L’OMOSESSUALITÀ
NEL MAGISTERO CATTOLICO E
NELLA TEOLOGIA MODERNA
Reinterpretazione
antropologica e etica dell'omosessualità
di don Luciano Scaccaglia
chi
è Luciano Scaccaglia
Nel passato si dava giudizio morale molto negativo della omosessualità:
è una tendenza disordinata, anzi contro natura.
Addirittura i catechismi di Pietro Canisio l’omosessualità era stigmatizzata
tra i “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio”.
Esame dei documenti del Magistero attuale
Nella dichiarazione della Dichiarazione della Dottrina della Fede su Alcune
questioni di estetica sessuale del 29 dicembre 1975, si afferma che occorre
accogliere con comprensione le persone omosessuali e di parlare con
prudenza della loro soggettiva colpevolezza morale, però nello stesso
tempo si dichiara che “secondo l’ordine morale oggettivo le relazioni
omosessuali sono atti privi della loro regola essenziale e indispensabile”,
sono “intrinsecamente disordinati e, in nessun caso possono ricevere una
qualche approvazione” (n. 8).
Per la prima volta in un documento della Chiesa Cattolica si riconosce
l’esistenza di una costituzione omosessuale immodificabile; si parla
infatti di omosessuali “che sono definitivamente tali per una specie
d’istinto nato o di una costituzione patologica giudicata incurabile” (n.
8).
Da questo però non si può dedurre la possibilità di giustificare le relazioni
omosessuali in una sincera comunione di vita e di amore, analoga al
matrimonio”.
- La dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede ai Vescovi
della Chiesa Cattolica su Cura pastorale delle persone omosessuali
del 1 Ottobre 1986 si ricollega al documento del 1975 affermando che
qualcuno lo aveva interpretato in modo troppo benevolo quanto
alla condizione omosessuale fino a definirla indifferente o addirittura
buona.
Questo secondo documento afferma:
- L’inclinazione omosessuale è un male (intrinsecamente
disordinato), ma in sé non è peccato, mentre gli atti
omosessuali sono sempre peccaminosi: “la particolare inclinazione della
persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia
una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente
cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa
deve essere condannata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che
si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare
sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che
l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione
moralmente accettabile” (n. 3).
Si motiva tale condanna degli atti omosessuali partendo dalle sacre
scritture e dalla tradizione unanime della Chiesa.
Tali atti violano la legge naturale morale, perché non hanno
possibilità di procreare, né conducono ad una unione complementare.
L’attività omosessuale inoltre “impedisce la propria realizzazione e
felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio” (n. 7).
Le persone omosessuali sono quindi tenute a vivere la castità nel
senso che non devono avere rapporti omosessuali: “è solo nella relazione
coniugale che l’uso della facoltà sessuale può essere moralmente retto.
Pertanto una persona che si comporta in modo omosessuale agisce
immoralmente” (n. 7).
- Tutto questo però non deve togliere la dignità verso queste persone e
viene condannata ogni discriminazione nei loro riguardi (cfr. n. 10).
- Le associazioni di omosessuali sono possibili solo se prima si è chiarito
bene che l’attività omosessuale è immorale (cfr. n. 15).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ripete la dottrina espressa nei due
documenti esaminati (cfr. nn. 2357, 2358, 2359).
Ribadisce che gli atti omosessuali sono mancanze gravi contro la virtù della
castità: “tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la
masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali”
(n. 2396).
L’omosessualità è contraria al piano di Dio in quanto non è capace di
generazione.
Anche se l’omosessualità è un fatto costitutivo della persona è sempre una disfunzione
un sintomo della creazione decaduta, conseguenza del peccato originale.
“Poiché l’essere umano deve realizzare l’ordine della creazione così
come Dio l’ha voluta, cioè senza cedere alla possibilità del male, il
comportamento omosessuale è sempre oggettivamente disordinato” (AA. VV.,
Il posto dell’altro, le persone omosessuali nelle Chiese cristiane, Edizione
la Meridiana, Molfetta 2001, p. 109).
Nella recente Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede
su considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni
tra persone omosessuali, 3 Giugno 2003, si afferma:
- l’atteggiamento delle autorità civili verso le unioni omosessuali è
assai articolato:”a volte si limitano alla tolleranza di questo fenomeno;
a volte promuovono il riconoscimento legale di tali unioni, con il pretesto
di evitare rispetto ad alcuni diritti, la discriminazioni di chi convive con
una persona dello stesso sesso; in alcuni casi favoriscono persino
l’equivalenza legale delle unioni omosessuali al matrimonio propriamente
dett o, senza escludere il riconoscimento della capacità giuridica di
procedere alla adozione di figli”( l’Osservatore Romano, Edizione
settimanale, venerdì 8 agosto 2003).
- Occorre opporsi, anche con l’obiezione di coscienza, al
riconoscimento legale delle unioni omosessuali:
“ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla
promulgazione o alla applicazione di leggi così gravemente ingiuste nonché,
per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In
questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di
coscienza”. (Ibid).
La Teologia morale
I teologi moralisti circa la sessualità si pongono su tre posizioni.
- Alcuni seguono la dottrina tradizionale della chiesa:
l’omosessualità è intrinsecamente un male, un sovvertimento
dell’ordine della creazione.
- Altri, progressisti, presentano l’amore omosessuale come realtà
normale e positiva, come parte della realtà creata, una variante
della creazione.
- Nella posizione di mezzo sta un gruppo di teologi per i quali
l’orientamento omosessuale è un bene ma minore (minus bonum)
rispetto alla tendenza eterosessuale, che sarebbe ideale.
Tutti e tre i gruppi sono d’accordo nel distinguere tra orientamento
omosessuale (disposizione costituzionale) e comportamento omosessuale:
il primo non viene scelto liberamente dalla persona, sfugge alla libertà
dell’individuo e quindi non può essere peccaminoso.
Si discute invece sul giudizio morale circa il comportamento omosessuale
sugli atti intimi: il primo non viene scelto liberamente dalla persona, sfugge
alla libertà dell’individuo e quindi non può essere peccaminoso.
Si discute invece sul giudizio morale circa il comportamento omosessuale, sugli
atti intimi tra omosessuali: per alcuni sono peccati, per altri no.
- La Chiesa cattolica romana e per i teologi tradizionalisti a questo
problema morale c’è una sola soluzione: la rinuncia all’attività
sessuale da parte degli omosessuali e quindi la sublimazione delle
pulsioni sessuali.
- Alcuni teologi, oggi, affermano che in una unione omosessuale
seria, stabile, fedele, sia legittimo e morale l’unione delle
persone, anche sessuale, rispettato il principio che devono seguire prima
di tutto la loro coscienza retta e formata.
“Bisogna riconoscere che la persona umana è responsabile solo di ciò di cui
è anche capace e che l’ltimo tribunale resta la sua coscienza (formata).
Perciò non si può parlare a priori - anche in caso di un radicale
rifiuto del comportamento omosessuale - di peccato (grave) . Ciò richiede,
infatti, la relativa concezione e la libertà di poter agire anche diversamente.
Chi in seguito a una matura riflessione perviene a un giudizio diverso da quello
del magistero e crede di non poter seguire la Chiesa in questo caso particolare,
è tenuto a seguire la sua coscienza. Non commette alcuna colpa e non si trova
neppure fuori dalla Chiesa”(AA.VV., Il posto dell’altro, op. cit., p. 112.).
Questi teologi sostengono che nelle relazioni sia omo che etero prima di tutto
ci deve essere un amore fedele e stabile. La sessualità, come simbolo,
come veicolo, come espressione dell’amore, conserva il suo senso e il suo valore
anche senza l’orientamento alla procreazione.
- L’amore ha sempre un valore e un senso in se stesso – (W. Kasper).
L’incontro e la relazione amorosa integrale fra due persone non possiedono
un loro valore anche indipendentemente dalla procreazione di una nuova vita
e dal fatto che sia una relazione omosessuale o eterosessuale? Se
un’amicizia e un’unione partenariale omosessuale vincolante ha in quanto
tale un grande valore, allora si può escludere quell’intimità che si
esprime nel rapporto sessuale?L’incontro fra due persone orientate in
senso omosessuale non può essere anche un valore che merita di essere
accolto e onorato? Queste relazioni sostenute dall’amore, dalla fedeltà e
dalla responsabilità non vanno considerate e rispettate anche e soprattutto
dalle cristiane e dai cristiani? (Ibid, pp. 114-115).
- Anche l’unioni omosessuali possono e debbono portare frutti, realizzare
una vera fecondità nel dono reciproco, all’interno della coppia, ma anche
nel campo sociale, in quello politico ed ecclesiale, nei rapporti con gli
altri, nella proiezione dei due partners verso i più poveri.
“Intendo la fecondità non nel senso restrittivo della generazione fisica, ma
in un senso più ampio (generazione e donazione di vita), anche le unioni
omosessuali possono portare frutto per sé stesse e per gli altri. Possono
realizzare gli stessi significati delle unioni eterosessuali ed essere feconde,
anche se non in senso fisico. Mediante un impegno sociale la coppia omosessuale
può uscire dall’ambito privato e la sua relazione d’amore può produrre
frutti nella Chiesa e nella società”(Ibid, pp. 117).
Il pensiero di alcuni teologi moralisti
Per il teologo moralista Giannino Piana la teologia moderna parte dal
primato dell’unità della specie umana sulla differenza del genere
(maschile e femminile): il fatto di essere umano viene prima (non solo a
livello cronologico ma anche il valore) della condizione di
essere”maschio e femmina”.
Questo è confermato dalle scienze biologiche che hanno messo in luce il
fatto che il dimorfismo sessuale è relativo, cioè dipende ed è
ascrivibile solo al sesso genetico, genitale e gonadico (testicoli ed ovaie).
“Fondamentale è anzitutto il contributo delle scienze biologiche, che hanno
vieppiù messo in luce – grazie soprattutto alle scoperte avvenute in campo
genetico – la relatività del dimorfismo sessuale ascrivibile soltanto al
sesso genetico, genitale e gonadico, e dunque il carattere di continuità con
cui si presenta ciascuno degli altri elementi (sesso ormonale, caratteri
sessuali secondari, ecc. cfr. credere oggi, persone omosessuali, Edizioni
Messaggero Padova 1980, marzo-aprile 2000, p. 49).
Inoltre, sempre la teologia recupera il valore della relazione, come
dimensione costitutiva dell’essere umano. Da ciò deriva la convinzione che le
differenze tra maschio e femmina si pongono dentro una unità
originaria che precede le differenziazioni e inoltre queste differenze sono
molto più limitate rispetto agli elementi comuni.
La filosofia contemporanea, partendo dalle conclusioni delle scienze umane ha
sottolineato il fatto che il maschile e il femminile non sono due
realtà radicalmente separate o contrapposte, ma sono dimensioni
costitutive dell’essere umano, sono presenti sia nella donna che nell’uomo,
pur con modalità quantitative diverse che danno origine a vere e proprie
differenze qualitative.
Si può dire che non esiste sistema sociale in cui non siano chiaramente fissati
quali caratteri debbano essere considerati tipici per ognuno dei due sessi. E’
peraltro importante rilevare che tra i due stereotipi sessuali, anziché
esistere un rapporto di contrapposizione, sussiste una modifica correlazione di
somiglianza. E’ quindi erroneo ritenere che il “maschile” significhi il
contrario di “femminile” e viceversa. La psicologia trova conferma a questa
‘somiglianza’ fra maschio e femmina in dati di ordine fisiologico, dai quali
risulta che in ciascuno dei due sessi sono costantemente evidenziabili anche
elementi sessuali di quello opposto. L’affermazione che ogni ‘organismo’
sia, fini a un certo punto, bisessuale risale già all’antichità classica
(vedi la simbologia and rogina) e ha ricevuti alla fine dell’ottocento e agli
inizi del novecento la sua moderna formulazione psicologica (Adler, jung,
ecc.)”(Cfr. Ibid., p. 50).
Queste affermazioni antropologiche sembrano trovare legittimazione nei due
racconti biblici della creazione (Gen. Cc. 1-2). Adamo è figura
collettiva per indicare l’umanità, non un individuo singolo. Secondo gli
esegeti esso indica anche il fatto che l’umano si presenta fin dal
principio”come unità che si esprime e si realizza in una differenza; in altri
termini che la differenza viene dopo (e non solo cronologicamente) l’unità e
che è a quest’ultima del tutto subordinata.
La conferma a questa interpretazione è nell’uso del singolare nei
versetti in cui si parla dell’umano, della creatura, creata a
immagine di Dio.
L’essere umano indipendente e prima della diversità sessuale è icona,
immagine, imago Dei:
“Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò” (Gen.
1, 27ab).
L’uso del plurale avviene subito dopo quando si mette a fuoco la
differenza sessuale:
“maschio e femmina li creò”(Gen 1,27c).
L’immagine di Dio sta quindi nella differenza sessuale, ma l’immagine è
nella relazione d’amore tra i due essere, indipendentemente dal sesso.
- Tutto ciò è in linea con la antropologia filosofica moderna che
afferma che la relazione, il rapporto tra esseri umani, aldilà
del sesso, è realtà sostanziale e fondante (non un fatto
sopraggiunto, secondario e accidentale).
L’essere umano è tale solo se nel rapporto con l’altro / altra.
- Come conseguenza, il fatto della relazione come realtà fondante
l’essere umano, porta a superare la tesi tradizionale in base alla
quale solo il rapporto sessuale tra uomo e donna è secondo natura,
mentre il rapporto omosessuale è contro natura e quindi da condannare,
perché intrinsecamente cattivo.
- Oggi, teologia e filosofia, sottolineano il primato (cioè il venir prima)
della relazione che unisce sulle differenze”in quanto, pur essendo
il rapporto uomo-donna il modello fondativi, esso non esaurisce in sé tutte
le possibili modalità espressive della relazionalità; anzi diventa la
radice da cui si dipartono tutte le altre relazioni e il paradigma cui esse
devono ispirarsi se intendono conservare il loro carattere pienamente
umano”(Cfr. Ibid pp. 51-52).
- Le Scritture ebraiche evidenziano con chiarezza la priorità, il
primato della relazione nella struttura originaria dell’umano.
Nella Genesi 1,27° si dice che Dio creò l’umano (uomo e donna) e nella
loro relazione d’amore sono immagine di Dio (Gen. 1,27b). Poi l’autore
sacro nota la differenza sessuale (Gen. 1,27c).
La prima relazione è quella tra uomo e donna, ma non in modo esclusivo: infatti
due che si amano sono imago Dei: “Esso (il primato della relazione, ndr.)
non è infatti riferito, nel testo della Genesi, soltanto alla singola persona,
ma anche (e soprattutto) alla realtà della relazione, che ha nel rapporto
uomo-donna il principale referente e che si estende tuttavia, in senso
allargato, ad ogni altra forma di rapporto interumano. La sottolineatura del
valore decisivo che riveste la relazione, accanto al riconoscimento, sopra
evidenziato, dell’unità originaria dell’umano, pur non comportando il
disconoscimento dell’importante significato della differenza sessuale, mette
tuttavia in luce il carattere secondario e dipendente che essa riveste di fronte
all’attuazione dell’esperienza relazionale” (Cfr. Ibid, p. 52).
- Nelle Scritture cristiane Dio si rivela relazione e comunione di persone:
è un Dio unico-trinitario dove la relazione è costitutiva dell’essere
stesso di Dio:
- “La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione
dello Spirito Santo siano con tutti voi”(2Cor. 13,13).
- Gesù, nel vangelo, relativizza istituzioni tradizionali come il
matrimonio e la famiglia di fronte all’assoluto che è il regno di Dio,
amplifica e da’ molta importanza a un ventaglio di relazioni umane:
Mentre diceva questo, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse:
“Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!” Ma
egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la
osservano!” (Lc. 11, 27-28).
Entrò in una casa e si radunò di nuovo a Lui molta folla, al punto che
non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per
andare a prenderlo; poiché dicevano: “E’ fuori di sé”… Giunsero sua
madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno
era seduta la folla e gli dissero: “Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue
sorelle sono fuori e ti cercano”. Ma egli rispose loro: “Chi è mia madre e
chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano
seduti attorno, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà
di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre” (Mc. 3, 20-21.
31-35).
Paolo in un famoso brano parla del superamento di tutte le differenze
sociali, religiose e sessuali, per instaurare relazioni nuove di convivenza dove
si intrecciano e si mescolano razze, culture e religioni: “Non c’è più
giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né
donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”(Gal. 3, 28). Rimane il
valore della differenza del genere (maschio e femmina), rimane lo statuto
bisessuale dell’essere umano, però nell’ottica di una più ampia struttura
relazionale non secondaria.
Orientamenti
- Occorre passare dal modello naturalistico al modello relazionale
secondo il quale la bontà morale del rapporto risulta dalla capacità che
esso ha di esprimere”in modo profondo, autentico, coinvolgente il mondo
interiore di due persone, di creare cioè la condizioni per lo sviluppo di
una vera interpersonalità, la quale si realizza solo nella misura in cui si
abbandona la tentazione di trattare l’altro (l’altra) come oggetto e si
riconosce invece la sua unicità irripetibile e la sua inestimabile dignità”(Cfr.
Ibid, p.53).
Interessante a questo proposito è il principio kantiano:”agisci sempre
trattando l’altro come fine, e mai come mezzo”.
- La relazione eterosessuale sia per la prevalenza quantitativa sia
per il fatto che riflette l’originario statuto bisessuale dell’umano,
è, a livello oggettivo, la forma completa di relazione, perciò è il
paradigma di ogni altra forma di relazionalità.
- La relazione omosessuale manca per ora di un riconoscimento
ufficiale a livello giuridico, come manca, a livello naturale di fecondità
procreativa. Non per questo però è priva di valore, di amore vero e di
aperture feconde. Occorre riconoscere il valore di ogni relazione autentica sia
etero che omo; occorre inoltre accettare e vivere in modo sereno la
propria condizione in un clima di pace interiore, superando ogni
sentimento di colpevolezza paralizzante.
Per il teologo moralista Leandro Rossi la castità era in passato
intesa come astinenza sessuale, ora viene presentata così:”sessualità
messa al servizio della vita, dell’amore, non solo del piacere”.
Essere casti significa essere liberi per amare.
Come deve essere vissuta la castità?
- La posizione tradizionale parlava e parla per gli eterosessuali, di
astinenza sessuale prima del matrimonio e di castità all’interno del
matrimonio: fare sesso per amore, ma aperto alla vita, alla procreazione.
- Per gli omosessuali l’unica castità possibile è l’astinenza
sessuale:
“In passato li spingevano (gay e lesbiche ndr.) anche a sposarsi con una
persona dell’altro sesso, facendo l’infelicità di tre o più persone.
Oggi pare che questo non succeda più. Ma rimane il problema di
un’astinenza che può durare tutta una vita. E che non è una scelta,
perché anche la mia di prete dovrebbe durare tutta la vita, ma è il frutto
di una decisione iniziale chiara e precisa”(AA. VV., Il posto
dell’altro, op. cit., p. 20).
- In questo periodo molti teologi percorrono piste più umane:
L’omosessualità non è contro natura. Se uno dice così”non tiene conto
del fatto che ci sono omosessuali che lo sono dalla nascita, mentre altri,
se lo sono poi diventati, sono divenuti tali in maniera irrevocabile. La
natura di queste persone pur sapendo benissimo che sarebbero state così e,
nonostante questo, l’ha fatto ugualmente. Ciò significa che queste
persone hanno una loro vocazione propria, che la loro omosessualità è una
vocazione che Dio ha dato loro al momento della creazione”(Ibid., p.21).
Questa tesi è così supportata dal teologo L. Rossi:
- Il Concilio Vaticano II ha ribadito la libertà di coscienza di ogni
persona, che tutti debbono rispettare e che resta il criterio
ultimo per ogni scelta, anche per gli omosessuali.
- Secondo la Chiesa cattolica, l’incontro dei corpi deve sempre
essere aperto alla fecondità. Ma infecondo è anche il matrimonio degli
anziani e di giovani coppie sterili: per cui il criterio della non
possibilità di procreare non depone a sfavore delle unioni omosessuali.
Per il teologo don Franco Barbero la omosessualità non è una scelta ma
una condizione.
“Perciò il vivere un rapporto stabile e fedele è davvero una scelta matura
che molti gay e lesbiche cercano con tutto il cuore (F. Barbero, L’ultima
ruota del carro, Associazione Viottoli, Pinerolo 2001, p. 96).
- E’ normale l’intimità sessuale all’interno di una coppia
omosessuale monogamica:”Non possiamo chiedere agli omosessuali di
praticare il celibato. L’amore e le sue espressioni in ogni forma di
attività umana, inclusa la sessualità, sono una dimensione indispensabile
della realizzazione umana”(Ibid p. 98).
- Una coppia omosessuale monogamica può adottare bambini, se risulta
psicologicamente adatta a questo compito genitoriale:
Non c’è ragione morale o religiosa per la quale due uomini o due donne non
possono creare relazioni monogamiche, attente e amorevoli, e famiglie. Le coppie
omosessuali possono allevare alla perfezione figli sani. In effetti, dati i
disastri dell’educazione infantile di cui siamo testimoni all’interno di
famiglie eterosessuali, è difficile immaginare come genitori omosessuali
possano fare di peggio”(Ibid., p.99).
- E’ giusto dare una benedizione e pregare per le coppie omosessuali
durante e dopo l’Eucaristia.
Il vescovo Luigi Bettazzi, padre conciliare, inneggia al valore della
sessualità come espressione d’amore, richiamando quanto ha detto il
Concilio Vaticano II in proposito: “Questo (il Concilio Vaticano II, ndr.) ha
avviato il ricupero del senso fondamentale della sessualità, che è quello
della relazione dell’altro, facendogli perdere un giudizio, implicito, ma
diffuso, che cioè il sesso fosse una brutta cosa (all’estremo opposto della
castità, che era ‘la bella virtù’); da tollerare soltanto quando era
proprio indispensabile, come nel momento di ‘fare figli’ … Credo che il
grande problema rimanga questo: una volta riconosciuto il valore
dell’affettività omosessuale, fin dove questa potrà spingersi, sul piano
morale e poi sul piano giuridico? E’ importante che se ne parli, con serietà
e serenità…” AA .VV. Il posto dell’altro, op. cit., pp. 9-10).