DIECI MOTIVI PER DIALOGARE. CRISTIANI E ISLAMICI ALLA RICERCA DI UN'ETICA COMUNE
DOC-1763. ROMA-ADISTA. Un decalogo di cose possibili da fare
sulla via del dialogo cristiano-islamico, per tentare di costruire un'etica
comune fondata sul rispetto integrale dell'altro/a, che corrisponde al
comandamento del "non uccidere" comune a tutte le religioni. È questa
l'idea contenuta in un documento in dieci punti elaborato da Paolo Branca,
docente di lingua e letteratura araba all'Università cattolica del Sacro Cuore
di Milano; Stefano Allievi, docente di sociologia all'Università di Padova;
Silvio Ferrari, docente nelle Università di Milano e Lovanio; Mario Scialoja,
presidente della Lega musulmana mondiale-Italia, pubblicato sul sito de Il
dialogo (www.ildialogo.org). Un documento che - propone il direttore de Il
dialogo Giovanni Sarubbi - potrebbe rappresentare una base per la V Giornata del
dialogo cristianoislamico, in programma il prossimo 20 ottobre: un appuntamento
nato dal basso ma diventato quasi un evento istituzionale nella realtà
italiana. "Lo slogan per la giornata - afferma Sarubbi - potrebbe essere
proprio quello di "Dieci motivi per dialogare", per sottolineare anche
come siano molte le iniziative che si possono mettere in campo per rendere
concreto il dialogo, mentre per la guerra, l'odio, la xenofobia e quant'altro
basta una sola grande bugia". Di seguito il documento.
ISLAM, CHE FARE? UN DECALOGO
La presenza di musulmani in Italia ha ormai raggiunto una tale
"massa critica" da non consentire che il fenomeno sia gestito soltanto
attraverso forme d'intervento estemporanee e improvvisate, com'è spesso stato
finora. L'impegno di molti che si sono prodigati, sia da parte italiana che da
parte islamica, con numerose iniziative conferma le potenzialità di un tessuto
sociale vivo e attivo, ma proprio per non vanificare tali energie e al fine di
evitare derive che hanno interessato di recente altri paesi europei, ci sembra
indispensabile che le istituzioni e i cittadini - italiani e non - coinvolti a
vario titolo nella questione trovino modalità per riflettere e agire insieme
all'interno di un progetto comune ispirato a principi chiari e condivisi.
Per questo, mentre il nostro Paese vive un decisivo mo-mento di riformulazione
degli equilibri politici e delle sue pro-spettive di riforma, riteniamo doveroso
richiamare alcuni punti che ci paiono di cruciale importanza nel compito comune
che ci troviamo ad affrontare. Va da sé che i musulmani condivido-no con
immigrati di altra origine molte problematiche simili. Sarebbe pertanto indebito
ritenere le considerazioni che se-guiranno come pensate esclusivamente per loro,
anche se il presente documento ne tratta in modo specifico: una buona legge
sulla libertà religiosa, ad esempio, andrebbe incontro alle esigenze di tutte
le comunità e non solamente di quella islamica.
La globalizzazione in atto, contrariamente a quanto ci si poteva ingenuamente
aspettare, invece che a un indebolimento delle identità (reali o immaginarie)
sta conducendo piuttosto a un loro irrigidimento che non sembra cogliere
sufficientemente le potenzialità positive pur presenti nell'inedito incontro di
uomini e culture che si sta producendo, bensì tende a en-fatizzare diffidenze e
timori che inducono alla chiusura e alla contrapposizione.
Siamo consapevoli dei rischi insiti in un vacuo relativismo che potrebbe
portarci a poco auspicabili confusioni e allo svilimento delle tradizioni
culturali e religiose di ciascuno: ma il valore che attribuiamo alla nostra e
altrui identità ci spinge a ritenere necessaria una gestione coraggiosa e
consapevole di questo processo di incontro e convivenza, l'unica in grado di
portare a buoni risultati nell'interesse comune. Per questa ragione pensiamo che
vada scoraggiato con ogni mezzo lo spirito di sospetto e di rivalsa che in
taluni, da entrambe le parti, sembra purtroppo prevalere.
I punti che ci pare necessario richiamare sono:
1. Incoraggiare la collaborazione con le istituzioni a ogni livello per
promuovere una reale partecipazione. dimostrando che le regole della democrazia
tutelano e premiano i compor-tamenti migliori. A tale scopo è utile in
particolare partire dal censimento e dalla valorizzazione delle molteplici
esperienze in atto anche al fine di contrastare una comunicazione basata su
semplici opinioni, anziché su evidenze empiriche. Interventi formativi
all'interno delle pubbliche amministrazioni (scuola, sanità, carcere, personale
di polizia...) sulle tematiche relative al pluralismo culturale nelle aree di
loro competenza, con un taglio che privilegi la concretezza delle situazioni su
considera-zioni di ordine astrattamente teologico, ideologico o politologi-co.
Il confronto con esperienze internazionali che già affronta-no da tempo temi e
situazioni analoghe consentirebbe di valu-tarne gli esiti e di ispirarsi alle
pratiche (legislative e operative) più efficaci.
2. Scoraggiare con fermezza ogni forma di illegalità per evitare il formarsi di
società parallele o gruppi che si percepi-scano e si presentino come corpi
estranei: il diritto alla dif-ferenza non può e non deve mai diventare pretesa
di una differenza nei diritti e nei doveri.
3. Valorizzare le iniziative che si pongono nella prospettiva della condivisione
di valori, interessi e impegno comune al servizio della collettività.
4. Dare priorità alle donne e ai giovani che, senza rinunciare alla propria
specificità culturale e religiosa, dimostrano di voler sviluppare, con chi
condivide i loro problemi e le loro aspira-zioni, attività che favoriscono
contatti, scambi e integrazione.
5. Offrire, a livello universitario, percorsi di maturazione e di formazione a
quanti intendono svolgere funzioni di servizio alle comunità, specie nei ruoli
di orientamento e di guida. Non si tratta di formare i ministri del culto, ma di
favorire l'emer-sione e il consolidamento di competenze e capacità specifiche
tra coloro che già operano nei diversi gruppi affinché la loro azione sia
maggiormente adeguata alle finalità dell'integrazione e della partecipazione
alla vita del paese in cui risiedono.
6. Stimolare, specie nelle scuole, la valorizzazione degli apporti delle
differenti culture del Mediterraneo alla costruzio-ne di una comune civiltà.
Laddove siano presenti numerosi alunni arabofoni, appositi corsi per la
conservazione e lo sviluppo della lingua d'origine (del resto già in atto, in
forma sperimentale) andrebbero diffusi e sostenuti. Tali interventi non
sarebbero ad esclusivo vantaggio degli immigrati, ma contribuirebbero alla
trasformazione dell'intero settore scolasti-co che non sarebbe adeguato alla
realtà di un mondo sempre più interdipendente se restasse ancorato a forme di
istruzione centrate soltanto sulla cultura locale.
7. Incoraggiare i mass media a dare spazio alle numerose esperienze di
collaborazione e di condivisione tra persone di fede e di cultura diversa,
evitando di diffondere e/o amplificare soltanto fatti e notizie che confermino
mutui pregiudizi. Non si tratta evidentemente di occultare le problematicità,
ma an-cora una volta di partire dalla realtà che è più ricca delle sue
rappresentazioni, mediante inchieste sul campo, lavoro di terreno empirico,
informazione completa e imparziale.
8. Promuovere politiche che migliorino le condizioni di vita delle società di
provenienza degli immigrati, con riferimento non soltanto alla situazione
economica ma anche allo sviluppo della società civile, al rispetto dei diritti
umani e alla valoriz-zazione del pluralismo ad ogni livello.
9. Valorizzare l'azione delle istituzioni locali, che sono a contatto diretto
con le realtà di base, nel promuovere iniziative che, per la qualità degli
interventi e le loro ricadute positive sul territorio, possono costituire dei
modelli validi anche per analo-ghe situazioni, in stretto contatto con le
agenzie culturali e religiose che già operano in tal senso.
10. Approfondire la conoscenza reciproca, nel mutuo rispetto pur senza
rinunciare allo spirito critico e autocritico, non solamente con sporadiche
iniziative informative, ma attraverso il lavoro permanente e sistematico di
gruppi che affrontino insieme tematiche specifiche di comune interesse. Ciò
favorirebbe inoltre lo sviluppo di prospettive professionali che facciano tesoro
delle competenze e delle capacità di chi si distingue nel lavoro
interculturale.