CASALDÁLIGA IL RADICALE
di Benjamín Forcano
UN AFFETTUOSO RITRATTO DEL VESCOVO EMERITO DI SÃO FELIX DO
ARAGUAIA DA PARTE DEL TEOLOGO SPAGNOLO BENJAMÍN FORCANO.
QUESTO ARTICOLO DEL SACERDOTE E TEOLOGO BENJAMÍN FORCANO È STATO PUBBLICATO
SUL QUOTIDIANO SPAGNOLO “EL PAÍS” (17/03/2006). TITOLO ORIGINALE: “EL
RADICALISMO DE CASALDÁLIGA”
ADISTA n° 28 - 8.4.2006
Pedro Casaldáliga, soprannominato il Che per aver guidato, tra i claretiani, la
trincea rinnovatrice dopo il Vaticano II, esercitava un grande fascino tra i più
giovani per la sua apertura, il suo impegno per la giustizia e con i più
emarginati, la sua sensibilità poetica e la sua capacità di dialogare entro i
problemi posti dalla cultura moderna.
Un giorno, di ritorno da alcuni Cursillos de Cristiandad tenuti in Guinea, Pedro
scrisse: “Sento in maniera furiosa la realtà e la chiamata del Terzo Mondo.
Porto per sempre nel mio cuore, confusamente, come un feto, l’Africa, il Terzo
Mondo, e questa nuova Chiesa - la Chiesa dei poveri - come l’avremmo poi
chiamata, a partire dal Concilio”. Già nel Mato Grosso, in uno dei primi
funerali - quello di quattro bambini di prostitute - disse al suo compagno
Manuel Luzón: “O andiamo via da qui immediatamente, o ci suicidiamo, o
troviamo una soluzione”. Il radicalismo di Pedro viene da dentro, come da un
fiume che cerca di scorrere sul suo letto: “Una volta, dopo aver seppellito
uno di questi contadini assassinati, ho raccolto un pugno di terra dalla tomba,
l’ho posto sull’altare e ho scomunicato queste fazendas. Ma fu un atto
contro le fazendas, non contro le persone”. E, di fronte alle pressioni di
certi latifondisti molto “cristiani”, che lo invitavano a celebrare la messa
nelle cappelle delle loro tenute, scrisse: “Il Vangelo è per i ricchi, ma
contro la loro ricchezza”.
A due anni dal suo arrivo in Brasile, Pedro firmò il rapporto-denuncia
(sequestrato dalla polizia) che raccoglieva, in una tragica litania, “i casi
in carne viva di contadini ingannati, minacciati, colpiti o feriti o
assassinati, assediati nella foresta, in piena violazione della legge, senza
alcun diritto, senza alternativa umana. Persino il nunzio mi chiese che non lo
pubblicassi all’estero e uno dei maggiori latifondisti mi avvertì che non
dovevo occuparmi di certe questioni”.
Non è abituale che un vescovo non visiti Roma, quando ha l’obbligo di farlo
ogni cinque anni, e che alzi la sua voce per correggere il papa e per denunciare
i peccati del sistema ecclesiastico: “A Giovanni Paolo II, che chiedeva che lo
visitassi, parlai con molto affetto, ma con molta libertà”.
Sulla teologia della liberazione scrive: “Solo ai nemici del popolo non piace
la teologia della liberazione. Vorrebbero tanto che i cristiani pensassero solo
al cielo… disprezzando la terra!”.
Pedro non è neutrale e considera idolatria essere cristiani e flirtare con gli
dei del neoliberismo. “Io mi ribello contro i tre comandamenti del
neocapitalismo, che sono: votare, tacere e vedere la televisione”.
Un vescovo così avrebbe sentito come prioritario il problema della terra:
“Maledetti siano tutti gli steccati! Maledette tutte le proprietà private che
ci impediscono di vivere e di amare. Maledette siano tutte le leggi, aggiustate
da poche mani per difendere steccati e buoi e rendere schiava la Terra e schiavi
gli esseri umani! Altra è la terra, uomini, tutti! L’umana terra libera,
fratelli!”.
E continuarono gli avvertimenti, le minacce e le persecuzioni. Lo sguardo di
questo poeta-profeta svela che la realtà di oppressori e oppressi l’abbiamo
creata noi, non Dio: “Il Dio dei signori non è uguale al Dio dei poveri. In
tutti c’è un politico: reazionario, riformista o trasformatore”. Casaldáliga
non è neutrale: “Io sono stato sempre di sinistra. E sono passato alle
opzioni del socialismo. Quale socialismo, non lo so con precisione, come non so
con precisione che Chiesa sarà domani quella che oggi intendiamo costruire, al
di là del fatto di sapere che la vogliamo sempre più cristiana”.
Pedro legge il vangelo a partire dalle vittime che testimoniano la malvagità
del rullo compressore neoliberista: “Credo che il capitalismo sia
intrinsecamente malvagio: perché è l’egoismo socialmente istituzionalizzato,
l’idolatria pubblica del profitto, il riconoscimento ufficiale dello
sfruttamento dell’uomo, la schiavitù di molti al giogo dell’interesse e
della prosperità dei pochi. Una cosa ho capito chiaramente della vita: le
destre sono reazionarie per natura, fanaticamente immobiliste quando si tratta
di salvaguardare il loro ceppo, interessate in maniera solidale a quell’ordine
che è il bene… della minoranza di sempre”. Pedro utilizza un’arma – la
cultura – per combattere il neoliberismo disumano e disumanizzante: “Stanno
cercando di imporci una cultura unica. Una macrocultura, che ci passano dalla
televisione, e ci impone determinati comportamenti perfino a letto. E io dico
che una macrocultura finisce per essere più assassina di molte armi. Le culture
imposte non solo uccidono i corpi, uccidono le anime, fanno esplodere la salute
dei popoli.