CHIESA E POTERE
Teologo
della liberazione belga-brasiliano
Adista Documenti, n.2 del 07-01-2006
Diventa sempre più chiaro che la questione fondamentale per i
cristiani, oggi, è la questione del potere. La questione del potere è la
principale novità, la principale sfida che la cultura contemporanea lancia alla
Chiesa dopo il Vaticano II. Il Concilio non affrontò la questione. Cercò di
evitarla, perché in quel tempo la questione del potere non era ancora un tema
dominante della cultura occidentale. (…)
La gerarchia cerca di allontanare la questione pensando che sia
irrilevante, ma la sua rilevanza diventa sempre più evidente. Il clero, formato
per maneggiare concetti edificanti, rifiuta l’idea che un qualcosa possa
essere motivato da questioni di potere nella Chiesa. Si presume che tutto si
faccia per amore. Anche la condanna delle eresie si fa per amore. È un servizio
alla Chiesa. Ancora di più: è inevitabile. L’attuale relazione di potere è
ancora la relazione definita nella cristianità medievale. Le forme sono
cambiate, ma la sostanza è rimasta la stessa.
Nell’ecclesiologia tradizionale (…), la parola potere ha sempre e
solo un significato positivo. Il potere è uno dei principali attributi di Dio,
forse l’attributo più importante, perlomeno nella devozione cattolica. Nella
liturgia si aggiunge sempre l’aggettivo onnipotente nell’invocazione a Dio.
Dio è l’onnipotente. Il potere di Dio è puramente positivo. È creatore e
salvatore. È quello che produce tutto ciò che esiste e guida la creazione,
operando attraverso i mezzi di salvezza.
Ora, il potere di Dio opera per mezzo di poteri umani. Dio non opera
senza la mediazione degli uomini. Questi mediatori rivestiti di una
partecipazione al potere di Dio per realizzare le opere di Dio costituiscono la
gerarchia della Chiesa. Il potere della gerarchia è anch’esso puramente
positivo, perché è lo stesso potere di Dio (…). Dio ha scelto alcuni uomini
come salvatori dell’umanità. I laici si salvano per l’intervento della
gerarchia. Senza la gerarchia non sono nulla. Tutto ricevono e nulla producono.
Questo potere soprannaturale della gerarchia ha il suo punto culminante
nell’eucaristia. Come il papa ha ricordato recentemente, il sacerdote ordinato
pronuncia le parole della consacrazione come se fosse Cristo stesso. Cristo
parla per bocca di lui e produce per suo tramite il miracolo della
transustanziazione, il più grande miracolo che si possa immaginare. Il ministro
ordinato ha la stessa forza di Dio quando celebra l’eucaristia. I laici
mirano, ammirano, adorano, e ricevono Dio dalle mani del sacerdote. (…)
Esercitare il potere divino è il servizio che il ministro ordinato offre alla
Chiesa. Non può esserci nessuna opposizione tra potere e servizio. Il potere è
il maggiore servizio.
È evidente che questa identificazione tra potere e servizio non viene
dal Nuovo Testamento. Essa procede dall’ideo-logia imperiale. In questa
ideologia, ogni potere è positivo perché ogni potere è un servizio alla
società. “Dominare per servire” è la definizione di tutti i colonialismi,
fino alla guerra in Iraq, che è il maggiore servizio prestato al popolo
iracheno. (…)
Ora, i membri della gerarchia non possono essere puri rappresentanti del
potere di Dio. Nell’esercitare il loro potere, non comunicano semplicemente il
messaggio di Dio, ma anche un’intera teologia. (…) Creano un certo
orientamento della Chiesa, non creano
La concezione medievale del potere nella Chiesa e il conseguente abisso
tra il clero e il popolo sono in crisi da due secoli, per quanto la gerarchia
abbia negato la crisi fino al Vaticano II e molti la neghino ancora oggi. Bene,
questa relazione è in crisi da tempo, e la crisi si è accentuata sempre più
nel XX secolo. Milioni di persone abbandonano
Non si può negare che
È necessario vedere ed esaminare criticamente il sistema di potere che
esiste nella Chiesa, retto da un diritto canonico sempre relativo. È necessario
vedere chiaramente la differenza tra ciò che è permanente nella Chiesa e ciò
che la storia ha fatto nei secoli successivi. Al contrario, saremmo prigionieri
della storia, prigionieri di un passato morto.
L’ecclesiologia
del Nuovo Testamento e il potere
(…) Non è necessaria un’esegesi minuziosa per vedere che Gesù
introduce un nuovo modo di esercitare l’autorità, una nuova relazione di
potere. Per secoli si sono lette le sue parole come consigli morali, come
raccomandazioni rivolte a tutti i capi perché fossero migliori nei loro
comportamenti. Ma Gesù non è venuto per fare esortazioni morali, bensì per
cambiare le strutture del popolo di Dio. (…) Gesù venne a distruggere la
struttura di potere che c’era nel suo popolo e a costruire una nuova struttura
di relazioni all’interno di questo popolo.
Per secoli si interpretarono le parole di Cristo nel senso che il
discepolo di Gesù doveva esercitare le stesse strutture di potere di sempre con
uno spirito nuovo, in maniera diversa. Il risultato è stato quello di
esercitare l’autorità come sempre, ma con buoni sentimenti.
Gesù non viene a cambiare solamente la soggettività, bensì la stessa
struttura delle relazioni sociali. Il suo esempio mostra la struttura di autorità
che deve prevalere. Gesù non usa alcuna forma di coercizione per imporre la sua
volontà. Non ha armi, non può minacciare, non vuole castigare (Lc 9,51-56).
Non ha mezzi di difesa contro i suoi avversari neppure al momento
dell’arresto, della condanna o dell’esecuzione. Non ha la capacità di
esercitare la più piccola violenza. Non solo non pratica la violenza, ma non ha
i mezzi per praticarla neppure se volesse (…)
Questo è il senso del paragone con i bambini (Mt 18,1-4). I bambini non
hanno potere per imporre la propria volontà. In quel tempo non esisteva ancora
il potere di ricatto che esercitano oggi i bambini delle famiglie ricche. Il
bambino è l’essere debole. Gesù ha scelto la debolezza. Gesù non definisce
leggi né impone la sua autorità per mezzo di leggi. Le leggi sono fatte per
imporre una volontà superiore a una persona che non vorrebbe eseguirla e che lo
fa solo per paura del castigo. La legge governa per mezzo della paura del
castigo. La legge è basata sulla paura.
(…) L’autorità di Gesù è basata sull’amore che suscita. Non ha
bisogno di definire leggi perché le persone lo seguono volontariamente e con
convinzione. (…) L’autorità di Gesù si manifesta nella ricerca della
pecorella smarrita, nel condono dei debiti. Invece di imporre il castigo, si
propone il perdono. Questo nella società sarebbe considerato anarchia,
disordine e disintegrazione sociale. Tuttavia non risulta che sia così. Tutti
sanno che i piccoli pagano i propri debiti. Solo le grandi imprese non pagano.
Il problema è l’esistenza delle grandi imprese, che non obbediscono alla
legge ma piuttosto cambiano la legge, a proprio favore.
Gesù vuole che tra i discepoli le relazioni di potere siano diverse (Mt
20-28). La differenza non è solo nella soggettività, ma nelle stesse strutture
di potere. In caso contrario non cambierebbe nulla. Poiché in tutte le società
vi sono prìncipi buoni che rendono più tollerabili le relazioni di potere
senza cambiare le strutture, lasciando così la porta aperta perché un
successore venga ad esercitare un potere rigoroso.
Quando Gesù dice: “Non vi fate chiamare ‘Rabbi’, perché uno solo
è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno in
terra ‘Padre’, perché uno solo è il vostro Padre che è nei Cieli. Neppure
fatevi chiamare ‘Maestro’, perché uno solo è il vostro maestro: il
Cristo” (Mt 23, 8-10), le autorità della Chiesa che vogliono questi titoli
dicono che è una questione senza importanza, o che Gesù parla così per dare
un esempio di umiltà, ma che non vuole definire un modo di essere. Sopprimono
semplicemente l’istru-zione di Gesù. Tuttavia, nella cultura di Gesù i nomi
sono molto importanti perché rappresentano la realtà. Chi ha il titolo di
dottore crede di avere un’autorità superiore che gli permette di imporre le
sue idee ad altri. Con la questione del nome, Gesù voleva cambiare le
strutture.
Il problema delle strutture è chiaro nella Chiesa di oggi. Vi sono
vescovi più umani, parroci più umani - cristiani - che non puntano sul potere,
che consultano o prendono in considerazione le opinioni degli altri, che
governano con pazienza e tolleranza, che aprono uno spazio per la libertà e la
responsabilità dei laici. Ma, in ogni momento, può venire un altro che voglia
l’applicazione rigorosa della legge canonica che gli attribuisce poteri
esclusivi. Le strutture dell’attuale codice attribuiscono all’autorità un
potere assoluto, senza diritto di difesa, un potere esclusivo senza
partecipazione. Qualunque vescovo o parroco può distruggere tutta la libertà
creata dal predecessore. I casi non sono pochi in America Latina. Gli autori di
tali distruzioni possono invocare la legge che attri-buisce loro un potere
assoluto, dittatoriale. Lo stesso Gesù denuncia la forma in cui gli scribi e i
farisei esercitano l’autorità. “Legano carichi pesanti e li gettano sulle
spalle della gente, ma essi neppure con il dito vogliono muoverli” (Mt 23,4).
Poiché le parole di Gesù non definiscono giuridicamente le relazioni
che egli voleva stabilire tra i suoi discepoli, nel corso della storia è stato
possibile considerare le sue parole come puri simboli o espressioni letterarie
senza contenuto giuridico. Di fatto, in 20 secoli molte delle antiche relazioni
di dominazione nelle società umane sono entrate nella Chiesa. Le relazioni di
potere che esistono oggi non procedono dalla volontà di Gesù, ma dalla
penetrazione di strutture di dominazione proprie delle culture nelle quali
(…) La nostra questione è la seguente: come si è potuta legittimare
questa crescita della concentrazione di potere nelle mani del clero e poi nelle
mani del papa? Vi sono state tre grandi motivazioni: la difesa dell’ortodossia
della fede, la difesa dei sacramenti e la difesa dell’unità della Chiesa.
In primo luogo, si è invocata la necessità di difendere
l’ortodossia. Per questo era necessario concentrare l’autorità nel clero e
nel papa che soli potevano difendere l’autenticità della fede. Apparvero
innumerevoli eresie e per difendere la fede contro le eresie era necessario un
potere forte: il potere di condannare fino alla morte, in molti casi. Si montò
tutto un sistema che incorporava questo potere del clero e del papa.
L’Inquisizione ne è stata la manifestazione storica più visibile e più
temuta.
La concentrazione di potere è andata aumentando ancora oggi con i
documenti del cardinal Ratzinger. Secondo questi documenti sono apparse eresie
totali che negano tutto il contenuto della fede: così la teologia della
liberazione e così la teologia delle religioni.
L’esperienza storica mostra che dopo alcuni secoli diventa sempre più
evidente come tali eresie non fossero tanto distanti dall’ortodossia.
L’accordo tra cattolici e luterani rispetto alla dottrina della
giustificazione è un buon esempio. Le eresie potevano esprimere in un’altra
maniera la dottrina della fede. Non sarà che dottrine enunciate in forma
diversa sono state trattate come eresie per la necessità di avere eresie? Senza
eresie, il potere del magistero non si manifesta e non ha opportunità di
crescere. Le eresie sono necessarie per giustificare e aumentare il potere del
magistero. (…)
D’altra parte, la maggior parte delle eresie medievali sono una
contestazione di ciò che conferisce tanto potere al papa e al clero. (…).
L’eresia è una contestazione del potere. E la difesa contro le eresie non sarà
la difesa del potere del clero? Dietro tante condanne - che più tardi si
rivelano relative, storiche, congiunturali - non ci sarà una difesa del potere
del clero che si sente minacciato quando perde il controllo delle parole e non
permette che le stesse cose vengano dette con altre parole? (…)
La seconda motivazione del potere del clero è la difesa dei sacramenti.
Anche qui le eresie attaccano i sacramenti, il sistema completo dei sette
sacramenti. Perché condannano questo sistema? Non sarà perché i sacramenti
sono il fondamento del potere clericale? Per via che solo i sacerdoti possono
amministrare i sacramenti, i laici non possono salvarsi senza passare per le
mani del clero, ossia senza sottomettersi a tutte le condizioni imposte dal
clero. (…) Per i sacerdoti i sacramenti sono la loro vita, la maniera con cui
si relazionano al popolo e la loro ragione d’essere. Essi stanno lì per
celebrare i sacramenti. (…)
In terzo luogo esiste il potere di governo. (…) Il principio di Leone
XIII è prevalso dal momento in cui
Il clero non ha accettato facilmente la rovina della cristianità che ha
significato per esso una perdita di potere e una sconfitta politica, economica,
culturale. Dopo aver dominato per 15 secoli, è ora esposto a tutte le critiche
che sono rimaste clandestine per 15 secoli. Poiché l’accusa rivolta al clero
di aver voluto dominare la società nel nome di Gesù Cristo si ripete
instancabilmente negli ultimi secoli. Naturalmente il clero non accetterà mai
questa accusa, perché sente che le sue intenzioni sono diverse. Il clero invoca
le sue buone intenzioni invece di contemplare i fatti e le strutture. Nelle sue
intenzioni, si tratta di difendere il popolo cristiano contro il potere
economico (degli altri), il potere politico (degli altri) e contro le minacce di
corruzione che emanano da una cultura non controllata dal clero. (…)
Si è ripetuta sempre più l’accusa che il clero voleva dominare le
coscienze. Che volesse dominare la società era ancora sopportabile. Ma il
dominio sul pensiero, la coscienza morale, i valori, questo era insopportabile e
ha generato una reazione terribile. Perché si sapeva che il controllo delle
coscienze era accettazione dell’ordine stabilito, della società stabilita. Il
controllo delle coscienze aveva come scopo la sottomissione dei cattolici alla
società stabilita, la società della cristianità. Era essenzialmente
conservatore e molti laici così lo sentivano. Invece di essere fermento di
libertà,
La cristianità non esiste più come totalità. Sussiste in frammenti
della società, i frammenti più conservatori che mantengono un piccolo mondo in
cui si pratica la fedeltà ai comportamenti tradizionali della società rurale
medievale. Il clero si preoccupa ancora di mantenere e rafforzare quello che
resta del potere della Chiesa. Mantiene con gli stessi mezzi il suo potere sulla
frazione della popolazione che gli rimane fedele.
Il
Vaticano II
Il Vaticano II ha ricevuto durante le sue assemblee molte denunce di
clericalismo, burocraticismo, ecc. Non ha potuto nascondere le critiche rivolte
per 15 secoli e mai accolte. Da lì è emersa una teologia rinnovata del popolo
di Dio e del ruolo della Chiesa nel mondo. Tuttavia, quando si tratta di
definire il ruolo dei vescovi e del clero, tanto nella Lumen Gentium quanto nei
documenti dedicati esplicitamente al clero, la dottrina è quella tradizionale e
non tiene conto dei problemi sollevati. Si moltiplicano le esortazioni morali,
ma nulla cambia nelle strutture.
Non si tocca il problema del potere e la relazione tra la ricerca del
potere e la definizione del clero prevalsa per 15 secoli. Si torna alla dottrina
conservatrice tradizionale. In questa tutti i problemi sociali si riducono a
problemi morali. Se i sacerdoti avessero più virtù, non ci sarebbero problemi.
In realtà, se avessero più virtù non sopporterebbero l’attuale struttura.
È impossibile immaginare un clero fatto di santi. Il comportamento della media
dipende dalle strutture. Se queste sono strutture di dominazione che non
concedono al popolo cristiano alcuna partecipazione al potere, l’esortazione
morale sarà inutile. Si convertiranno quelli che non hanno bisogno di
conversione e quelli che ne hanno bisogno non si renderanno conto della
dominazione che esercitano.
I testi del Vaticano II non entrano nel problema maggiore che nella
mente di molti vescovi invece era il più grande problema del secolo: il
problema del clero. (…) Neppure si è toccata la questione della relazione tra
il clero e il potere politico. In realtà molti pensavano che il partito
democristiano avrebbe risolto tutti i problemi, restituendo alla Chiesa una
posizione privilegiata e impedendo un cambiamento delle leggi che fosse
sfavorevole al clero, ossia che significasse una riduzione del potere del clero
nella società, tanto nei codici, come nella cultura, nell’educazione, nei
servizi sanitari. Contavano sull’appoggio di partiti politici cattolici per
evitare che
Idealismo
e realismo
Giovanni Paolo II ha avuto tra le sue priorità la restaurazione del
potere sociale del clero. Ha creduto che uno dei mezzi più efficaci sarebbe
stata la restaurazione della disciplina tradizionale, il che avrebbe ristabilito
l’autostima del clero. (…)
Il papa prende come punto di appoggio i movimenti sacerdotali come l’Opus
Dei, i Legionari di Cristo, Sodalitium e altri. Tutti sono integristi nella
dottrina, rigoristi nella morale, inflessibili nella disciplina. Sono
l’incarnazione della legge totale. Il loro motore è l’ideologia clericale,
così come è stata definita dopo il Concilio di Trento. Questi movimenti devono
dare l’esempio alla massa dei sacerdoti. Sarebbero le guide del clero. Il papa
ha concesso loro il ruolo che ebbero i gesuiti nella Chiesa tridentina.
Questi movimenti sono affascinati dal potere. Manifestano una volontà
ferrea di accumulare ricchezza materiale, prestigio sociale, potere politico,
potere culturale. Fondano istituzioni potenti destinate all’evangelizzazione.
Non si rendono conto dello spettacolo che offrono alla società, uno spettacolo
di sètte religiose alla conquista del potere. Non vedono che accadrà loro
quello che avvenne ai gesuiti nel XVIII secolo. Stringono alleanze con i
potenti, con le istituzioni dominanti della società occidentale. Ignorano
assolutamente la voce che si alza dal mondo degli oppressi. Ignorano questo
mondo perché il loro mondo è quello dei dominatori.
Il questo momento in America Latina questi movimenti sacerdotali stanno
di fatto conquistando grandi poteri in tutti i settori, soprattutto
nell’economia e nella politica. Operano per mezzo di élite laicali totalmente
subordinate. Creano un laicato fanatico totalmente sprovvisto di spirito critico
e di libera iniziativa. (…) Come nella cristianità, credono di evangelizzare
con il potere, per mezzo del potere e aumentando il proprio potere. Credono che
il loro potere convincerà i cristiani e li sottometterà al loro dominio. Non
vedono che il mondo è cambiato e che i laici di oggi non sono tutti come i
laici di altri tempi
Quali
sarebbero i nuovi orientamenti in relazione al potere nella Chiesa di oggi?
1. In primo luogo c’è bisogno di riconoscere il potere dei
laici, basato sui carismi e i doni spirituali ricevuti, le responsabilità
evangelizzatrici assunte ecc.
2. In tutte le istanze, dal Concilio ecumenico ai consigli
parrocchiali, i laici devono avere potere deliberativo e decidere con il clero
tutto ciò che non si riferisca alla dottrina definita una volta per tutte.
3. I laici devono avere parte attiva alle elezioni a tutti i
livelli, dall’elezione del papa a quella dei parroci.
4. I laici devono avere potere deliberativo in ciò che riguarda
la liturgia, la catechesi e l’organizzazione della Chiesa.
5. Il principio base è che il potere non può essere concentrato
in una sola persona.
6. La base di tutta la riforma del sistema di potere è rendere
tutto pubblico. Il processo decisionale deve essere aperto e i documenti
necessari devono essere a disposizione di tutti. Non può esserci segreto nelle
nomine, né nelle decisioni pratiche assunte da una sola autorità.
7. È necessario creare un’istanza giuridica indipendente a cui
le persone che si sentono vittime di un’ingiustizia possano ricorrere.
Attualmente, un laico non può difendersi di fronte al clero o ai religiosi; le
religiose non possono difendersi di fronte al clero; i sacerdoti non possono
difendersi di fronte al vescovo; e i vescovi non possono difendersi di fronte al
papa.
Il principio base è che il potere appartiene a tutti i cristiani per
quanto in gradi diversi e che la struttura deve riconoscere questa situazione.
Il secondo principio è che nessun essere umano rappresenta
semplicemente il potere di Dio e che pertanto può essere corretto in tutto ciò
che non è potere di Dio, ma affermazione di se stesso. Per questo deve esserci
una correzione fraterna che deve essere pubblica.
Il potere di Dio crea, costruisce, edifica, accresce, conferisce
maggiore libertà. Tutti i poteri ecclesiastici che non operano in questo senso
non sono potere di Dio e devono essere contenuti, limitati, corretti
strutturalmente. Le strutture devono togliere opportunità di abusi di potere.
Poiché nella Chiesa vi sono abusi di potere come in qualunque società e per
ridurli è necessario che vi siano norme che equilibrano i poteri di tutti.