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L'ESCLUSIVA
DEL VATICANO
Filippo Gentiloni
il manifesto
26-9-2006
Ma
perché, secondo alcuni, di eutanasia non si dovrebbe neppure parlare? Così,
infatti, stanno reagendo non pochi politici e non dopo l'appello lanciato dal
presidente della repubblica Napolitano in risposta alla lettera di Piergiorgio
Welby, malato di distrofia muscolare.
Vale pena di riflettere sulle loro «ragioni». In primo piano c'è una radicata
convinzione cattolica: la fascia di terreno - di tempo -fra la vita e la non
vita sarebbe di esclusiva proprietà cattolica. Così per la nascita, così per
la morte. Una fascia di tempo che è stretta e corta dal punto di vista della
sua durata, ma essenziale: vi si gioca davvero tutto. La chiesa ne vuole
mantenere una sorta di proprietà esclusiva, sapendo bene che chi domina quelle
strette fasce di tempo, domina tutta la vita. Perciò la condanna assoluta
dell'eutanasia: considerata una sorta di «ingerenza laica» su quella che
sarebbe la soglia della vita, la porta dell'aldilà.
Ma anche una certa cultura laica si unisce a quella cattolica. La cultura per la
quale la vita è qualche cosa di meccanico, per non dire di materiale. Un
movimento di qualche arto, un respiro. Un «io» isolato da tutto e da tutti. La
vita prescinderebbe da tutto ciò che, invece, non soltanto la arricchisce ma la
fa essere davvero tale: relazioni, rapporti, affetti, parole, sguardi. La vita
sarebbe così affidata a qualche macchina, chiamata a farla continuare.
Sopravvivere: vivere al di là, cioè, della vita vera.
Per tutti costoro, laici e cattolici, niente eutanasia: sarebbe sufficiente a
ogni bisogno l'ormai famoso «testamento biologico» di cui si parla tanto, una
dichiarazione destinata ad evitare quell'accanimento terapeutico che tutti
detestano e che vorrebbero escludere per sé e per gli altri, ma i cui confini
sono difficili da definire da lontano, quando si è ancora sani.
E' vero che anche l'eutanasia non ha confini facili. E' ben vero che chi vuol
escludere vecchi e malati dalle cure e così liberare più in fretta qualche
letto di ospedale potrebbe domani servirsi di una legge permissiva. Perciò è
necessario discutere ogni aspetto di una situazione che ci riguarda tutti, da
vicino o da lontano: non si può né ignorarla né delegarla a qualche autorità
competente.
Della riflessione sulla vita fa parte essenziale anche quella sulla morte. Mia e
degli altri. I più direttamente interessati sono i medici, ma non è giusto
lasciare la morte meglio: il morire esclusivamente nelle loro mani. La morte si
prepara contribuendo, giorno per giorno, alla bellezza e ricchezza della vita,
quella vita vera che la malattia, quando è inguaribile, porta via.
Con la minore sofferenza possibile: anche la lotta al dolore fa parte essenziale
della vita. E alla lotta contro il dolore il dibattito sull'eutanasia può dare
un contributo essenziale, positivo. Forse insostituibile.