LAICITÀ DELLE ISTITUZIONI: VALE ANCHE PER IL FISCO
di Marcello Vigli
Chi è Marcello Vigli
Monsignor Rino Fisichella - rettore
dell’Università lateranense, consigliere di Ruini e Ratzinger, e cappellano
di Montecitorio – ospite, domenica 1 aprile, della rubrica mezz’ora
gestita dalla ex-presidente della Rai Lucia Annunziata, ha evocato con nostalgia
i bei tempi in cui il mondo laico aveva i suoi principi e le sue idee forza, in
evidente riferimento al partito comunista. Per eliminare ogni dubbio,
sollecitato dalla sua ospite, l’ha confermato. Questa conferma nei commenti
alla trasmissione è stata pressoché ignorata per dare spazio all’apertura,
avanzata dal monsignore, sul riconoscimento dei diritti dei gay in nome della
grande attenzione che la Chiesa riserva alla persona umana. Anche il suo
tentativo di minimizzare le “pressioni” della Cei sui cattolici parlamentari
ha avuto apprezzamenti. Soddisfatta per queste aperture, assunte come
sufficienti per rilasciare una patente di laicità all’illustre ospite, la
responsabile della rubrica nel salutarlo si è augurata di poterlo avere ancora
come interlocutore.
In questa prospettiva di idilliaco consenso nella luce radiosa della domenica
delle Palme, sembrano svanite d’incanto le polemiche e le diatribe degli
ultimi mesi; sarebbero solo frutto d’incomprensione perché, a dire di
Fischella, già Ruini nell’ottobre scorso aveva riconosciuto il diritto dei
gay alla visibilità. Nessuna contrapposizione quindi fra laici e cattolici.
Rompe l’idillio, con mezzi ben più modesti, La Consulta romana per la laicità
delle Istituzioni che, nel sottotitolo di un convegno ben riuscito del 2 aprile,
denuncia la presenza di “Clericalismo in Italia a sessant’anni
dall’approvazione dell’art. 7 della Costituzione”.
Negli stessi giorni la rivista Micromega rilancia due appelli - uno di
autorevoli esponenti della cultura laica e uno di cattolici protagonisti della
resistenza alla gestione autoritaria e verticistica della Chiesa italiana –
volti a sottrarre risorse finanziaria alla Conferenza episcopale italiana con
l’invito a destinare la scelta dell’otto per mille alla chiesa valdese. A
loro avviso la prima usa i proventi dell'otto per mille per rafforzare la sua
offensiva clericale e il predominio interno e la seconda é impegnata ad
utilizzarli esclusivamente in opere sociali e non a scopo di culto o di sostegno
per i ministri e le opere della propria confessione religiosa.
Le ottime e condivisibili intenzioni dei promotori per l’affidabilità della
Tavola valdese nel far buon uso delle nuove risorse, non cancellano i dubbi sul
significato culturale e politico dell’iniziativa. Sono già adombrati
nell’appello dei cattolici che non rinunciano al loro invito, nonostante le
intrinseche contraddizioni rispetto al principio di laicità. Queste
contraddizioni rischiano di confondere le idee dei cittadini sul principio di
laicità come il buonismo del colloquio tra Fisichella e Annunziata. Già in
passato aveva accomunato comunisti e democristiani di sinistra: alla religione
la cattedra di moralità pubblica, alle chiese privilegi più o meno grandi
costituzionalmente garantiti dagli articoli 7 e 8 della Costituzione. I loro
eredi, avviati a confondersi nel Partito democratico, procedono nella stessa
direzione. Oggi per l’arrivo di “chiese” numericamente più consistenti -
Testimoni dei Geova e Islamici - questo “inciucio” ha un nome nuovo:
comunitarismo. La laicità delle Pubbliche Istituzione non è insidiata solo
dall’interventismo della gerarchia cattolica - che esce rafforzata dalla
legittimazione di altri pulpiti confessionali - ma anche dal proliferare di
autorità, centri, chiese che in forza del loro essere “religiosi” godono di
privilegi e sovvenzioni negati ad altre autorità, centri, partiti che sono solo
“accademici” “culturali” o “politici”. Bisogna riaffermare con forza
che non è compito dello Stato sovvenzionare confessioni religiose. Può essere
sufficiente la deduzione fiscale per chi destina parte delle proprie risorse al
sostegno di attività religiose alla pari con altre assistenziali, culturali,
sociali e ricreative.
Non bisogna, inoltre, dimenticare che l'otto per mille è fra le più perverse
eredità lasciate dal Concordato craxiano del 1984. Ha attribuito ad una
categoria di cittadini, per di più solo ai contribuenti e ai più informati di
loro, la facoltà di disporre dell'otto per mille dell'Irpef, cioè di una parte
del gettito fiscale di tutti la cui gestione la Costituzione riserva al
Parlamento. Di un parte dell’intero ammontare delle Imposta sulla persone
fisiche, non del proprio reddito, come si tende a far credere!!!!
Questo ingannevole e scandaloso sistema di finanziamento della Chiesa cattolica,
che resta tale anche se esteso ad altre confessioni, non si cancella con una
scelta per una di esse, non si può ignorare che si tratta di misere briciole
rispetto agli oltre ottocento milioni di euro che ogni anno sono incassati dalla
Cei. Essa può anzi offrire un comodo alibi per sfuggire dall’impegno per
indurre i cittadini italiani a riflettere sulla negazione del principio di
laicità rappresentata dall’istituto dell’otto per mille, che esce
legittimato dall’esaltazione della pluralità di opzioni consentite. È più
efficace una costante campagna per chiederne l'abolizione, velleitaria oggi ma
premessa utile per una pressante e vincolante richiesta al Parlamento per
eliminare almeno l'aberrante norma che consente la distribuzione, ai destinatari
previsti dalla legge, della parte dell'otto per mille su cui non sono state
espresse opzioni, in percentuale alle scelte da loro ricevute. Si dovrebbero, al
tempo stesso, pretendere dal governo in primo luogo un’ampia e corretta
informazione che induca tutti a esprimere un’opzione per evitare che altri
scelgano per loro, ed anche formali dichiarazioni sull’uso corretto, definito
per legge, delle risorse destinategli (cultura, assistenza, patrimonio
artistico) e una campagna promozionale perché più cittadini scelgano lo Stato.
In questa prospettiva può essere utile nell’attuale fase promuovere proprio
questa scelta invitando i cittadini a superare la legittima diffidenza verso
l'uso che il governo tende a fare delle risorse derivanti da questa opzione.
Laicità significa oggi salvare dalla “crisi” della modernità la conquista
della cittadinanza e il valore delle Pubbliche Istituzioni che ne sono il
presidio: fra queste c’è anche il sistema fiscale.
Non può rimproverare ai politici di non difendere la laicità delle
Istituzioni, genuflettendosi ai diktat di Ruini, chi continua a riconoscere alla
religione e di conseguenza alle confessioni religiose status e privilegi non
riconosciuti agli altri orientamenti culturali e relative organizzazioni.
(5-4-2007)