GLI ALBERGHI DEI SANTI ALLA CROCIATA DELL'ICI
Curzio Maltese
Una terrazza da sogno sul
cuore della Roma barocca, sormontata dal campanile di Santa Brigida, con vista
sull´ambasciata francese e perfino sull´attico di Cesare Previti. È soltanto
uno dei vanti dell´albergo delle Brigidine in piazza Farnese, «magnifico
palazzo del ‘400» si legge nel depliant dell´hotel, classificato con cinque
stelle nei siti turistici, caldamente consigliato nei blog dei visitatori,
soprattutto dagli americani, per il buon rapporto qualità-prezzo e l´accoglienza
delle suore. «Parlano tutte l´inglese e possono procurare lasciapassare gratis
per le udienze del Papa» scrive un´entusiasta ospite da Singapore sul portale
Trip Advisor («leggi le opinioni e confronta i prezzi»). L´unico problema,
avvertono, è trovare posto. Sorto intorno alla chiesa di Santa Brigida, quasi
sempre vuota, l´albergo è invece sempre pieno. Prenotarsi però non è
difficile. Basta inviare una e-mail a www.istitutireligiosi.org, il portale che
raccoglie un migliaio di case albergo cattoliche in Italia, con il progetto di
pubblicarle tutte nei prossimi mesi e «raggiungere accordi con i grandi tour
operator stranieri per il lancio sul mercato internazionale». Oppure si può
cliccare direttamente su brigidine.org, il sito ufficiale dell´ordine religioso
fondato da Santa Brigida di Svezia, straordinaria figura di mistica e madre di
otto figli, fra i quali un´altra santa, Caterina. Una notizia che in realtà
dall´home page delle brigidine non si ottiene. La biografia della fondatrice
occupa solo poche righe. In compenso si trovano minuziosi dettagli sulla catena
di alberghi («case religiose») gestiti dalle brigidine in 19 paesi, una specie
di Relais & Chateux di gran fascino, per esempio il magnifico chiostro dell´Avana
Vecchia, inaugurato da Fidel Castro in persona. Il prezzo di una camera a piazza
Farnese è di 120 euro per la singola, 190 per la doppia, compresa colazione,
maggiorato del tre per cento se si paga con carta di credito.
La Casa di Santa Brigida, quattromila metri nella zona più cara di Roma, più
lo sterminato terrazzo, ha un valore di mercato di circa 60 milioni di euro ma
è iscritto al catasto romano nella categoria "convitti". E non paga
una lira di Ici.
Ogni anno i comuni italiani perdono secondo gli studi dell´Anci («basati su
dati catastali lontani dal valore di mercato reale») oltre 400 milioni di euro
a causa di un´esenzione fiscale illegittima e contraria alle norme europee
sulla concorrenza. A questa stima vanno aggiunti gli immobili considerati
unilateralmente esenti da sempre e mai dichiarati ai comuni, per giungere ad un
mancato gettito complessivo valutato vicino al miliardo di euro annuali. Sarebbe
più esatto dire che la perdita è per i cittadini italiani, perché poi i
comuni i soldi mancanti li prendono dalle solite tasche. L´Avvenire, organo
della Cei, ha scritto che bisogna smetterla di parlare di privilegio poiché
esiste una legge di esenzione fin dal 1992. «Un regime che non aveva mai dato
problemi fino al 2004» conclude. È vero. Ma ha dimenticato di aggiungere che
il "problema" insorto è la correzione della Corte di Cassazione. Un
problema non da poco in uno stato di diritto. Al quale si è aggiunto quest´anno
un altro problemino, anticipato da "Repubblica", l´inchiesta della
commissione europea sull´intero settore dei favori fiscali alla chiesa
cattolica italiana, nell´ipotesi di "aiuti di Stato" mascherati. Con
gran scandalo di alcune lobby parlamentari che hanno invocato la mano del papa
contro Bruxelles.
Piccola storia della controversia. La legge del ´92 sulle esenzioni dall´Ici
è stata giudicata illegittima dalla Cassazione, che nel 2004 l´ha così
corretta: sono esenti dall´Ici soltanto gli immobili che «non svolgono anche
attività commerciale». La sentenza, come la precedente esenzione, si applicava
a tutti i soggetti interessati. Oltre alle proprietà ecclesiastiche, non solo
cattoliche, anche alle Onlus, ai sindacati, ai partiti, alle associazioni
sportive e così via.
Ma l´unica reazione furibonda è arrivata dalla Cei: «Una sentenza folle».
Perché? Forse perché è l´unico fra i soggetti interessati a possedere un
impero commerciale: alberghi, ristoranti, cinema, teatri, librerie, negozi. «Il
fenomeno ha avuto un´impennata prima del Giubileo» spiegano i tecnici dell´Anci
«ma negli ultimi dieci anni l´espansione commerciale degli enti religiosi è
impressionante». Una parte della montagna di soldi pubblici (3500 miliardi di
lire) stanziati per il Giubileo del 2000, più quote consistenti dell´otto per
mille, sono finite in questi anni in ristrutturazioni immobiliari che hanno
trasformato conventi, collegi e ostelli in moderne catene alberghiere. Un po´
ovunque, come a piazza Farnese, le chiese si svuotano ma gli hotel religiosi si
riempiono. Le ragioni non mancano: sono belli, ben gestiti, concorrenziali nei
prezzi e possono far leva su una capillare rete di propaganda. La chiesa
cattolica è oggi uno dei più potenti broker nel turismo mondiale, primo
settore per crescita dell´economia. Si calcola che gestisca quaranta milioni di
presenze all´anno per l´Italia e verso luoghi di culto (Lourdes, Fatima,
Czestochowa, Medjugorije...). In cima alla piramide organizzativa si trova
Si capisce che
Passate le elezioni, alla nuova maggioranza si è riproposto il nodo dell´illegittimità
della norma, sollecitata dai rilievi della Commissione Europea. E il governo
Prodi l´ha risolto nel più ipocrita dei modi. Con un cavillo inserito nei
decreti Bersani, vengono esentati dall´Ici gli immobili che abbiano uso «non
esclusivamente commerciale». In pratica, secondo l´Anci, significa che «il
90-95 per cento delle proprietà ecclesiastiche continua a non pagare». In
termini giuridici il «non esclusivamente commerciale» rappresenta un non
senso, una barzelletta sul genere di quella famosa della donna incinta «ma
appena un poco». Nel secolare diritto civile e tributario italiano il «non
esclusivamente» non era mai apparso, un´attività è commerciale o non
commerciale. Il resto è storia recente. Parte la richiesta di chiarimenti da
Bruxelles il governo da un lato risponde che la «norma è chiarissima» e dall´altro
istituisce una commissione per studiarne le ambiguità, voluta quasi soltanto
dal ministro per l´Economia Tommaso Padoa Schioppa, europeista convinto. La
relazione sarà consegnata fra pochi giorni, ma circola qualche riservata
anticipazione. Il presidente Francesco Tesauro, dall´alto della sua competenza
giuridica, difficilmente potrà avvalorare l´assurdità del «non
esclusivamente» e quindi sarà inevitabile cambiare la norma.
«Qui nessuno, per intenderci, pretende l´Ici dal bar o dal cinema dell´oratorio»
commenta il presidente dell´Anci, il sindaco di Firenze Lorenzo Domenici. «Ma
dagli esercizi commerciali aperti al pubblico, in concorrenza con altri, da
quelli sì. Abbiamo dato piena autonomia ai singoli comuni per trovare accordi
con le curie locali e compilare elenchi attendibili». Ma una leale
collaborazione nel separare il grano dal loglio, i templi dai mercati, insomma
il culto dal commercio, da parte delle curie non c´è mai stata.
Nel marzo scorso, per far fronte all´espansione del settore,
Per finire, una precisazione penosa ma necessaria. Da settimane l´informazione
cattolica pubblica le tabelle degli stipendi dei preti, bassi come quelli degli
operai, per «sbugiardare un´inchiesta fondata sulla menzogna». Ora, i salari
dei preti non sono mai stati né saranno oggetto di questa inchiesta. Si può
anzi essere d´accordo con gli organi della Cei nel sostenere che i sacerdoti
sono una categoria sottopagata rispetto all´impegno profuso nella società. Per
non dire delle suore, alle quali