Gesù
non era cattolico né protestante e neppure ha fondato una chiesa.
Intervista
al teologo Eugen Drewermann
DOC-1705.
OBERURSEL-ADISTA.
"Non può esistere cristianesimo senza la libertà
individuale", mentre la Chiesa di oggi sembra volere dal cattolico
"superstizione, alienazione, arrendevolezza, dipendenza". Lo afferma
in una lunga intervista al quindicinale tedesco di informazione religiosa
Publik-Forum (n. 2/2006) il teologo tedesco Eugen Drewermann, scrittore e
psicoterapeuta, che lo scorso dicembre, nel corso di un'intervista televisiva,
annunciò di aver abbandonato la Chiesa cattolica. Drewermann, che ha elaborato
la sua teologia a partire dalla psicologia del profondo, è stato stato sospeso
dal-l'insegnamento di Storia della Religione e Dogmatica presso la Facoltà
cattolica dell'Università di Paderborn e dalla predicazione nel 1991, quindi è
stato sospeso a divinis, nel 1992, dal vescovo di Paderborn. La sua colpa:
quella di aver criticato il mancato impiego, da parte della Chiesa, dell'esegesi
moderna, che tende ad attribuire un valore meno storico e più simbolico alle
narrazioni bibliche, e di difendere posizioni lontane da quelle del magistero in
merito a celibato sacerdotale, aborto, ordinazione delle donne e morale
sessuale. Ha proseguito tuttavia la sua attività di psicoterapeuta e di docente
di Sociologia e Antropologia culturale presso la stessa Università. È autore
di oltre 70 libri, tra cui il notissimo "Funzionari di Dio. Psicogramma di
un ideale", sulla formazione e sulle "funzioni" sacerdotali alla
luce della psicologia del profondo. Pubblichiamo di seguito l'intervista, in una
nostra traduzione dal tedesco.
Drewermann:
Da quindici anni non potevo più insegnare, né esercitare il mio ministero
sacerdotale. Avrei potuto ricevere un sacramento soltanto se avessi ritrattato
ciò che per me è importante e l'avessi riconosciuto pubblicamente come peccato
contro la retta dottrina. Ma ciò che agli occhi della Chiesa costituisce un
peccato, per me è un requisito principale: tradurre il messaggio di Gesù in
modo tale che entri in contatto con il disagio spirituale delle persone, che
limiti gli aspetti disumani presenti nella vita pubblica e che operi a vantaggio
del dialogo con le culture. Per me sono centrali anche il mantenimento della
pace, la difesa dell'ambiente e degli animali. Il pacifismo, il vegetarianesimo
e una relativizzazione dei diritti dell'Homo sapiens rispetto alla sopravvivenza
degli animali non sono mai stati presi sul serio dalla Chiesa. Su nessuno di
questi punti ho mai sentito la Chiesa cattolica realmente aperta al dialogo.
D:
È grave la schizofrenia che il dogma ecclesiale provoca consapevolmente: che
l'interpretazione della Bibbia e dei contenuti della fede cristiana non deve
essere fatta a livello simbolico ma soltanto ideologico, nel senso di dogmi
oggettivi o di fatti storici. L'illuminismo filosofico del XVIII secolo non ha
ancora raggiunto fino ad oggi questa Chiesa, e nemmeno l'illuminismo
psicologico. Solo sotto il pontificato di Giovanni Paolo II in Vaticano hanno
avuto luogo 30.000 esorcismi. Come si può leggere il messaggio di Gesù in modo
terapeutico, se la psicologia delle persone diventa una demonologia della carne?
Così non si rende giustizia alla Bibbia e alla fede. Così resta soltanto una
scelta: o credere in modo ingenuo e conforme al sistema, o scivolare in modo
illuminato nell'incredulità. La sintesi di fede e pensiero che vivo come
vincolante a partire dal messaggio di Gesù, e che dà forma a tutto il mio
pensiero teologico, la vedo fondamentalmente tradita dalla Chiesa cattolica. Il
filosofo Hegel diceva in proposito: Il cattolicesimo fa di Dio una cosa,
possiede lo Spirito in modo non spirituale. È così!
PF:
Lei è rimasto a lungo nella Chiesa.
D:
Formalmente sono stato anche questi quindici anni membro della Chiesa grazie
alle persone che soffrono in questa Chiesa e per questa Chiesa. Sono stato
dentro la Chiesa contro di essa. Ma non può vivere a lungo la propria fede chi
sa che verrà condannato da questo sistema Chiesa. Non sono mai partito
dall'idea che la Chiesa fosse riformabile, altrimenti avrei sperato che ci fosse
uno spazio di tolleranza, in cui le persone potessero vivere con le loro
difficoltà.
D:
Ho sempre pensato che le richieste di Gesù si trovino in un rapporto grottesco
rispetto al comportamento della Chiesa romana; che è un tradimento sostanziale
il fatto che la questione di cosa sia la verità religiosa non venga messa in
relazione con la vita delle persone, ma con il potere di preti, vescovi e
cardinali. È un errore totale delegare la soggettività, che appartiene alla
fede, semplicemente alla conformità oggettiva a determinate formule e riti
della Chiesa. Dal punto di vista di Gesù, che cosa sarebbe tanto grave da
provocare un fallimento? Tradire se stessi, la propria verità - Dio - è
infinitamente più grave che non essere all'esterno vittoriosi. Il nostro
compito è assumere la responsabilità per se stessi; ciò che esula da questo
è nelle mani di Dio.
D:
In realtà questo non è stato un mio problema. Però della questione di Gesù
non si può fare un motivo per dosare cattedre di insegnamento ecclesiali o
statali retribuite, o posti di potere. La questione della vita non può essere
ridotta a questioni di dottrina. È una totale deviazione. La dottrina diventa
più importante della questione di come vivere. Gesù non ha voluto redigere
alcuna nuova dogmatica, ma cambiare la nostra vita. Perciò io non sono mai
stato "professore" di teologia. "Docente privato" era ancora
ancora tollerabile. La teologia accademica si è tanto allontanata dal messaggio
profetico di Gesù quanto la Chiesa a cui presta il suo servizio.
D:
Lo sono sempre stato. Ma ora non voglio spiegare più questo sistema inumano in
modo umano. Qui si vuole la superstizione, l'alienazione, l'arrendevolezza, la
dipendenza. Ma la questione fondamentale non è: che cosa vuole il papa? La
domanda fondamentale è che persone siamo e come ci trattiamo a vicenda.
D:
Penso che la comunità cominci nell'incontro con una persona reale e non con
rappresentanti di interessi che scambiano Dio in modo arcaico con lo
"spirito" o il demone del proprio gruppo di riferimento. Io ho
sofferto molto nella Chiesa cattolica per il fatto che non fosse possibile
parlare di persona con diversi rappresentanti ecclesiastici. I vincoli
ideologici erano più importanti della testimonianza personale. In primo piano
vi era sempre la questione del controllo. Per spiegare il Natale, bisogna
credere per forza che Maria fosse biologicamente vergine? Io non credo! Si nega
forse la resurrezione se si afferma che non è necessario credere in una tomba
di Gesù fisicamente vuota? Io non credo! La Chiesa invece, ritenendo il
contrario, riduce il messaggio a fatti storici nei quali la fede nel suo
complesso in sostanza diventa insignificante. In questo, le immagini della
Bibbia e i riti del cristianesimo hanno indubbiamente un notevole potere di
attrarre e riunire persone. Ciò può avvenire soltanto nella libertà, nella
consapevolezza della potenza significativa di questo simbolo, ma lontano da ogni
tentativo di cristallizzazione vincolante di Dio in termini umani. Abbiamo
bisogno di segni ma Dio è il punto di riferimento di tutto, e se non parla
prima al cuore dell'individuo - come nella mistica - non vi è alcuna vera
comunità.
D:
La parabola di Gesù del Buon samaritano dice solo una cosa: segui il tuo cuore,
che ti insegna ad avere compassione verso la persona in difficoltà. E smettila
di correre dietro al prete che ti porta solo nel tempio. Dio non vive lì! La
convinzione che Gesù abbia fondato una Chiesa è grottesca.
PF:
Che cosa dice lei a quanti vogliono riformare la Chiesa - come il movimento
della Chiesa-popolo o l'Iniziativa Chiesa dal basso, per esempio - e che per
questo hanno contato anche su di lei?
D:
C'è stata solo una Riforma, quella del 1517. Tre anni dopo, il riformatore
Lutero si recò alla Dieta di Worms e dichiarò: io sto qui come persona, e dico
quello che vedo, penso, sento e credo. Punto! Così iniziano le riforme. Ma non
organizzando maggioranze. Non vi è alcun cristianesimo senza la libertà della
vita individuale! I movimenti di riforma, in tutto il tempo in cui sono
esistiti, hanno mai raggiunto l'orecchio di chi volevano cambiare? No. Il mio
problema è: nessuno può aspettare che un'autorità romana gli consenta o meno
di vivere la sua vita. Che uno si debba separare o no o che sposi un'altra donna
non può dipendere dalla capacità di comprensione di Roma. Deve saperlo da sé.
PF:
Molti agiscono già così, ma restano nella Chiesa.
D:
Questo accade a causa di un doppio standard. Ho comprensione per chi per esempio
fa la comunione anche se ufficialmente non potrebbe. Ma per me non poteva essere
una soluzione, perché ero un personaggio pubblico di questa Chiesa. In qualche
modo dovevo prendere sul serio questo sistema Chiesa. L'ultima iniziativa,
quella di uscire dalla Chiesa, è stata, se vuole, una notifica di
pensionamento. Per ricevere la mia miserabile pensione, ho dovuto sottoscrivere
una dichiarazione, in cui affermavo che non avrei mai più esercitato il mio
sacerdozio. E così io adesso non dovrò mai più rappresentare ciò in cui non
mi sento più rappresentato. Vorrei questa libertà per ciascuno.
D:
La Chiesa evangelica afferma molte cose che per me sono essenziali: sottolinea
la libertà degli individui e ha trovato il modo giusto di leggere la Bibbia. E,
soprattutto, conosce l'assoluta necessità della grazia per tutte le questioni
di morale e di giustizia. Ma, come tutti sanno, Gesù non era né cattolico né
protestante. È tanto semplice essere membri di una istituzione; ma diventare
cristiani è qualcos'altro.
D:
Continuerò a svolgere la mia attività di direttore spirituale libero, inoltre
scriverò altri libri, in cui renderò conto delle mie esperienze e terrò
conferenze. In estate uscirà un ponderoso volume sul rapporto tra neurologia e
teologia.
D:
Per fortuna i libri mi fruttano abbastanza, quindi posso continuare a svolgere
gratuitamente i colloqui di consulenza.
D:
Mi sento bene e sono grato.