IL PANE E IL SALE TRA LE RELIGIONI
Nessuna cultura ha i conti in regola nei
confronti dell´umanità. Sia per l´islam che per il cristianesimo, rifarsi ai
quadri mentali di periodi storici definitivamente passati non aiuta la ricerca e
la promozione del dialogo fra popoli e culture. La nostra epoca ha la strana
caratteristica di ricorrere frequentemente a un´intelligibilità medievale per
cercare le risposte che la storia dell´oggi sembra non dare. Così, sia tra i
musulmani che tra i cristiani, si rievocano testi di un´epoca remota, epoca che
però sembra ritornare in vita a velocità vertiginosa. Questo fenomeno io lo
chiamo cortocircuito della storia, in quanto siamo incapaci di farci promotori
di una nuova storia, che sarebbe tanto necessaria.
Sconcerta la violenza nel mondo musulmano; ma sconcerta anche che si continui a
sottovalutare chi nell´islam e nel mondo musulmano si fa promotore del dialogo,
di un autentico dialogo. Si invoca la debolezza, il carattere di minoranza di
chi nel mondo islamico si fa promotore dei valori democratici. Ma oggi, sia per
i musulmani sia per i cristiani e l´occidente, è in atto una vera e propria
malattia della percezione dell´altro. Mi sono spesso chiesto il perché di una
tale situazione, rifiutandomi sempre di cadere nella trappola degli stereotipi:
trappola con cui – sia nell´islam che in occidente – si cerca attraverso le
opinioni pubbliche di trascinare intere masse verso una deriva in cui non vi è
più alcun riparo per l´umanità, ma solo distruzione e catastrofe. Verrà
infine il giorno in cui la colomba deporrà quel ramo d´ulivo descritto dal
Corano nella sura della Luce, un ulivo né d´oriente né d´occidente? Perché
ciò avvenga è necessario avviare entrambi un lavoro sulla memoria e sulla
storia: perché sembriamo non accorgerci che il male che ci sta attraversando è
dovuto a un divorzio fra storia e memoria. Come costruire questa memoria
condivisa nel rispetto dei diversi monoteismi? Come fare affinché nessuno si
senta schiacciato dalle derive della propria storia? Come trovare quella
sorgente senza la quale la memoria si asciuga e si esaurisce fino a non esistere
più? Il filosofo Paul Ricoeur ha chiamato tutto ciò il perdono. Dovremmo
pensare a un´etica del perdono fra islam e occidente, per poter ricominciare a
camminare insieme, per difendere i valori dell´umanità, della creazione, del
Creatore. Questo è il compito immenso cui il nuovo secolo ci chiama. Un nuovo
senso di responsabilità è necessario per tutti, e ovunque; lasciare avanzare l´incomu-nicabilità
rappresenta un pericolo troppo grande. So che ogni domenica durante la messa i
cattolici si scambiano un saluto fraterno; i musulmani fanno lo stesso il venerdì.
Se perdiamo il senso di fratellanza ci avviamo verso un mondo sempre più arido
e cupo, e saremo dimissionari di fronte a una storia che ci richiede ben altro.
Sì, io penso ancora che al di là delle lingue e delle religioni gli uomini
sono miei fratelli; so bene che non è una facile utopia, ma è qualcosa che
dobbiamo riconquistare, di cui dobbiamo riappropriarci, per ricucire il divorzio
fra storia e memoria, e tornare a condividere il pane e il sale