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La Bibbia è anche un libro

Aldo Bodrato

da Tempi di Fraternità

"Una parola ha detto Dio, due ne ho udite". Vorrei porre questa nuova rubrica esegetica sotto la protezione di questo singolare versetto dei Salmi (62, 12) e poi di tre autorità in fatto di commento alla Scrittura: Il filosofo ebreo Emmanuelle Levinas, l’ebraista cristiano Paolo De Benedetti e il Padre della Chiesa Gregorio Magno, papa del VI secolo e faro del monachesimo benedettino.

Osserva il primo che la rivelazione di Dio, unitaria nella sua assoluta verità, può venire pienamente alla luce solo per gradi e solo attraverso l’interpretazione pratica e teorica di coloro che l’ascoltano. "La molteplicità delle persone, diverse ed uniche ad un tempo, è necessaria alla dimensione del senso; i molteplici sensi sono persone molteplici". Il che rende evidente che per la parola biblica è essenziale la libera e continua rilettura interpretativa e spiega come ad essa sia possibile attraversare i tempi e gli spazi, così da trasmettere la sua verità a uomini che vivono in epoche e condizioni esistenziali e culturali diverse (L’al di là del versetto - p. 218).

Continua il secondo: "Talvolta si legge nei commenti ebraici una frase come questa: Questo versetto biblico dice: Spiegami!". È un grande pensiero: la Scrittura non è un prontuario di formule o di ricette già fatte e pronte per l’uso. La Scrittura è un tesoro di sensi, una miniera di significati, che si offre alle nostre capacità d’impresa e ci invita alla ricerca. Le vie che a tali significati conducono sono tre: il canone, l’insieme stesso dei libri biblici e la comunità dei credenti in ascolto. Ma il canone, che definisce quali testi sono Parola di Dio, non è unico, è molteplice: canone ebraico, canone cattolico, canone protestante. Così non è un blocco unico l’insieme delle Scritture, ma una grande varietà di scritti, poetici, storici, legislativi, favolistici, sapienziali, profetici, un tessuto di rimandi e di richiami, di riprese e di innovazioni, spesso di contrasti. Infine, non è unica la comunità. Sono molte le comunità, talora non in comunione tra loro. Non solo. Ogni comunità è articolata nello spazio e nel tempo, trova la sua voce concreta nei singoli credenti. Ecco perché è possibile parlare di settanta significati per ogni versetto biblico, anzi di un settantunesimo non ancora scoperto, che attende il suo interprete, ma che non è il significato chiave. È uno dei tanti sensi che arricchiscono la corona d’interpretazioni che sorregge e porta la Parola attraverso la storia e che solo la comunità delle comunità, nel giorno ultimo, insieme con Dio, potrà vedere compiuta (Ciò che tarda avverrà - pp. 7-20).

Infine la formula proverbiale ed efficacissima di papa Gregorio: Scriptura cum legente crescit - La Scrittura cresce insieme con il suo lettore. "La Parola dai settanta volti fiorisce giungendo a noi e rinascendo in noi" (Gianfranco Ravasi).

Tutto ciò senza nulla togliere ai meriti e al rigore dell’esegesi storico-critica. Anzi, esaltando al massimo i suoi risultati. Vale a dire le sue ricerche sui generi letterari della Bibbia, sulla collocazione storica dei testi che la compongono, sui loro legami con le letterature delle antiche civiltà mediorientali, sul carattere composito di molti suoi scritti, nati non da una sola mano, ma dalla stratificazione redazionale di documenti diversi. Proprio questi studi e queste ricerche storiche e filologiche ci hanno consentito, infatti, di riscoprire la natura poetica e narrativa di molti libri biblici, le loro trasformazioni e rielaborazioni plurisecolari, e di riaprire, di conseguenza, la strada ad una nuova metodologia esegetica. Una metodologia capace di tenere presente tutto ciò e di offrirsi come terza via tra l’antica, nobile, ma a volte stravagante e gratuita, esegesi spirituale, e la moderna, rigorosamente documentata, ma spesso arida ed esasperatamente specialistica, esegesi scientifica. Una metodologia che parte dai dati offerti dalla critica, ma lì non si ferma, perché sa che il valore di quel testo non sta nei dati nudi e crudi della storia della sua formazione e delle sue trasformazioni. Il suo valore sta nei significati a cui tali dati hanno voluto dare voce, nel senso globale, a volte anche contraddittorio e plurimo, che la loro combinazione ha finito col costruire, a volte anche contraddittorio e plurimo, che la loro combinazione ha finito col costruire e col trasmettere attraverso il testo a noi pervenuto e attraverso le sue diverse lezioni redazionali, le sue stratificazioni, le varianti e persino le interpretazioni che la tradizione ha via via ad esse legato in modo indimenticabile.

La Bibbia non è Parola di Dio nella sua letterarietà, filologicamente accertata, supposto che ciò sia possibile, ma nella sua tradizione formativa, nella sua storia letteraria, teologica, spirituale, etica e pluricomunitaria, che, prima l’ha generata, poi l’ha passata a noi già ricca di infiniti significati interpretativi, affinché continuassimo col nostro ascolto, con la nostra interpretazione, con la nostra traduzione in pratica, a darle vita ed efficacia, a fare risuonare i suoi messaggi di salvezza nella storia degli uomini.

La Bibbia non è "un papa di carta", anche perché non è un monolito assoluto, un testo unitario e totalmente coerente. La Bibbia, ci dice la tradizione, è insieme alla creazione, il libro in cui Dio si rivela agli uomini, e, proprio come il libro del mondo, non è nata di getto, un tutto finito da prendere o da lasciare. Si è formata nel tempo, è cresciuta con la collaborazione e con l’opposizione degli uomini. Porta di Dio e degli uomini la ricchezza, la creatività, la libertà, l’imprevedibilità e la paradossalità. È un microcosmo e proprio come il cosmo è insieme ordine e confusione, aspirazione all’unità e proposta di molteplici, possibili, unità.

"Una parola ha detto Dio, due ne abbiamo udite". Una creazione ha messo in opera, due sono le storie che ce la raccontano. Una legge ha dato sul Sinai, più di uno sono i decaloghi che ce la testimoniano. Una promessa ha fatto, molte sono le profezie che la rinnovano. Uno è Gesù il Cristo, almeno quattro sono i vangeli che ne raccontano la vita.

La Bibbia è anche un libro e come tale va letta e interpretata senza sconti critici e senza privilegi ideologici. Ma la Bibbia, proprio perché è "anche" un libro, non è "solo" un libro. È giusto chiedersi: cosa? Sarà possibile scoprirlo?

Nella loro varietà interpretativa, prendendo spunto da passi diversi di questo o di quel libro biblico, dell’Antico e del Nuovo Testamento, del canone ebraico e di quello cristiano, gli articoli che seguiranno cercheranno di dare una risposta, o meglio, di sollecitare ciascuno a trovare la sua risposta in dialogo con vicini e lontani, nello spazio e nel tempo, non solo passato. Guardare a chi deve ancora venire, a ciò che ancora deve accadere, è, infatti, anche questo compito del presente. Passato, presente, futuro, la Bibbia ci insegna, formano un unico nodo, un unico intreccio di nodi, ed essa, in certo senso, ne custodisce il segreto. Come i libri ne è la metafora, una metafora.