SENZA PRIVILEGI E SENZA STELLETTE. "MOSAICO DI PACE" RILANCIA LA PROPOSTA DI SMILITARIZZARE I CAPPELLANI
ADISTA n° 81 del 18.11.200633628. BISCEGLIE(BA)-ADISTA. Sciogliere gli
Ordinariati militari e smilitarizzare i cappellani degli eserciti. È la
proposta di Pax Christi, rilanciata sulle pagine di "Mosaico di Pace",
il mensile promosso dal movimento cattolico pacifista, che nel numero di
novembre pubblica un dossier sul tema Chiesa-pace-guerra dal titolo "Dio,
lasciamolo in pace".
L'idea di Pax Christi non è nuova. Già nel 1995, al convegno della Chiesa
italiana a Palermo, il movimento allora guidato da mons. Diego Bona rivolse un
appello alla Chiesa italiana (firmato, fra gli altri, dai vescovi Luigi Bettazzi,
Giancarlo Bregantini e Raffaele Nogaro, v. Adista n. 81/95) per la
smilitarizzazione dei cappellani militari, cioè lo sganciamento dalla gerarchia
militare dei preti che fanno assistenza spirituale ai soldati nelle caserme e
nelle missioni all'estero: "Pax Christi chiede, nuovamente, che si ritorni
a discutere sul ruolo dei cappellani militari, non per togliere valore alla
presenza e all'annuncio cristiano tra quanti, soprattutto giovani, stanno
vivendo la vita militare, ma per essere più liberi, senza privilegi e senza
stellette". Venne poi riproposta nel 1997, in occasione del Congresso
eucaristico di Bologna, prendendo spunto dal fatto che la celebrazione di una
delle messe del Congresso era stata affidata a mons. Giuseppe Mani, allora
Ordinario militare: la smilitarizzazione dei cappellani militari, disse allora
Pax Christi, "potrebbe essere un gesto significativo e concreto di
conversione, proprio in occasione del Congresso eucaristico, anche alla luce del
Giubileo del 2000, per iniziare il terzo millennio più fedeli al Vangelo di
Cristo nostra pace" (v. Adista n.67/97).
E ora, a dieci anni di distanza, proprio all'indomani della conclusione del V
Convegno internazionale degli Ordinariati militari (v. notizia precedente), la
proposta viene rilanciata con forza da "Mosaico". "È un problema
di Chiesa, di tutta la Chiesa italiana – si legge nell'articolo di don Renato
Sacco, il curatore dello speciale –: per questo è auspicabile una riflessione
aperta, serena ma ferma sul ruolo dei cappellani militari e sulla loro completa
integrazione all'interno dell'apparato militare". A partire da alcune
domande fondamentali: "come mai – scrive don Sacco – esiste un
seminario per la formazione dei cappellani militari?". "Perché non
scegliere anche per i cappellani nell'esercito un ruolo di presenza sul modello
della Polizia di Stato o degli Istituti penitenziali, dove i cappellani non sono
inquadrati nella struttura? Insomma, un ministero di accompagnamento spirituale
ma libero dalle stellette, libero anche dal lauto stipendio e dai privilegi
dovuti al fatto che si è parte della gerarchia militare".
Quello della "militarità" dei cappellani – ossia dell'appartenenza
alla gerarchia e alla struttura militare con tanto di gradi, a partire
dall'Ordinario che è nominato Generale di Corpo d'Armata – è il nodo su cui
insistono anche altri due interventi del dossier, quello del teologo Giuseppe
Mattai (che si sofferma sui rapporti fra teologia, pace e guerra) e quello di
mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, che invece analizza il magistero
della Chiesa sulla pace e sulla guerra. "Appare difficile – spiega Mattai
– asserire che il loro inserimento (quello dei cappellani, ndr) con stellette
e gradi consenta una presa di coscienza e una libera espressione dei valori
della pace e della nonviolenza o, quando fosse necessaria, l'obiezione di
coscienza". E ancora più netto è mons. Bettazzi: "I cappellani
militari – scrive – inseriti strutturalmente nell'esercito, devono esaltarne
l'esistenza e i compiti, contestando e svalorizzando l'obiezione di coscienza
(come fecero nella vicenda che portò alla condanna di don Milani e di padre
Balducci) o illustrando come gesti di carità quelli dell'aviatore che esce per
bombardare e avviare così il processo di pace (come si disse all'epoca della
guerra in Kosovo)".
La proposta alternativa di Pax Christi è chiara: sciogliere gli Ordinariati
militari, smilitarizzare i cappellani e affidare la cura pastorale dei soldati
ai ‘semplici' preti. Scrive infatti don Sacco: "Perché allora non
tornare a essere preti come gli altri, inseriti in una diocesi come le altre?
Perché non affidare la cura pastorale dei militari alla parrocchia nel cui
territorio sorge la caserma?". (l. k.)