la battaglia del teologo singalese contestato dal Vaticano

Roma scomunica... poi torna sui suoi passi

 

Pronunciata un anno fa, la scomunica che ha colpito un teologo di Sri Lanka è stata ufficialmente ritirata dal Vaticano il 15 gennaio scorso. Padre Tissa Balasuriya era stato escluso dalla comunione della Chiesa cattolica, senza diritto di replica, né di appello, per aver cercato di adattare la sua fede al contesto dello Sri Lanka e dell'India, dove i cristiani rappresentano, rispettivamente, solo l'8 e il 2 per cento della popolazione. Il caso, concernente un teologo della"periferia del mondo", ha messo in luce fino a che punto il cristianesimo attuale sia soprattutto occidentale.
 

di François Houtart*

 

da Le monde diplomatique 2.1998

Il 2 gennaio 1997 la Congregazione della dottrina per la difesa della fede (Cdf), presieduta dal cardinale Ratzinger, notificava la scomunica a padre Tissa Balasuriya (1) Sacerdote di nazionalità singalese, quest'uomo di settantatre anni si vedeva così colpito dalla più severa delle sanzioni di cui dispone la Chiesa cattolica. Il suo"crimine" consisteva nell'aver pubblicato, sette anni prima, un libro dal titolo Marie ou la libération humaine (2)
L'opera, di cui sono state tirate poche centinaia di copie, sarebbe forse passata inosservata se la Conferenza episcopale singalese non si fosse dichiarata scandalizzata, fin dalla sua uscita, e non avesse fatto ricorso alla Congregazione della dottrina, un tempo detta del Sant'Uffizio (a sua volta erede del tribunale dell'Inquisizione). La scomunica per eresia significa esclusione dalla Chiesa e rappresenta una pena ben più pesante di tutte le misure prese nei confronti di altri teologi, europei o americani, o contro i preti che avevano partecipato al governo sandinista del Nicaragua durante gli anni Ottanta, o anche nei confrondi del teologo brasiliano Leonardo Boff (3)
Nel caso di padre Balasuriya si è determinato un conflitto per molti versi identico a quello che continua a esistere tra Roma e i teologi della liberazione dell'America latina (4). Un conflitto che vede in campo due visioni teologiche diametralmente opposte. Per gli uni l'espressione teologica passa necessariamente per il canale del magistero, ovvero della gerarchia ecclesiastica. Per gli altri costituisce una riflessione all'interno di un contesto in continuo rinnovamento: quello della storia umana, che si trasforma in vero e proprio soggetto teologico.
Padre Balasuriya s'inscrive in questa seconda corrente, privilegiando, come i teologi latino-americani, l'interesse per i più poveri e la lotta per la giustizia sociale. E' così che, nella sua ultima opera, si distacca dalla mariologia tradizionale che, ci dice, presenta Maria"ora come un'arma offensiva: Maria delle Vittorie, in nome della quale si è sparso sangue; ora come una figura umile, obbediente e sottomessa, presentando così un'immagine di asservimento femminile"."Ho cercato di capire, aggiunge, chi è veramente Maria... [Si tratta di] una donna forte, adulta e coraggiosa". La sua visione della madre di Gesù sostiene, nei paragrafi incriminati estratti dal libro, che:"Un approccio mariano al terzo mondo dovrebbe ispirarsi alla sensibilità e al progetto incarnato dal Magnificat: nutrire gli affamati e sollevare gli umili".
Su questo punto padre Tissa Balasuriya è particolarmente incisivo. Ogni volta che affronta le questioni teologiche lo fa in relazione alla liberazione dei popoli oppressi. E del resto è autore di numerosi saggi sulla giustizia sociale (5), scritti in cui descrive lungamente le condizioni di centinaia di milioni di oppressi, soprattutto in Asia. Vi denuncia la condizione delle donne, private delle cure più elementari e che muoiono di parto tutti gli anni; quella dei milioni di bambini che scompaiono in tenera età o ancora quella delle operaie e degli operai sfruttati da un capitalismo senza scrupoli, soprattutto nelle zone franche.
La questione del potere nella Chiesa Dunque per il teologo srilankese Maria è prima di tutto una donna che ha conosciuto, a sua volta, la povertà, l'ingiustizia e l'esilio, prima di vivere il rifiuto e l'esclusione di suo figlio, la sua agonia, e infine la sua morte. Padre Balasuriya nella sua opera affronta da una prospettiva asiatica una serie di temi particolarmente delicati, come l'Immacolata Concezione, la verginità di Maria, il sacerdozio delle donne. Egli crede, in effetti, che la fede cristiana attuale si esprima nel quadro di una certa visione occidentale, troppo lontana dalla mentalità asiatica.
Nonostante si sia degnata di riconoscere al sacerdote alcune lodevoli intenzioni (come quella di facilitare il dialogo tra cristianesimo e religioni orientali, o di presentare un'immagine positiva della femminilità di Maria), la Congregazione romana si è molto più accanita nel denunciare la rimessa in discussione di punti essenziali della fede cristiana. In un documento di undici pagine, la Cfd elencava, nel luglio 1994, la lista delle colpe gravi commesse dal teologo nella sua opera Marie ou la libération humaine. Padre Balasuriya vi si vedeva accusato alla rinfusa di mettere sullo stesso piano tutte le religioni e i loro fondatori, di fare della dottrina del peccato originale un'ipotesi e un mito, di seminare il dubbio sulla nascita verginale, di sottovalutare l'importanza della tradizione, di non riconoscere il ruolo dell'autorità nella Chiesa, di minare il dogma dell'infallibilità del Papa e infine di essere favorevole al sacerdozio delle donne.
L'accusato non accetta quanto ritiene un coacervo di generalizzazioni improprie, di equivoci e perfino di falsificazioni del suo libro e del suo pensiero. Così, a sua volta, nel marzo 1995 fa pervenire alla Cfd una risposta consistente in un testo di cinquantacinque pagine. Al tempo stesso, per dimostrare l'autenticità della sua fede, vi si dichiarava pronto a sottoscrivere il credo di Paolo VI (6). Pur sottolineando le divergenze rispetto a Roma circa il modo di fare teologia, replicava a ciascuna delle accuse rivoltegli, refutandole e aggiungendo ogni volta un commento sulle sue convinzioni, cosa sentita dalla Congregazione romana come un'ulteriore disubbidienza e una nuova provocazione. Scriveva per esempio di non negare il peccato originale,"nella misura in cui tutti noi sperimentiamo un'inclinazione al male". Allo stesso modo rifiutava l'accusa di aver negato la divinità di Gesù e il concepimento verginale, senza però rinunciare a proporre ancora una volta la domanda:"Cosa ci sarebbe di male a essere una madre normale, secondo la natura umana, così come l'ha fatta il Creatore?".
Quel documento, com'è facile immaginare, non è stato gradito in Vaticano. La risposta della Congregazione della dottrina per la difesa della fede è piombata come una mannaia:"Insoddisfacente".
Padre Balasuriya fu informato della scomunica dopo un lungo scambio epistolare, senza incontri o dialogo. Peggio ancora: l'ultimo contatto col Vaticano prima della condanna prese la forma di una vera e propria ingiunzione. Nel maggio 1996, il teologo si vide chiamato a sottoscrivere una dichiarazione di fede redatta dalla Congregazione romana, nella quale riconosceva solennemente l'infallibilità pontificia, la verginità di Maria, Dio come autore dei Libri della Bibbia, nonché l'origine divina (e non socioculturale) dell'interdizione al sacerdozio per le donne.
Un'imposizione del genere non poteva che risultare inaccettabile per padre Balasuriya, che rifiutò di cedere. Invece appose la sua firma in calce alla professione di fede di Paolo VI, precisando che lo faceva nel"contesto dello sviluppo teologico e delle pratiche della Chiesa dopo il Concilio Vaticano II e della libertà e responsabilità dei cristiani e dei teologi, stabilite dal diritto canonico". La Congregazione romana non apprezzò quel nuovo atto di indipendenza e pronunciò allora la scomunica, la prima nei confronti di un teologo dopo il Concilio Vaticano II (7). L'interessato allora fece appello alla Segnatura apostolica (il tribunale supremo del Vaticano) che concluse che non c'era ricorso possibile, poiché il Papa aveva approvato personalmente e in maniera specifica quella sanzione.
Una gran parte delle accuse mosse al teologo singalese ricordavano quelle mosse ai teologi latino-americani della liberazione negli anni Ottanta. I discorsi del cardinale Ratzinger, il 24 gennaio 1997, in occasione di una conferenza stampa a Roma, sono del resto rivelatori. Non si possono ridurre le divergenze tra padre Balasuriya e la Congregazione romana alla questione dell'ordinazione femminile al sacerdozio, sottolineava in sostanza il presidente della Cfd, perché nel libro Marie ou la libération humaine sono tante le affermazioni assolutamente inaccettabili. Ratzinger non nascondeva tra l'altro il riferimento all'influenza del marxismo sul pensiero dell'autore e sulla sua opera, in particolare quando padre Balasuriya affronta il tema del potere nella Chiesa. Proprio questa potrebbe essere la posta in gioco dell'"affaire Balasuriya". E bisogna riconoscerne la rilevanza, poiché la riflessione proposta da numerosi teologi presuppone un'altra concezione dell'autorità nella Chiesa. Per la Congregazione romana il magistero è il detentore esclusivo della verità. Per una nuova generazione di teologi, è piuttosto un catalizzatore.
Secondo questi ultimi è più importante porsi in ascolto delle diverse espressioni della fede in un mondo in cui l'Occidente ha perduto la sua egemonia culturale. Si tratta di favorire la comunicazione tra cristiani, di aiutarli a sostenersi a vicenda e a trovare insieme il senso, in questo scorcio di millennio, dell'espressione e della pratica della fede ispirata dal Vangelo.
Il cardinale Ratzinger ha un bel difendersi dall'accusa di"voler imporre una teologia particolare, come unica e normativa"; di fatto riduce lo spazio della diversità autorizzata, culturalmente marchiato dall'Europa e fortemente segnato dall'apparato gerarchico (8). Col suo pensiero e i suoi scritti contestatari, il teologo solleva la questione dell'autorità nella Chiesa, e per questo rappresenta una minaccia per il Vaticano.
A questo si aggiunge un altro elemento, quello della dottrina sociale della Chiesa cattolica. Giovanni Paolo II rivendica in questo campo uno statuto privilegiato che porrebbe quella dottrina al di sopra di ogni critica da parte delle scienze umane. Se denuncia con forza le ingiustizie in nome del Vangelo, è però ben lontana dal mettere in discussione i rapporti sociali dell'economia capitalista. Ciò permette alla Chiesa di coesistere con quel sistema e di svolgere un ruolo di istanza critica, di denuncia degli abusi del capitalismo, e dunque in fin dei conti permette la sua riproduzione. Mentre padre Balasuriya e i teologi della liberazione vanno più lontano, contestando la logica stessa del capitalismo e la legittimità del suo funzionamento, fonte di ineguaglianza e di ingiustizie.
Un avvertimento ai vescovi asiatici L'Asia è una realtà multiforme e complessa. In quel continente, caratterizzato da condizioni di estrema povertà, si sono radicate grandi tradizioni di pensiero religioso (9). Sono questi gli aspetti che alcuni intellettuali cattolici, sacerdoti o laici, desiderano mettere in luce, in stretto collegamento con i protagonisti dei movimenti sociali.
Sembra proprio che la Santa sede abbia voluto lanciare un avvertimento alle chiese asiatiche. Un sinodo delle chiese asiatiche dovrebbe infatti tenersi a Roma nell'aprile del 1998, dopo quelli che hanno visto riunirsi, in questi ultimi anni, i vescovi d'Africa, d'America, e d'Europa. Ma il documento preparatorio elaborato dal Vaticano all'inizio del 1997 è fortemente critico nei confronti dei vescovi giapponesi. Per questi ultimi quel testo dimostra"una mancanza di comprensione della cultura asiatica".
La sanzione inflitta a padre Balasuriya, a prima vista di una durezza incomprensibile, può dunque, in questo contesto, essere interpretata come un'intimazione diretta al cattolicesimo asiatico, tentato di prendersi troppe libertà nei confronti delle posizioni del Vaticano.
Ma la scomunica ha scioccato più d'uno, in particolare in Asia, dove le reazioni sono state molte e vigorose: la congregazione religiosa dell'interessato, gli Oblati di Maria Immacolata (10), branca singalese, così come la Commissione asiatica per i diritti umani, l'Associazione ecumenica dei teologi d'Asia, l'Associazione internazionale dei teologi del terzo mondo, il Forum delle religioni per la solidarietà mondiale o ancora il Movimento degli studenti cattolici d'Asia e del Pacifico, hanno protestato e manifestato apertamente la loro solidarietà con l'interessato. Ci sono state perfino manifestazioni di buddhisti e di induisti.
Anche nel resto del mondo molti si sono schierati dalla parte dello scomunicato. La sezione belga dell'Associazione dei teologi cattolici e numerosi organismi di laici o di religiosi dell'America del Nord, dell'Australia e dell'Europa hanno reagito, né vanno dimenticati teologi famosi come il gesuita indiano Samuel Ryan o il domenicano australiano Phillip Kennedy. Dal mondo intero più di diecimila lettere di solidarietà sono state inviate al prete"eretico".
Padre Tissa Balasuriya ha senza dubbio sofferto della scomunica che l'ha colpito. Questa punizione è venuta a interrompere brutalmente una vita di lavoro intellettuale e spirituale al servizio della Chiesa; ma ritenendo di essere stato oggetto di un'ingiustizia (11), il sacerdote ha continato a celebrare tutti i giorni la messa e a denunciare le situazioni che, in ogni parte del mondo e soprattutto in Asia, costituiscono un attentato alla dignità della persona umana. E l'ha fatto richiamandosi al Vangelo.
Roma è poi tornata sui suoi passi e ha ritirato la sanzione. Il processo a Giovanna d'Arco non fu forse rivisto proprio in virtù del diritto alla difesa? E' da poco che a Roma è stato dato inizio alla pratica di beatificazione di Savonarola. Eppure il celebre predicatore era stato scomunicato da papa Alessandro VI Borgia nel 1497, prima di essere impiccato e poi bruciato a Firenze!"La sua riabilitazione spiegava il comunicato diffuso dal Vaticano fu annunciata da Giovanni Paolo II, nel contesto della penitenza per gli errori storici commessi dalla Chiesa"... Nel caso di padre Balasuriya c'è mancato poco che si dovesse aspettare l'anno di grazia 2498.

note:
* Professore emerito all'università cattolica di Lovanio, in Belgio.
(1) Si trattava di una scomunica latae sententiae, ovvero automatica, comportata dal semplice fatto che è stato commesso un delitto, senza che ci sia bisogno di processo o di qualunque altra procedura.
(2) Tissa Balasuriya, Marie ou la libération humaine, cui fa seguito Chronique d'une excommunication annoncée, dossier completo riunito da Christian Terras, éditions Golias, Villeurbanne, 1997. Non è tradotto in italiano.
(3) Uno dei grandi nomi della teologia della liberazione in America latina, cui fu interdetto l'insegnamento nel 1992 perché colpevole di"deviazione dottrinale". Il domenicano, divenuto professore di etica e di teologia all'università di Rio, aveva allargato il quadro abituale della teologia della liberazione, integrandovi anche le dimensioni indigene, femministe ed ecologiste. Cfr. Leonardo Boff, Gesù Cirsto liberatore, Cittadella (Orizzonti Nuovi), 1990.
(4) Cfr. tutto il dossier speciale dedicato a questa questione"De la conquÉte de l'Amérique à la controverse de Saint-Domingue", Golias Magazine, n.31, autunno 1992, BP 3045-69105, Villeurbanne, Cedex.
(5) Nessuno è stato tradotto dall'inglese o dal singalese Marie ou la libération humaine è la prima opera di padre Tissa Balasuriya tradotta dall'inglese e pubblicata in un paese europeo.
(6) Esposizione solenne dei dati essenziali della fede cattolica, redatto e presentato da Paolo VI il 30 giugno 1968, nella forma di un credo tradizionale, ma più aperto, più pastorale che dogmatico.
(7) Il capofila dei cattolici integralisti francesi, Monsignor Marcel Léfebvre, deceduto nel 1991, non era teologo. E' stato scomunicato il 30 giugno 1988 per ragioni disciplinari e di rottura della tradizione ecclesiastica.
8) Cfr. Giancarlo Zizola,"Le nuove armi del Vaticano", le Monde diplomatique/il manifesto, gennaio 1998 e Rémy Hobding,"Drewermann l'imprécateur", le Monde diplomatique, luglio 1997.
(9) Cfr."Asie religieuse, chiffres et données", Eglise d'Asie, 1995, Paris.
(10) Congregazione missionaria fondata nel XIX secolo a Marsiglia.
(11) Cfr."Marie source de disgrëce", L'Actualité religieuse, Paris, n. 152, 15 febbraio 1997, e Christian Terras,"Asie, la nouvelle querelle des rites chinois", Golias Magazine, n. 52, gennaio-febbraio 1997

(Traduzione di M.B.)