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DIO È AMORE. E LA CHIESA?
di Marcelo Barros
chi è Barros
Marcelo
ADISTA n° 55 del 28.7.2007
Chi crede che Dio è Amore, tema scelto dall'attuale papa per
la sua prima enciclica, è chiamato a lasciarsi impregnare da questa energia
amorosa. Secondo il vangelo di Luca, Gesù traduce il "Siate santi, perché
io, il Signore, Dio vostro, sono santo" (di Lv 19, 2) con l'appello
"Siate compassionevoli, come è compassionevole il Padre vostro" (Lc
6,36). Nella lingua ebraica, il termine compassione viene dalla stessa radice
di utero e significa l'amore che, normalmente, una madre sente per il figlio o
la figlia che ha generato. Se la nostra vocazione è vivere con tutte le
creature questo amore compassionevole, la comunità dei discepoli e delle
discepole di Gesù deve, in primo luogo, offrire questa testimonianza d'amore.
Giovanni XXIII, il papa che ha meritato il titolo di "papa buono",
ha cercato di tradurre in mille modi questa vocazione divina. Egli diceva che
esistono due modi di presentare la fede. Uno divide e segrega. L'altro unisce
ed attrae. I cattolici dovrebbero imparare a presentare sempre la fede non in
modo che divida ma in modo che unisca le persone. Egli sapeva che un modo
arrogante di difendere la verità la separa dall'amore e finisce per tradire
la stessa verità. Il salmo dice: "Misericordia e verità
s'incontreranno, giustizia e pace si baceranno". Che resta di una verità
il cui contenuto deve essere l'amore, se la preoccupazione di assolutizzare
una determinata espressione di questa verità come se fosse la verità in se
stessa è tanto forte da aggredire gli altri e far soffrire i fratelli? Come
riconoscere la verità nell'intolleranza e in un gretto assolutismo?
Nei Vangeli, il termine Chiesa appare raramente. Ma dalla seconda metà del I
secolo, i gruppi ebraici e i simpatizzanti che si identificavano con il
movimento profetico di Gesù di Nazareth, si organizzarono in comunità aperte
e inclusive. Era il contrario delle sinagoghe riservate a circoncisi, che
consideravano se stesse le uniche detentrici dell'eredità della salvezza. Le
Chiese, in opposizione a ciò, si costituivano come spazi di inclusione per
circoncisi e non circoncisi, giudei e greci, romani e barbari, schiavi e
liberi, uomini e donne. "In Cristo tutti sono Uno" (cfr. Gal
3,27-28). I modi di comprendere la fede, di organizzare la Chiesa e di vivere
la missione erano i più diversi possibile, ma la Lettera agli Efesini parla
chiaramente di "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un
solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di
tutti ed è presente in tutti" (Ef 4,5-6).
Oggi, molte nobili cause dell'u-manità dipendono dal dialogo e dall'impegno
delle diverse Chiese e religioni. Per questo, come pure per obbedire
all'orientamento di Gesù, molti cristiani cercano di vivere una
"diversità riconciliata", in cui ogni Chiesa mantenga la propria
identità e valorizza elementi delle altre. Dom Helder Câmara amava dire:
"Nessuno (possiamo applicarlo alle Chiese) è così povero da non avere
qualcosa da dare e nessuno è tanto ricco da non poter ricevere". Da
decenni le Chiese evangeliche hanno imparato ad avvicinarsi di più alla
tradizione liturgica della Chiesa cattolica. Questa, che si era in gran parte
allontanata dal contatto quotidiano con la Bibbia, ha nuovamente imparato
dalle Chiese evangeliche a fare di questo libro il proprio orientamento di
vita e di spiritualità.
Il Concilio Vaticano II fu convocato dal papa buono Giovanni per riunire le
Chiese divise. Per quanto l'esegesi dei suoi testi possa essere discussa,
l'intenzione dei vescovi era saggiamente quella di valorizzare le altre
confessioni come comunità di salvezza, vere Chiese-sorelle, e porre fine allo
scandalo della divisione. È in questo spirito che imploro l'ispirazione dello
Spirito Santo sulle Chiese attuali perché nessun cattivo esempio venga
imitato. Sarebbe terribile se il mondo, abituato a campionati di calcio,
avesse ora un campionato di Chiese, ciascuna definendosi l'unica vera, nella
quale sussiste la totalità della Chiesa di Cristo. Che i pastori si ricordino
che, nel mondo antico, un padre della Chiesa orientale diceva che la Chiesa
era un saggio di come il mondo avrebbe dovuto essere. Siano, allora,
laboratori di riconciliazione e valorizzazione del diverso affinché, un
giorno, chissà, nel guardare a una Chiesa, per quanto si senta l'unica vera,
le persone comuni e senza religione possano dire quello che i non cristiani
dicevano dei primi cristiani: "guardate come essi (ed esse) si
amano". Senza dubbio, questa è l'unica verità su cui Dio fa questione
per la sua Chiesa.
* monaco benedettino e teologo della liberazione brasiliano