IL VATICANO CORRE AI RIPARI: MEGLIO IL PRESERVATIVO DELL'AIDS
33649. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. È in fase di
elaborazione il documento vaticano sull'uso del preservativo nel contesto della
diffusione dell'Aids, già annunciato nello scorso maggio dal presidente del
Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute card. Javier Lozano Barragán
(v. Adista n. 22/06). Secondo quanto ha rivelato lo stesso "ministro della
sanità" vaticano il 20 novembre scorso, un dossier di quasi 200 pagine,
contenente un ampio spettro di posizioni, da quelle più intransigenti a quelle
più aperte, è passato ora nelle mani della Congregazione per la Dottrina della
Fede. Quello dell'uso del profilattico per contenere l'epidemia di Aids "è
un punto che preoccupa il papa", ha spiegato Barragán, aggiungendo che il
documento è stato fortemente voluto da Ratzinger per studiare la questione da
un punto di vista scientifico e teologico. Un passo avanti, dunque, nella
discussione su un tema spinosissimo nella quale la Chiesa è stata spesso
accusata di "uccidere", con il suo rifiuto dell'uso del profilattico
almeno per i malati di Aids, milioni di persone.
Barragán ai tempi di Wojtyla
Esemplare, nel 2000, la vicenda che vide opposti il Vaticano e la Conferenza
episcopale brasiliana (v. Adista n. 47/00), in occasione del Primo Incontro
sull'Aids e le malattie sessualmente trasmissibili. Meglio l'Aids che l'uso del
preservativo: questa la posizione del Vaticano di fronte ad un episcopato che,
nella persona del vescovo di Goiás Eugene Rixen, coordinatore della Commissione
nazionale sull'Aids e le malattie sessualmente trasmissibili, aveva annunciato
una posizione più morbida della Chiesa brasiliana rispetto all'uso del
preservativo per i gruppi a rischio: "Tra la camisinha (il condom in
brasiliano, ndr) e l'espansione dell'Aids, siamo obbligati a scegliere il male
minore", aveva affermato citando il card. Paulo Evaristo Arns, il quale, 5
anni prima, aveva chiesto che si cessasse di condannare il preservativo. Ma
immediata era stata la reazione di Barragán, che allora ribadì che l'uso del
preservativo, in qualunque circostanza, era contrario alle disposizioni vaticane
e come la migliore maniera di evitare il contagio dell'Aids fosse l'astinenza
sessuale e la fedeltà matrimoniale. E aveva addirittura aggiunto che se vi
erano nella Chiesa posizioni contrarie alle prescrizioni vaticane si trattava di
"opinioni isolate": "quando un vescovo si allontana dal modo di
pensare dell'episcopato – aveva affermato - è in errore". E gli aveva
fatto eco l'allora segretario di Stato vaticano card. Angelo Sodano che,
attraverso il nunzio in Brasile Alfio Rapisarda, aveva richiamato i vescovi
all'ordine.
Gli appelli dei missionari
A chiedere urgentemente una revisione del divieto dell'uso del preservativo sono
stati, negli anni successivi, i missionari impegnati quotidianamente in Africa e
nelle zone più colpite dall'Aids. I Padri Bianchi, nella persona di p. Bernard
Joinet, in Tanzania dal 1998 come cappellano e professore di sociologia clinica
all'Università di Dar es Salam, hanno dato vita all'iniziativa "Flotta
della speranza" (v. Adista n. 17/2001): in un poster, tre barche sul mare
montante dell'Aids. Fedeltà, Preservativo e Astinenza i loro nomi. "Non
restate nell'acqua! – recitava la didascalia -. Salite sui battelli. Lì è la
sicurezza".
"L'Aids uccide! Proteggiti! Proteggi gli altri!" era invece lo slogan
di un dépliant scritto e distribuito dai gesuiti di Kinshasa. "La Chiesa
non approva il preservativo – affermava allora p. Edward Rogers, ideatore del
dépliant e coordinatore del Jesuit Aids Network - ma lo deve tollerare come il
male minore". "La relazione sessuale - spiegava - è un atto d'amore
dove ogni congiunto si assume le proprie responsabilità verso l'altro e si
schiera per la vita". E in Italia, la rivista dei dehoniani
"Testimoni" si fece portavoce, nel 2002 (v. Adista n. 13/02) dei
missionari africani, chiedendo al Vaticano una retromarcia nel divieto del
condom.
Prime aperture ai vertici della Chiesa
Nel novembre 2004, la Conferenza episcopale spagnola ha aperto una breccia nella
dottrina cattolica tradizionale (v. Adista n. 7/05). Il segretario generale e
portavoce della Conferenza, il gesuita p. Juan Antonio Martínez Camino, affermò
infatti che la Chiesa riconosce che "i preservativi hanno un loro ruolo
nella prevenzione integrale e globale dell'aids" e che "è molto
preoccupata e molto interessata a questo grave problema". E avallò la
Strategia Abc (Abstinence, be faithful e condoms) resa nota contestualmente
dalla rivista scientifica inglese The Lancet e sottoscritta da 150 esperti di 36
Paesi. Immediatamente, però il Vaticano sconfessò i vescovi spagnoli e li
costrinse ad una rettifica. "Smentisco assolutamente che la Conferenza
episcopale spagnola accetti l'uso del preservativo - dichiarò allora Barragán.
"La posizione dei vescovi iberici è la stessa di tutta la Chiesa. Non si
accetta l'uso del profilattico neanche come soluzione al problema
dell'Aids". Gli fa eco il segretario del dicastero, lo spagnolo mons. José
Luis Redrado Marchite, parlando di fraintendimento della parole di Camino,
chiarite subito da una Nota dell'ufficio stampa della Conferenza episcopale
spagnola: "Non è cambiata la dottrina della Chiesa riguardo al
preservativo", vi si legge; "l'uso del preservativo implica una
condotta sessuale immorale", "l'astensione dalle relazioni sessuali
indebite e la reciproca fedeltà tra coniugi costituiscono l'unica condotta
sicura di fronte al pericolo del-l'Aids". Camino, affermano i vescovi, non
ha parlato di condom.
Ma lo stesso Camino ribadisce le sue tesi e anzi le amplifica ribadendo che la
visione della Chiesa "coincide non pienamente però sostanzialmente"
con la Strategia Abc, perché "un programma integrale di prevenzione, se
non vuole essere parziale, deve tenere conto di tutte e tre questi pilastri, in
quest'ordine, e differenziarsi secondo la gente a cui è diretto". Il
condom è dunque il "male minore" perché, se non dà totali garanzie
di sicurezza "offre minima protezione" ed è "meno
insicuro".
Il Vaticano si sposta
Le voci dall'interno della Chiesa in difesa dell'uso del preservativo come mezzo
di prevenzione per l'Aids, cominciano a moltiplicarsi. Lo stesso teologo della
Casa Pontificia, il card. George Cottier, afferma, all'inizio del 2005 (v.
Adista n. 11/05), che "l'uso del profilattico in taluni casi si può
considerare moralmente legittimo". Primo, perché "davanti ad un
rischio imminente di contagio, è difficile intraprendere la via normale di
contrasto alla pandemia, vale a dire l'educazione alla sacralità del corpo
umano". Poi, perché "il virus si trasmette attraverso un atto
sessuale; e così assieme alla vita il rischio è di trasmettere anche la morte.
Ed è a questo punto che vale il comandamento 'non uccidere'. Si deve rispettare
la difesa della vita innanzitutto.
Persino Barragán inizia a cambiare posizione: pur tuonando contro l'uso del
profilattico e rimarcando più volte che non va tollerato "nemmeno come
soluzione al problema dell'Aids", pur ribadendo ad oltranza il valore della
"castità" e della "lotta alla fornicazione", in
un'intervista a Repubblica ricorda "che esiste nella Chiesa la dottrina
classica secondo cui per difendere la propria vita si può anche arrivare ad
uccidere l'aggressore. Cioè fare tutto per opporsi all'aggressione". E nel
caso di un marito malato di Aids, è diritto della moglie, dice, "chiedere
che il coniuge usi il condom".
Che l'impiego del preservativo nella prevenzione del contagio del virus
dell'Aids sia legittimo lo affermò, nell'aprile 2005, anche il vescovo di
Limburg, in Germania, mons. Franz Kamphaus, presidente della Commissione
"Chiesa mondiale" della Conferenza episcopale tedesca (v. Adista n.
37/05). Secondo lui, "non fare riferimento ai condom sarebbe un
occultamento illecito di informazione".
Quest'anno, hanno fatto molto scalpore le parole dell'arcivescovo di Bruxelles
card. Godfried Danneels, che ha riproposto lo stesso esempio addotto da Barragán
l'anno precedente (v. Adista n. 21/06), affermando che "se un uomo malato
di Aids obbliga la moglie ad avere relazioni sessuali, lei deve poter imporre il
preservativo, altrimenti si aggiunge un altro peccato, l'omicidio" . E
subito dopo, in una lunga intervista a "L'Espresso", il card. Carlo
Maria Martini, in un'intervista-colloquio, pubblicata dall'Espresso, con Ignazio
Marino, medico di fama ed esperienza internazionale, ha ammesso l'uso del
profilattico come "male minore" nella lotta all'Aids (v. Adista n.
33/06). Gli ha risposto il solito Barragán, annunciando, questa volta, la
prossima pubblicazione del documento vaticano sul tema. (ludovica eugenio)