
Come tale interpretazione teologica della Trinità ha portato ad un
cristianesimo esclusivista e incline all'intolleranza verso le altre fedi?
L'interpretazione esclusivista della salvezza ha portato all'intolleranza dei
cristiani ed anche alla persecuzione di altri, quando i cristiani sono stati al
potere. La missione era destinata alla conversione di altri alla Chiesa. La
teologia dell'epoca, implicitamente ma anche in forma esplicita, giustificava
l'uso della violenza per conquistare i popoli e per portarli alla fede, cioè il
proselitismo. Molti di questi aspetti ora possono essere superati o cambiati, ma
i presupposti di base del peccato originale non sono stati sconfessati. Vengono
ripetuti nella liturgia di Pasqua.
Poiché le lingue e le culture umane sono diverse e la mente umana è limitata
nel comprendere o interpretare il mistero divino, è chiaro che si sviluppa una
molteplicità di interpretazioni o strade verso il Divino. Il cristianesimo,
insegnando il monoteismo, ha preteso di conoscere la natura del Divino e delle
azioni di Dio nella storia. Il Dio dell'amore viene interpretato come di parte
nel favorire il popolo di Israele. I popoli europei hanno approfittato di questa
interpretazione della missione cristiana per andare a conquistare il resto del
mondo e costruire l'attuale ingiusto ordine mondiale.
Dio è amore e Dio è giusto nella storia della Chiesa
La seconda parte dell'enciclica tratta della carità come responsabilità della
Chiesa e manifestazione dell'amore trinitario. (…). Il papa cita la dottrina
sociale della Chiesa come esempio di carità nel passato e come richiesta di
giustizia sociale nel presente. (…). La seconda parte tratta anche della
teoria speculativa della prassi, piuttosto che della vera prassi storica della
teoria. Il Dio della teologia può essere il Dio dell'amore generoso che
perdona, ma non il Dio della storia cristiana generalmente presentato come colui
che è a fianco dei cristiani, spesso arroganti e violenti dominatori del
prossimo. Molti commenti critici possono essere espressi su questa parte
dell'enciclica. Le riflessioni del papa sono sviluppate nel contesto della
moderna storia europea.
La Chiesa delle origini
Il papa inizia questa parte con una riflessione sugli Atti degli Apostoli, con
il ben noto racconto sulla carità nella Chiesa delle origini:
"La carità come compito della Chiesa… La coscienza di tale compito ha
avuto rilevanza costitutiva nella Chiesa fin dai suoi inizi: ‘Tutti coloro che
erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi
aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il
bisogno di ciascuno' (At 2, 44-45). Luca ci racconta questo in connessione con
una sorta di definizione della Chiesa, tra i cui elementi costitutivi egli
annovera l'adesione all'‘insegnamento degli Apostoli', alla ‘comunione' (koinonia),
alla ‘frazione del pane' e alla ‘preghiera…'".
Il papa commenta che, anche quando la Chiesa crebbe, il suo "nucleo
essenziale è però rimasto: all'interno della comunità dei credenti non deve
esservi una forma di povertà tale che a qualcuno siano negati i beni necessari
per una vita dignitosa" (n. 20).
È una storia bellissima, ma la storia della Chiesa è ben lontana dal
testimoniare la comunione, la condivisione della preghiera e l'influenza della
preghiera. La continuazione del racconto degli Atti è significativa. Racconta
di come Barnaba "vendette il campo che possedeva, prese il denaro e lo
diede agli apostoli".
Anania e Saffira
Gli Atti proseguono con il racconto di Anania e Saffira che vendettero alcune
loro proprietà e tennero per sé parte del denaro ottenuto, ingannando così
gli apostoli e lo Spirito. (At 5,1-10) (…). Questo dimostra che anche nella
Chiesa delle origini vi erano persone e famiglie che mentivano alla comunità e
non condividevano come avevano dichiarato di fare. (…). Non vi sono oggi molti
Anania e Saffira, anche a livello transnazionale, che portano via le ricchezze
ai poveri e alle fasce disagiate? Oggi il funzionamento del sistema degli
investimenti internazionali e di commercio con le pressioni neoliberiste
capitaliste del Fmi, della Banca mondiale e del Wto, dominati dagli Usa e
dall'Europa (cristiani) non è peggiore del comportamento di Anania e Saffira,
anche se se professa di essere onesti come il buon Barnaba? (…).
Tutta la storia della tragedia delle Crociate, della schiavitù, della tortura
delle streghe, dell'Inquisizione, della colonizzazione, fin dalla prima epoca
moderna, sembra essere trascurata o ignorata. Sembra che la carità cristiana
fosse sufficiente per quei periodi, specialmente quando il papa fa riferimento a
"gli Ordini monastici e mendicanti e poi i vari Istituti religiosi maschili
e femminili, lungo tutta la storia della Chiesa. Figure di santi come Francesco
d'Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de'
Paoli, Luisa de Marillac, Giuseppe B. Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione,
Teresa di Calcutta - per fare solo alcuni nomi - rimangono modelli insigni di
carità sociale per tutti gli uomini di buona volontà. I santi sono i veri
portatori di luce all'interno della storia, perché sono uomini e donne di fede,
di speranza e di amore" (n. 40).
Questi santi, quasi tutti maschi celibi, sono grandi personalità con i loro
diversi carismi. Si può tuttavia discutere quanto la loro carità sociale
avesse a che fare con questioni di giustizia sociale globale, o anche con
questioni legate alle relazioni interpersonali. Ho avuto la fortuna di
incontrare Madre Teresa tre volte, tra cui una nel suo convento a Calcutta. Una
volta, ad un incontro di studenti cattolici in India, le fu chiesto perché non
si adoperava per un'equa distribuzione del cibo in eccedenza immagazzinato in
India. Lei rispose che non era la sua missione, che la lasciava ad altri. (...).
L'amore richiede che tutti siano curati e che a nessuno manchino le risorse
essenziali per una vita dignitosa. Per comprendere ciò in una situazione di
grave disuguaglianza a livello locale e globale, è necessaria una lotta
strategica coordinata, contro la disuguaglianza, spesso causata da un saccheggio
a lungo termine e dall'ingiustizia. (…).
Chiesa e Stato
"Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della
politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una
grande banda di ladri, come disse una volta Agostino: 'Remota itaque iustitia
quid sunt regna nisi magna latrocinia?'" (n. 28 a).
Ci si può chiedere: i cristiani non sono convissuti e non hanno forse
legittimato i regimi terribilmente ingiusti susseguitisi lungo i secoli di
governo coloniale da parte delle potenze europee? Dal punto di vista dei popoli
colonizzati, non sarebbero forse una banda di saccheggiatori?
"Alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione
tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio (cfr Mt 22, 21), cioè la
distinzione tra Stato e Chiesa o, come dice il Concilio Vaticano II, l'autonomia
delle realtà temporali… Le due sfere sono distinte, ma sempre in relazione
reciproca" (n. 28 a).
Questa risposta di Gesù ai sacerdoti che volevano incastrarlo sul pagamento
delle tasse ai governanti romani non significava la separazione tra Chiesa e
Stato. La sua risposta ai furbi interroganti sembra essere: dal momento che
accettate il governo romano, dovete pagargli le tasse. Ciò non significa dire
che lo Stato non è sotto Dio o non è sensibile all'azione intrapresa
dall'azione civile o dai gruppi religiosi. Non esiste un insegnamento di Gesù
riguardo alla Chiesa in questo contesto o altrove. Nel pensiero cristiano tanto
la Chiesa quanto lo Stato sono sotto Dio.
Perché Gesù è stato ucciso?
Sarebbe utile chiedersi quali siano state le vere cause della morte di Gesù. Ha
scelto lui di morire? È morto obbedendo al Padre, come un agnello sacrificale?
O è stato ucciso dai sommi sacerdoti insieme ai Farisei e ai rappresentanti del
governo imperiale romano? (…).
Gesù è stato ucciso perché era stato accusato di costituire una minaccia per
l'impero romano. (…). Il suo ministero era ben di più di una mera attività
sociale. La sua testimonianza dell'amore di Dio comprendeva insegnamenti e
azioni che hanno portato alla sua crocifissione. Gesù è morto non a causa
della giustizia di Dio ma per l'ingiustizia del sistema dominante e dei
governanti e dei sommi sacerdoti dell'epoca. (…).
Stato pontificio
L'enciclica afferma che la Chiesa, in particolare il clero, non è coinvolta
negli affari dello Stato, specialmente nelle strategie ideologiche. L'enciclica
sembra dimenticare che per più di un migliaio di anni, fino a metà del XIX
secolo (1870), i papi sono stati i governanti politici dello Stato pontificio,
che con il suo esercito si era esteso in gran parte dell'Italia e che si era
persino impegnato in guerre per il potere politico. (…).
Una caratteristica dell'insegnamento e della vita della Chiesa è stata che,
mentre la Chiesa predicava che Dio è amore ed esercitava una missione e un
ministero di servizio sociale e amore caritatevole per il prossimo, non solo
tollerava le strutture ingiuste della società ma ne beneficiava persino, e le
promuoveva, come nel caso della diffusione del colonialismo.
Giustizia nel mondo
L'enciclica non dà al ministero della giustizia il ruolo essenziale che
dovrebbe avere nella missione della Chiesa. Il Sinodo dei Vescovi del 1971
presenta la giustizia come elemento essenziale costituente della missione della
Chiesa.
(…). Ciò che è più discutibile nella storia della Chiesa è se i cristiani
e la Chiesa abbiano di fatto espresso un amore oblativo eterocentrato. La storia
non dimostra forse il contrario? Mentre cristiani e missionari hanno
testimoniato santamente un servizio di carità, la Chiesa è stata
strutturalmente alleata a governanti dominatori e sfruttatori, invasori,
governanti coloniali e ricchi influenti. Papa Giovanni Paolo II ha chiesto scusa
più di 99 volte per questi abusi.
Benedetto XVI si rifà ai documenti della dottrina sociale della Chiesa, dalla
"Rerum Novarum" del 1891 di Leone XIII alla "Centesimus Annus"
del 1991. Una delle loro carenze è la mancanza di un'analisi strutturale in
termini di giustizia sociale globale. Sono stati tutti scritti a partire da una
visione del mondo eurocentrica. Non vi è stata una valutazione morale critica
del colonialismo europeo da parte dell'autorità centrale della Chiesa per 450
anni dal 1492. Né vi è stata una richiesta di risarcimento presentata agli
sfruttatori, che erano per lo più cristiani.
Gli autori delle encicliche sono stati influenzati dall'ideo-logia dominante e
dalla cultura del loro tempo. Lo stesso si può dire di Giovanni Paolo II negli
ultimi tempi, che ha scritto con tono denigratorio sul Buddismo, e dell'attuale
papa nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (Cdf) "Dominus
Jesus". Ad entrambi manca un contatto vitale e costante con le altre
religioni. Hanno vissuto quasi tutta la loro vita nel mondo dominato dal
razzismo bianco, sia sotto il capitalismo che sotto il comunismo. (…).
Mancanza d'amore strutturale
L'enciclica non fa riferimento alla mancanza d'amore strutturale prevalente nel
sistema mondiale specialmente dal 1492. L'accento sulla carità ed il lavoro
sociale non conduce il papa ad analizzare le strutture che regolano l'ordine
sociale. Si tratta di strutture, come la distribuzione delle ricchezze e dei
profitti, che negano a tante persone il pane quotidiano in un mondo di
abbondanza e di sprechi. Quindi non affronta le cause radicali della povertà e
dell'ingiustizia. L'opposizione all'ingiustizia strutturata nella società dei
suoi giorni portò Gesù allo scontro con le élite di potere politico e sociale
dell'epoca e infine alla sua morte.
(…). È legittimo chiedersi: Benedetto XVI può affermare che la Chiesa
cattolica rende testimonianza al Dio dell'amore genuino e autentico, quando
storicamente non ha favorito una azione sociale riformatrice e trasformatrice
per la giustizia, se non indirettamente tramite l'istruzione e le attività di
servizio sociale? Gli appelli nell'enciclica a favore dell'azione sociale della
Chiesa sono difficilmente credibili nel nostro contesto asiatico dove
attualmente vi è una valutazione accademica e sociale molto critica della
posizione della Chiesa nel corso degli ultimi cinque secoli.
(…). L'enciclica distingue le funzioni nella Chiesa ed in certo qual modo
separa la gerarchia dal laicato. Il servizio di carità da parte della Chiesa
dev'essere organizzato come un'attività essenziale della Chiesa, mentre
l'azione per la giu-stizia è considerata parte del campo politico che è di
responsabilità del laicato. Alla Chiesa (il clero) è data la responsabilità
di ispirare un approccio razionale ai temi della giustizia, ma, a quanto sembra,
non di partecipare alla sua realizzazione pratica. È comprensibile che il clero
della Chiesa non debba essere coinvolto nella gestione dello Stato. Ma la Chiesa
non deve essere identificata con il clero. Anche i laici sono Chiesa, e lo
saranno sempre di più in una Chiesa in cui il clero è in declino quanto al
numero e all'età dei sacerdoti. Ciononostante il clero esercita ancora
un'in-fluenza notevole nel controllo della vita ecclesiale. (…).
Diverse volte il papa fa riferimento alla necessità da parte della Chiesa di
non essere legata ad ideologie politiche (n. 31 b). Tuttavia, che ci piaccia o
no, vi è una certa ideologia dominante nelle relazioni sociali e nelle
situazioni. Così, al tempo della schiavitù, l'ordine sociale era dato per
scontato e appoggiato di fatto, visto che non veniva contestato. (…).
Il marxismo
Il papa cita diverse volte il marxismo e illustra il suo pensiero sociale in
base a cui il servizio sociale può evitare la rivoluzione. (…). È
significativo che mentre il papa critica la teoria e il sistema marxista come
"una filosofia disumana" in cui "l'uomo che vive nel presente
viene sacrificato al moloch del futuro", l'enciclica non critica né
direttamente né indirettamente il sistema capitalista dominante e in
particolare il neoliberismo imperante.
Non è che il papa stesso prenda implicitamente una posizione ideologica a
favore del sistema capitalista e del colonialismo che ha dominato e domina il
mondo da secoli. (…). Chiedendo alla Chiesa (al clero) di astenersi dalle
lotte ideologiche, il papa virtualmente favorisce lo status quo, visto che la
mera azione sociale di carità non potrebbe cambiare l'ingiusto sistema globale.
La leadership gerarchica dovrebbe invece essere incoraggiata a partecipare ai
movimenti dei popoli per la giustizia. (…).
Il pensiero della seconda parte dell'enciclica ricalca le limitazioni alla
Teologia della Liberazione emanate dalla Congregazione per la Dottrina della
Fede quando il cardinale Ratzinger ne era prefetto. È da notare che il papa non
parla dei movimenti di massa per la liberazione umana e dei cambiamenti
strutturali a favore della giustizia in cui le Chiese del mondo hanno
partecipato negli ultimi decenni. Né egli menziona i grandi campioni della
giustizia sociale come Oscar Romero ed Helder Câmara, che tutto il mondo onora
oggi come attivi amici dei poveri e coraggiosi leader cristiani dei loro popoli.
(…).
Altre dimensioni di "Dio è amore"
(…). Continuando l'analisi dell'amore e di Dio come amore, proposto in questa
enciclica, possiamo fare riferimento all'amore nel vangelo di Gesù in diversi
sensi:
i) amore come carità nel servizio sociale. Esso va oltre l'amore come desiderio
definito eros, ed è eterocentrato come filìa, amore dell'amicizia, e agape,
amore della comunione;
ii) giustizia che è richiesta dall'amore. La giustizia richiede che sia dato a
ciascuno ciò che gli è dovuto, in una dimensione di giustizia distributiva e
sociale. L'enciclica vi fa riferimento di passaggio e non si dilunga sulla lotta
locale e globale per la giustizia;
iii) amore come è inteso nelle Beatitudini, come nel Discorso della montagna.
Questo è un livello più profondo di dono di sé che va oltre il servizio di
carità e le norme della giustizia. È una spiritualità distintiva
dell'insegnamento di Gesù e di alcuni dei livelli più profondi delle altre
religioni mondiali. È una cultura spirituale ed uno stile di vita che ha un
raro potere di trasformare le persone e le comunità. È lo sviluppo di una
forza dell'anima che non costituisce un pericolo per gli altri ma cerca di
superare il male e la rabbia con l'amore. Esso porta il peso delle relazioni
interpersonali soffrendo in sé piuttosto che arrecando danno agli altri.
Gesù sulla croce testimonia questo messaggio di amore fino al dono definitivo
di sé, dando testimonianza delle proprie convinzioni e del proprio messaggio.
Purtroppo il significato di questo messaggio è stato perduto o distorto
dall'interpretazione secondo cui Gesù avrebbe patito la morte per pagare i
peccati dell'umanità e così ammansire un Dio offeso, il Padre.
Il Discorso della montagna
Un'omissione significativa nell'enciclica in relazione agli insegnamenti e alla
vita di Gesù è il Discorso della montagna (Mt 5,1-12 e Lc 6,20-41).
Le Beatitudini presentano una dimensione di Gesù Cristo che va oltre la carità
del servizio sociale e oltre la mera legalità o la correttezza dell'amore per i
propri amici, e oltre i confini dei semplici obblighi della giustizia. (…).
"Beati i miti, perché erediteranno la terra" (Mt 5,5). I cristiani
come comunità sono stati miti? Qual è stata la relazione della Chiesa con le
altre fedi, con i popoli di altre religioni e di culture non occidentali? È
stata una relazione di mitezza e di rispetto per loro? (…).
D'altra parte, la storia della Chiesa non è stata forse la storia di
un'istituzione che ha preteso di possedere la verità unica riguardo a Dio e il
monopolio della strada e dei mezzi per la salvezza? Le altre fedi e religioni
sono state considerate sbagliate, e pertanto senza diritti. Potevano non solo
essere contestate ma anche sconfitte e se possibile distrutte come opera del
demonio. L'interpretazione della rivelazione cristiana unita al potere politico
e militare ha dato ai popoli europei l'idea di essere superiori, amati e
privilegiati in modo particolare da Dio.
L'atteggiamento dei preti cattolici rispetto alle donne, poi, è di superiorità
nei loro confronti, come se essi fossero più ad immagine dell'uomo Dio-Gesù
Cristo. Le donne non sono ancora considerate degne dell'ordinazione sacerdotale
e dell'esercizio dell'insegnamento ad alto livello né di funzioni
amministrative nella Chiesa. L'esclusione delle donne da alcuni luoghi come le
università e gli studi teologici fino al Vaticano II (1962-65) ha garantito che
il punto di vista femminile avesse ben poche possibilità di influenzare la vita
e la dottrina della Chiesa. È una lunga storia di dominazione maschile che
continua ancora oggi.
(…). Quanto al sistema mondiale, esso è molto lontano dal Regno di Dio
presentato da Gesù. Le norme del sistema mondiale dominante sono completamente
diverse dai suoi ideali. Il debito estero dei Paesi poveri è un peso
insopportabile che impoverisce ulteriormente i Paesi già indebitati, a lungo
sfruttati dai precedenti governi coloniali. Il Fmi e la Banca Mondiale impongono
politiche di aggiustamento strutturale che obbligano i Paesi poveri ad aprire le
loro economie alle importazioni estere, che distruggono la produzione locale, e
a privatizzare le loro imprese pubbliche, e servizi pubblici come la sanità,
l'educazione, le comunicazioni e i trasporti.
Il Magnificat di Maria
L'enciclica termina con una riflessione ed una preghiera dedicate a Maria, la
madre di Gesù. Viene presentata come modello di servizio sociale.
Nell'enciclica vengono sottolineati la sua umiltà e i suoi gentili servizi a
Canaan, ma le virtù di Maria non vengono messe in relazione con la vita attiva
pubblica di Gesù. (…).
Il papa commenta il Magnificat, l'inno attribuito a Maria quando andò a far
visita a Elisabetta sua cugina. Il papa elogia i suoi umili sentimenti e la
gloria di Dio ma non menziona il suo importante e radicale messaggio sociale.
Non commenta le conseguenze rivoluzionarie che potrebbero derivare da una seria
meditazione delle proclamazioni socialmente esigenti del Magnificat.
"Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri
del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni; ha innalzato gli umili; ha
ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi" (Lc
1,51-53).
Questi insegnamenti radicali sono in linea con i messaggi più rivoluzionari dei
profeti dell'Antico Testamento, an-ch'essi trascurati in questa enciclica.
Esame di coscienza
(…). I lunghi secoli di intolleranza cristiana richiedono un esame di
coscienza da parte dei cristiani, per vedere dove e in che modo la Chiesa ha
sbagliato. Nel passato, prima del Vaticano II, la Chiesa cattolica non era
abituata ad accettare il fatto che poteva aver sbagliato nel condannare e
perseguitare altri. Vi è stato un cambiamento significativo nell'atteg-giamento
di papa Giovanni XXIII che ha convocato il Concilio per aggiornare la Chiesa e
di Paolo VI che ha continuato, in modo per certi versi incerto, il processo
conciliare.
Le richieste di perdono di Giovanni Paolo II
(…). Al termine del millennio, egli ha chiamato con insistenza la Chiesa ad un
esame di coscienza riguardo al millennio precedente, per dare inizio ad una
nuova fase della storia del cristianesimo con la grazia del 2000. L'ha chiamata
"purificazione della memoria" contro la tendenza a dimenticare gli
errori passati della Chiesa, che rivendicava l'infalli-bilità papale. (…).
Pace e nonviolenza
Questo aspetto ha una grande rilevanza nella storia della Chiesa ed ora nel XXI
secolo. Esso comprende l'opzione per la pace così come metodologie di azione
per la pace come la nonviolenza attiva e la disobbedienza civile.
In un certo senso, questo è stato il messaggio dei martiri della Chiesa delle
origini durante il periodo della persecuzione dei cristiani. È stato sommerso
nella teologia e nella spiritualità della Chiesa cristiana quando essa si è
unita ai poteri governanti nel perseguitare coloro che dissentivano
dall'ortodossia proclamata a Nicea nel 325. La tradizione, pensata come fonte di
rivelazione divina, ha perpetuato questa omissione o distorsione di generazione
in generazione fino agli ultimi decenni. È opportuno che le Chiese tornino
all'insegnamento di Gesù. Ciò costituirebbe una dimensione di
rievangelizzazione dei cristiani oggi considerata necessaria.
XXI secolo - violenza e cristianesimo
Il XXI secolo è iniziato con la violenza, con l'attacco aereo
"terrorista" a New York dell'11 settembre 2001 e con l'invasione
dell'Iraq da parte di Usa, Regno Unito e Australia il 18 marzo 2003. (…). Una
delle più grandi sfide per i cristiani nel XXI secolo è che sono proprio loro,
per lo più, a controllare il potere mondiale dopo la fine della guerra fredda,
con la caduta del muro di Berlino nel 1989 e la fine dell'impero comunista
nell'Europa orientale.
Nell'enciclica "Deus Caritas Est" non vi sono riferimenti
significativi a questa guerra del XXI secolo, e al movimento mondiale per la
pace. Questa guerra causa la morte di migliaia di uomini, donne e bambini
innocenti.
Il mondo delle superpotenze del XXI secolo è stato costruito con la violenza e
l'invasione lungo cinque secoli, dal 1492, quando le Chiese cristiane erano
partner dell'Europa nella sua conquista globale. Questi crimini esigono
riparazione. La Chiesa è stata tutt'altro che una testimone efficace del Dio
dell'Amore nell'edificazione di questo (dis)ordine mondiale razzista ingiusto.
La maggior parte dei santi citati dal papa come icone di carità sociale non
sono certo stati campioni dei diritti dei popoli oppressi e conquistati delle
Americhe, dell'Africa e dell'Asia. La giustizia sociale globale non è mai stata
una loro preoccupazione all'epoca in cui il sistema globale di sfruttamento
veniva costruito. Erano ispirati da una teologia e da una spiritualità che
presentava il messaggio di Gesù in un modo che legittimava l'avventura
coloniale occidentale. (…).
Bisogno di purificazione
Ci si può chiedere come e perché la Chiesa abbia sbagliato in questo modo per
quasi 1500 dei suoi 2000 anni di storia, riguardo a temi significativi come la
salvezza di quanti non erano di fede cristiana. Non vi era forse un'erronea
enfasi sulle tre funzioni più importanti della Chiesa?
- la predicazione della Parola in senso esclusivista e dominante, guardando a
Gesù Cristo come unico e universale Salvatore di tutta l'umanità;
- la celebrazione dell'Eucaristia nel contesto delle gravi ingiustizie della
schiavitù, del feudalesimo, delle invasioni coloniali e dell'ingiustizia e
dell'ineguaglianza globale oggi in aumento;
- il ministero della carità come servizio sociale che non richiede un'azione
sociale di riforma da parte della leadership della Chiesa. (…).
Sullo sfondo
i) La sua antropologia è basata sul presupposto mitologico del peccato
originale che rende tutta l'umanità colpevole nei confronti di Dio.
ii) La redenzione umana viene spiegata come derivante dalla morte di Gesù sulla
croce, che paga il prezzo richiesto a Dio Padre.
iii) Ciò presenta un'interpretazione della vita di Gesù che non sottolinea le
posizioni a favore della giustizia da lui assunte nella società del suo tempo.
Ciò annacqua il suo forte messaggio critico sulle ingiustizie dell'ordine
sociale imperante e le mancanze dei leader religiosi e civili.
iv) Ciò fa derivare la sua morte dalla necessità di fare ammenda presso il
Padre per il peccato originale, piuttosto che dalla sua forte posizione critica
contro l'ingiustizia socio-religiosa e dalla lotta per la liberazione degli
oppressi del suo tempo. (…). Il papa parla di umanità perduta. La sua
definizione dell'amore divino "Dio è amore" comincia con l'ipotesi di
una umanità perduta che dev'essere salvata da un atto divino di
riconciliazione.
v) Di conseguenza, un'altra interpretazione viene data al discepolato spirituale
di Gesù, al significato della preghiera, e alla comprensione della salvezza e
della missione cristiana. La santità cristiana viene intesa soprattutto come
strada verso l'attività caritativa e non in collegamento con l'azione per la
giustizia e la pace che trasforma le strutture sociali.
Non vi è applicazione pratica della richiesta di Dio-amore di una pace con
giustizia nel mondo del XXI secolo. La vita sacramentale va di pari passo con le
uccisioni in guerra, con un'economia di grave sfruttamento e con l'inquina-mento
della natura. (…).
vi) Al sacramento del Battesimo è stato attribuito un effetto di redenzione
automatica dei bambini. I sacramenti della penitenza e dell'Eucaristia non sono
stati messi in stretta relazione con l'esigenza di giustizia e di pace nella
società visto che oppressori, schiavisti e colonizzatori hanno potuto ricevere
i sacramenti senza un grande rimorso per i loro mali sociali. Hanno potuto
essere in pace con la Chiesa in buona coscienza, specialmente se avevano
compiuto opere di carità.
vii) Analogamente, per lungo tempo vi è stato un declassamento delle altre
religioni, ed una opposizione a relazioni amichevoli interreligiose.
viii) Il Regno di Dio predicato da Gesù viene considerato come qualcosa che si
realizzerà nel mondo a venire piuttosto che sulla Terra. Da qui la
trascuratezza nei confronti della natura, dono di Dio a tutta l'umanità da
salvaguardare per le generazioni future e da condividere in modo equo tra tutti
i popoli. (…).
Una missione per il papa
Vorremmo suggerire che in una prossima enciclica egli sviluppi le richieste
radicali del vangelo cristiano di Gesù. Il papa può proporre rimedi molto
efficaci a questa ingiusta situazione in una meditazione significativa sul
discorso della montagna. Se il papa presta ascolto alle attuali richieste
dell'umanità, espresse dalle proteste globali e dai movimenti per la pace, può
cogliere il potenziale che la Chiesa possiede per arrestare la guerra. (…).
Riflettendo sulle più ampie implicazioni del messaggio di Gesù, che Dio è
amore, le Chiese cristiane nel mondo possono ripensare il nucleo del loro
insegnamento nell'attuale situazione mondiale di guerra e di grave ingiustizia.
(…).
In una prossima enciclica o istruzione, il papa può offrire la leadership di
cui il mondo ha bisogno. Le religioni mondiali preentano un comune messaggio
centrale di pace e strategie per salvare l'umanità dalla tragedia che minaccia
gli esseri umani e la natura. (…) Il Vangelo di Gesù dà l'ispirazione per un
altro mondo possibile che può offrire agli uomini una migliore possibilità di
vivere una vita umana piena e significativa. Il Forum Sociale Mondiale di Porto
Alegre e altrove esprime le speranze dell'umanità riguardo ad una
trasformazione pacifica di questo genere. Questa situazione rappresenta una
grande sfida per tutti noi a testimoniare il Dio dell'amore rivelato da Gesù.
Speriamo che papa Benedetto XVI ci aiuti tutti ad affrontare questa sfida in
modo saggio, coraggioso e pacifico. (…). Ci attendiamo allora un'altra
enciclica sulla giustizia e la pace di Dio che affronti direttamente tutti
questi temi e offra la leadership necessaria all'intera Chiesa.