UN TERZO PASSO LUNGO "I MOLTI CAMMINI DI DIO". VERSO LA COSTRUZIONE DI UNA TEOLOGIA PLURALISTA DELLA LIBERAZIONE
ADISTA n. 46 del 17.6.2006DOC-1749. ROMA-ADISTA. A mano a mano che si
avanza lungo "i molti cammini di Dio", la sfida della costruzione di
una Teologia pluralista della Liberazione si rivela più ardua, più
appassionante, più urgente: il terzo passo del percorso, il terzo della
serie di cinque libri che l'Associazione dei teologi e delle teologhe del Terzo
Mondo (Asett) dedica al tema dell'incontro tra Teologia della Liberazione e
Teologia del Pluralismo religioso (con il titolo generale "Por los muchos
caminos de Dios"). Su questa strada, il libro dell'Asett vuole essere
appena "una convocazione", come scrive il presidente dell'associazione
Diego Irarrázaval: "non presenta - scrive nell'Epilogo - un tema da
digerire, piuttosto risveglia l'appetito, invita ad assaporare una tematica
controversa. Si tratta di una proposta che permette di respirare a fondo e fare
passi avanti".
Se il primo atto dell'opera, pubblicato nel 2003, e tradotto in italiano dalla
Emi con il titolo "I volti del Dio Liberatore" (Adista ne ha
pubblicato degli stralci sul n. 66/03), intendeva appena segnalare le principali
sfide poste dal pluralismo religioso alla Teologia della Liberazione, e il
secondo volume, pubblicato nel 2004 (anch'esso tradotto dalla Emi con un ampio
epilogo del teologo Carlo Molari; v. Adista 46/05) mirava ad offrire le prime
risposte a tali sfide, il terzo libro vuole ora muovere passi concreti verso la
costruzione di una "Teologia latinoamericana pluralista della
Liberazione".
Di seguito, in una nostra traduzione dallo spagnolo, stralci degli interventi di Tissa Balasuriya ("Rivelazione e Rivelazioni"), di Marcelo Barros e Luiza Tomita ("Uno e molteplice. Dio in una prospettiva pluralista"), di José Comblin ("Cristologia nella Teologia pluralista della Liberazione") e di Faustino Teixeira ("Ecclesiologia in tempi di Pluralismo religioso"). (claudia fanti)
IL CRISTO DEL VANGELO NELLA TEOLOGIA PLURALISTA DELLA LIBERAZIONE
(...) L'interpretazione della morte di Gesù costituisce il
problema teologico più importante nell'attualità. Per quasi 2000 anni ha
dominato tanto nella mente popolare quanto nella teologia ufficiale una teoria
che potremmo chiamare teoria del sacrificio, comune a tutte le Chiese cristiane.
Di conseguenza, contraddire questa teoria significa contraddire la teoria
dominante di tutte le Chiese, forse delle protestanti più ancora che delle
cattoliche. Il problema è più grave perché probabilmente la teoria del
sacrificio ha radici profonde in molte religioni. Molte praticano sacrifici e
accettano l'ideologia del sacrificio. È probabile che molti popoli abbiano
accettato il cristianesimo a causa di questa interpretazione sacrificale della
morte di Gesù. Essi praticavano sacrifici e non avrebbero potuto accettare una
religione che non ne avesse. Tuttavia, il Nuovo Testamento suscita seri
interrogativi.
La teoria dice ciò che segue. La riconciliazione con Dio è possibile solamente
se l'umanità offre a Dio un sacrificio per compensare le offese del peccato, o
per conquistare i suoi favori. Dio esige un sacrificio. Il sacrificio è
qualcosa che viene offerto a Dio. Il sacrificio più comune è il sacrificio di
animali: il sangue dell'animale produrrebbe questo effetto di riconciliazione
con Dio. La distruzione della vita sarebbe un dono fatto a Dio. All'interno di
questo schema, la morte di Gesù sarebbe un sacrificio offerto a Dio come
soddisfazione o espiazione per i peccati, o come merito per attrarre i favori di
Dio. La morte del sacrificato è il canale della riconciliazione e della vita.
Da qui l'idea generalizzata che tutto deve essere ricompensato. Ogni felicità
deve essere pagata con una tristezza. Dio è accessibile solamente mediante
l'umiliazione dell'essere umano; è il prezzo che deve pagare l'umanità: Gesù
paga a nome dell'umanità. La salvezza deve essere comprata. Vi sono diversi
enunciati di questa teoria ma tutti convergono.
Secondo questa teoria, Gesù è morto perché è stato scelto per essere la
vittima propiziatoria. Essendo Figlio di Dio, è stato inviato dal Padre per
morire e con la sua morte calmare l'ira di suo Padre e in questa maniera
riconciliare l'umanità peccatrice. Dio perdona solamente dopo aver ricevuto
soddisfazione e questa soddisfazione è la morte di suo Figlio. Le circostanze
storiche della morte di Gesù sarebbero puramente contingenti perché questa
morte era in programma. Gesù sarebbe nato per morire come vittima sacrificale.
Esistono milioni di pagine scritte da teologi cristiani per motivare questa
teoria. Per la maggioranza dei cristiani, essa è il pezzo centrale della
dottrina cristiana.
Come spiegare che l'immensa maggioranza consideri naturale che Dio esiga la
morte di suo Figlio per poter perdonare? Quale padre sulla terra potrebbe
esigere la morte di suo figlio per poter perdonare? Una persona così non
sarebbe considerata un mostro? Com'è che si accetta la visione di un Dio-mostro?
Come immaginare che Gesù si sottometta a questo destino e come Ifigenia accetti
di essere vittima per espiare i peccati degli altri? Gesù potrebbe aver pensato
che Dio è così, che esige del sangue versato per poter perdonare? Dio sarebbe
legato a una legge della fatalità più forte di lui stesso, una legge che
esigerebbe il prezzo del sangue?
Queste assurdità sono state accettate, celebrate nelle liturgie, glorificate
dalle teologie e accettate con entusiasmo dai popoli, perché c'è qualcosa
nell'inconscio umano che accetta la teoria del capro espiatorio e in un certo
senso conta su di essa per liberarsi dai sensi di colpa. Quello che è in gioco
qui non è la parola di Dio, ma l'inconscio. L'inconscio è più forte della
ragione e nella religione le persone sono disposte ad accettare le cose più
assurde perché il sacro giustifica tutto e permette che l'inconscio domini
sulla ragione. Questo è il pericolo di tutte le religioni: permettere che
l'inconscio prevalga e metta a tacere la ragione e la coscienza. Per questo la
religione non può essere in alcun modo l'ultima istanza dell'umanità. C'è una
voce molto più determinante di quella della religione ed è la voce dei
profeti.
Quello che ha provocato confusione è stato il ricorso all'Antico Testamento, e
a tutta la sua intelaiatura sacrificale. Nell'Antico Testamento si attribuisce a
Dio la fondazione del sistema del culto, con il tempio, il sacerdozio e il
sacrificio. Ai tempi di Gesù questa teoria era la base di sostegno al tempio e
a tutto il sistema economico e politico di Israele. La teoria sacrificale aveva
impregnato tutto il popolo. Pochi erano quelli che non avevano ceduto al potere
del sistema, come per esempio gli Esseni.
Dopo la Resurrezione di Gesù, i discepoli avevano dovuto comprendere la sua
morte e dare a questa morte un senso positivo che potesse distruggere
l'impressione della sconfitta. Un confronto con i sacrifici era ovvio; c'era
stata una morte che aveva dato un risultato positivo. C'erano alcune
somiglianze. Nel caso di Gesù, come in quello dei sacrifici, la morte aveva un
effetto favorevole: dalla morte era nata la vita. Ma non esistevano solamente
somiglianze, c'erano anche molte differenze. La morte di Gesù in nessun momento
appare come un atto religioso, come un atto di culto. Non c'è stato alcun
sacerdote ad immolare Gesù, e neppure è stato immolato nel tempio. Gesù non
ha mai manifestato di avere coscienza di essere come un animale da sacrificare
per la remissione dei peccati. Nel contesto della morte di Gesù nulla evoca un
sacrificio, ma tutto indica una ragione di Stato da parte del governatore
romano, Pilato, con l'appoggio delle autorità giudaiche.
Per questo i vangeli evocano la morte di Gesù storicamente: Gesù è stato
ucciso perché respinto dalle autorità del popolo, che lo avevano espulso e
affidato ai romani. Queste autorità non hanno mai pensato di offrire un
sacrificio. Esse rifiutavano un falso Messia.
Secondo i vangeli, Gesù è stato condannato a morte per essere stato fedele
alla sua missione. Non aveva voluto cedere, non aveva voluto rinnegare il suo
messaggio. Aveva voluto affrontare il sistema religioso dominante senza armi, ma
con tutta la sua volontà, tutta la forza della sua parola. (…). Sfidò i
dottori, accusandoli dei peggiori peccati. Sfidò l'ipocrisia della religione
dei più devoti, che erano i farisei. Riassumendo, condannò tutto il sistema
religioso delle élite giudaiche. Fece ciò con la coscienza di essere fedele
alla tradizione dei profeti e di essere fedele a suo Padre. Compì la sua
missione integralmente senza venir meno e per questo si consegnò ai suoi
avversari, per essere il Messia povero e umile che non ricorre alle armi per
difendere la verità. Il valore della morte di Gesù è stato quello della
fedeltà inamovibile, della forza della fede, della fiducia assoluta nel Padre,
anche nella notte oscura della passione in croce, quando apparentemente il Padre
lo aveva abbandonato nelle mani dei suoi nemici.
La dottrina di base della morte di Gesù è che, a causa della fedeltà e
dell'obbedienza alla sua missione, Gesù è stato salvatore, re, signore, cristo
(…). Dio ha fatto di Gesù il salvatore perché egli aveva mostrato fedeltà
nella sua missione. La missione di Gesù è stata quella di proclamare la verità:
la verità su Dio, che Dio è amore gratuito e perdona tutto e pone nel suo
regno coloro che seguono la verità. La verità è il vero cammino mostrato da
Gesù che è il cammino del regno di Dio. Gesù è morto a causa di questa verità.
Proprio perché dice la verità è stato fatto salvatore, guida e re del popolo
di Dio, vero Messia. Gesù ha raggiunto con la sua morte il punto culminante
della perfezione umana: l'affermazione della verità contro tutti i poteri
umani, l'affermazione della verità su Dio contro quelli che si proclamavano i
proprietari di Dio (…).
In ogni caso la dottrina su Dio mostra che tutto è dono gratuito di Dio. Non si
merita o si conquista il dono di Dio. Il perdono dei peccati è gratuito,
iniziativa del Padre, e non è in risposta a un sacrificio di Gesù o degli
esseri umani. (…)
I primi cristiani erano ebrei con una mentalità influenzata dalla teoria del
sacrificio. I primi discepoli provenienti dal paganesimo erano ancora più
influenzati da questa teoria. I redattori del Nuovo Testamento avevano questa
teoria nel subconscio e cercavano di cambiarla. Tuttavia, più avanti, la teoria
venne riassunta con forza maggiore. Vi furono vari ritorni all'Antico Testamento
che portarono alla reintegrazione del sistema sacrificale e culturale nella
Chiesa. Vennero costruiti templi, si stabilì il sacerdozio e si fece del-l'eucarestia
un nuovo sacrificio, riproducendo il sacrificio della croce. Uno dei compiti più
urgenti della teologia consiste proprio in un rinnovato esame di tutta questa
storia del recupero ebraico da parte del cristianesimo. (...)