CHE FINE HANNO FATTO I CATTOLICI DEMOCRATICI?
Il pontificato di Ratzinger ha drammaticamente radicalizzato il cammino del cattolicesimo verso una deriva integralista, antimoderna e antilluminista. E un destino ineluttabile? O è ancora possibile sperare in una Chiesa del vangelo, lontana dagli interessi di potere, aperta ai principi fondanti della modernità? Una lettera aperta-questionario di uno storico cattolico sollecita la risposta di un folto gruppo di cattolici democratici.
Di MAURO PESCE
Da Micromega 4/2007
chi è Mauro Pesce
Da tempo sono convinto che le religioni sono quello che gli uomini decidono di farne. Nessuna religione è condannata ad essere intollerante, contro l’ esercizio della ragione e della libertà. Lo stanno a dimostrare non solo grandi personalità come Ghandi e Martin Luther King, ma anche tante persone credenti di ieri e di oggi, più modeste e meno note. Questa lettera è rivolta ad un certo numero di personalità cattoliche italiane, ma anche a chiunque condivida l’esigenza di domandarsi perchè il cattolicesimo di oggi sia in Italia troppo monolitico e troppo arroccato su posizioni conservatrici. E’ possibile che rinasca in Italia un movimento cattolico che sia autenticamente cristiano, ma anche profondamente democratico e moderno? MicroMega mi ha presentato l’esigenza di sollecitare una discussione e io l’ho volentieri accolta. Il lettore comprenderà che l’estrema schematicità delle mie riflessioni è dettata solo dal bisogno della brevità. Non chiedo un consenso sulle mie tesi e credo sia anche superfluo criticarle. Più che di tesi si tratta infatti di interrogativi. Lo scopo è solo quello di suscitare risposte alla domanda: perchè tace oggi in Italia un cattolicesimo aperto ad alcuni principi fondamentali della contemporaneità e come favorire una sua riemersione pubblica?
1. Il cattolicesimo moderno è sempre stato plurale. Se pensiamo al grande dibattito intorno alla nascita della scienza moderna troviamo molte posizioni differenziate: i domenicani di Santa Maria Novella e molti professori scolastici rappresentavano l’ala più legata alla sintesi tra cristianesimo e astronomia tolemaica, il cardinale Bellarmino una posizione di compromesso, mentre Galileo, nella sua Lettera a Cristina proponeva una versione cattolica audace di convivenza tra scienza e teologia, che fu, sì, rifiutata; ma di fatto ha influito a lungo sulla parte più colta del cattolicesimo moderno. Secoli dopo, troviamo un cattolicesimo in radicale avversione verso l’Illuminismo, ma anche un cattolicesimo che accetta i lumi e la distinzione tra Stato e Chiesa. Anzi, a ben vedere, le radici che portano alle dichiarazioni dei diritti naturali dell’individuo sia in Nordamerica (si pensi alle dichiarazioni dei diritti della Pennsylvania e della: Virginia, 1776) sia in Francia (1789) hanno radici nei movimenti religiosi cristiani. Nell’Ottocento, il cattolicesimo conosce una grande varietà di posizioni e non solo le due ali estreme ed opposte del cattolicesimo liberale e di quello intransigente. Poi, il secolo XX, dopo i fuochi del modernismo e la durissima repressione antimodernista, vede formarsi - a partire dagli anni Trenta - una molteplicità di correnti riformatrici in ogni parte del mondo cattolico, dagli Stati Uniti al Belgio, dalla Francia alla Germania. Attraverso una mole enorme di esperienze concrete - il movimento ecumenico, il rinnovamento biblico, il cattolicesimo sociale, gli studi storici, il ritorno alle fonti patristiche - si opera un rinnovamento della vita morale, liturgica e teologica che sfocia nel Concilio Vaticano Il. La teologia romana e conservatrice che sembrava dominare il mondo cattolico si svela minoritaria e i grandi documenti innovatori del Concilio vengono approvati. Ricordo la costituzione sulla riforma liturgica che contiene importantissime affermazioni sulla natura sacramentale ed eucaristica della Chiesa, e perciò mette in secondo piano il suo aspetto politico. Penso alla dichiarazione sulla libertà religiosa che per la prima volta accetta il principio della liberta di coscienza, fieramente combattuto nei due secoli precedenti. Penso al decreto sull’ecumenismo con la tesi di una gerarchia delle verità, alla costituzione dogmatica sulla Chiesa che vorrebbe valorizzare i laici riconoscendo anche a loro il sacerdozio universale dei fedeli.
2. Le radici ultime di questa pluralità cattolica sono a mio avviso riconducibili a due fattori. Da un lato, il cristianesimo è fin dai suoi inizi plurale. Accanto alla tendenza giovannea troviamo quella paolina, e quella della lettera di Giacomo, ma anche tendenze mistiche radicali e politico-religiose terrene, come il millenarismo. D’altro canto, la modernità e soprattutto la società contemporanea lanciano non solo al cristianesimo, ma a tutte le religioni, alcune grandi sfide: si tratta della scienza moderna che pone poco a poco in crisi un’enorme quantità di convinzioni tradizionali che si rivelano infondate; si tratta di nuovi stili di vita etica individuale e familiare che si materializzano nelle grandi capitali del mondo; si tratta di un’analisi scientifica (storica e socio-antropologica) dei fatti religiosi e, infine, si tratta del formarsi di organizzazioni statali ba-sate sul rispetto del diritto degli individui a scegliere qualsiasi opinione religiosa o non religiosa che ritengono in coscienza vera. Di fronte a queste sfide ciascuna religione, negli ultimi duecento anni, si è differenziata al proprio interno in un ventaglio di posizioni che vanno dall’accettazione pressoché integrale a un rifiuto radicale passando per una notevole quantità di posizioni intermedie. Nell’ebraismo, ad esempio, è nato l’ebraismo riformatore, quello conservatore, quello neo-ortodosso, ricostruzionista eccetera. Nell’islam si sono manifestate tendenze riformiste accanto a quelle ortodosse e a quelle fondamentaliste.
3. Nel periodo del XX secolo che va grosso modo dagli inizi degli anni Trenta alla fine degli anni Settanta ( quando si comincia ad applicare il Concilio Vaticano Il) è comprensibile che tutti quei cattolici che avevano una visione non restauratrice si sentissero maggiormente liberi di esprimersi e di manifestare le proprie convinzioni dando vita a iniziative, gruppi, pubblicazioni, movimenti, partiti politici, esperienze religiose comunitarie nuove. Coloro che non vedevano contraddizione tra una autentica fedeltà alla propria esperienza religiosa e tanti aspetti della realtà contemporanea si sentirono ovviamente sostenuti dal rinnovamento in atto nella Chiesa cattolica. Non vorrei ridurre queste esperienze pubbliche di cattolicesimo rinnovato ad una sola sigla e neppure a quella dei «cattolici democratici italiani». I cattolici democratici furono, sì, una realtà importante, ma non coprono tutto l’ampio ventaglio del rinnovamento cattolico. Di esso hanno fatto parte laici e sacerdoti, gruppi religiosi e gruppi politici, di impegno intellettuale o di impegno sociale. Questo rinnovamento non riguardò solo alcuni intellettuali noti, in grado di esprimersi meglio di altri, ma tutti gli strati sociali e tutte le manifestazioni private e pubbliche dell’essere cristiani. Ci fu un variegato movimento, in cui si intrecciavano molteplici aspetti: grande fervore di ricerca storica e teologica fortemente pluralista, moltiplicarsi di iniziative di base, pluralismo politico, settori cattolici che manifestavano laicità in occasione dei referendum su divorzio e aborto ( fino alla posizione: difendo quelle leggi anche se non le utilizzerò mai, perchè le leggi devono garantire tutti i cittadini e le loro scelte libere) eccetera. Tutto questo si rifletteva anche in una pluralità di sfumature ( e qualcosa di più) tra i sacerdoti cattolici e perfino nell’episcopato e tra i cardinali. Insomma, settori notevoli della Chiesa cattolica non solo non condannavano la modernità e non solo la tolleravano ma, addirittura, la vivevano, cioè vivevano in essa il messaggio cristiano. Di tutto questo mi sembra che oggi resti poco. Ciò che caratterizzava le tendenze rinnovatrici del cattolicesimo era la capacità di esprimere pubblicamente le proprie opinioni e le proprie decisioni, di motivarle religiosamente, di porsi senza problemi, ma senza polemica, anche contro le gerarchie ecclesiastiche che spesso difendevano posizioni diverse. Pluralità, capacità di proposizione creativa, libertà di iniziativa e di opinione anche di fronte alla gerarchia ecclesiastica, capacità di dissentire pubblicamente e di orientare la vita di settori significativi del cattolicesimo italiano. Queste erano le caratteristiche fondamentali di questo cattolicesimo autentico e rinnovato.
Il diffondersi nella Chiesa di movimenti religiosi di massa, che hanno avvicinato la fede a quantità notevoli di persone di ogni ceto sociale, è certo un fatto positivo dal punto di vista cristiano. Ma ha portato ad un tipo di formazione cattolica che svaluta fortemente l’analisi razionale e storica dei fatti religiosi. I fedeli vengono protetti da qualsiasi riflessione critica che potrebbe - secondo i leader dei movimenti - mettere a repentaglio la loro fede. La teologia cattolica italiana diffusa nella base del popolo è così oggi una delle più arretrate nel panorama teologico cattolico mondiale. I fedeli cattolici italiani sono per lo più all’oscuro di quanto viene discusso nelle grandi facoltà teologiche del mondo. La questione più grave è che di fronte ai grandi problemi di oggi i fedeli non sono abituati a cercare personalmente e liberamente una soluzione alla luce della propria fede. La gerarchia, o forse solo dei maitre à penser o dei leader di movimenti o alcuni dei principali giornali cattolici, offrono loro delle formule preconfezionate conservatrici presentate come le uniche esistenti.
Poco alla volta questa posizione cattolica è diventata maggioritaria fino ad essere praticamente l’unica che si manifesta pubblicamente. Ogni corrente cattolica di rinnovamento è quasi scomparsa dalla scena pubblica. I sacerdoti che la pensano diversamente tacciono, forse timorosi delle conseguenze che patirebbero. Sembrano oggi molto più rare grandi personalità religiose autonome tra i sacerdoti, come in passato don Mazzolari, don Milani, padre Balducci, padre Calati. Non esistono più posizioni teologiche chiare e articolate che esprimano una visione legittima del cattolicesimo e che possa costituire un punto di riferimento per i cattolici che pensano differentemente.
La mia impressione è che il dissenso all’interno del cattolicesimo attuale sia fortissimo, ma che stia prendendo tra la gente la strada del distacco dalla Chiesa. Si abbandona la pratica o si frequenta la liturgia nascondendo le proprie convinzioni. Nicodemismo o fuga. Intere masse di giovani si allontanano radicalmente dal cristianesimo. Chi ha aspirazioni religiose prende altre strade. La maggioranza della gente, non trovando punti di riferimento cattolici alternativi alla teologia restauratrice dominante, si ritrae nel privato. In un dissenso taciturno. Ora il punto è che la posizione cattolica oggi dominante è sì una posizione cattolica, ma non è l’unica possibile. Per secoli il cattolicesimo è stato plurale.
5. Prima, tuttavia, di porsi la domanda se sia possibile la rinascita di correnti cattoliche differenti, bisogna comprendere le ragioni della tendenza cattolica restauratrice. Chi la incarna pensa di essere nel giusto, segue con rigore la propria coscienza. Il suo successo indica che questa corrente ha centrato problemi reali e ha trovato soluzioni convincenti. D’altra parte, una buona parte di non cristiani conservatori vedono con molto favore questa corrente cattolica restauratrice. Non c’è atteggiamento peggiore di chi non sa riconoscere le ragioni della parte avversa. Non c’è atteggia-mento più stolido di chi si irrita perchè altri la pensano diversamente. Non dobbiamo mai considerare i nostri avversari dei nemici, anche quando si considerano tali e ci considerano come tali. Bisogna partire dal rispetto verso la posizione restauratrice, un rispetto profondo per le sue ragioni, per la coscienza di chi vi aderisce. Certo, so bene che non sono rari i rappresentanti di questa corrente conservatrice che si muovono con arroganza, con spregio per le opinioni altrui, con una volontà di emarginare nella Chiesa ogni dissenso, considerandolo illegittimo, lontano dalla fede eccetera. Ma non credo che dobbiamo imitarli. Non bisogna poi dimenticare che la vitalità del cattolicesimo innovatore degli anni Sessanta e Settanta dipendeva forse dal fatto che si trovava a combattere in Italia battaglie in un certo senso chiare e semplici. Difendere il diritto di divorzio o di aborto era in fondo una battaglia facile perchè si trattava di proteggere dei diritti ormai evidenti per la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica occidentale. Si trattava di introdurre in Italia diritti altrove riconosciuti da tempo. Aggregare vasta parte del cattolicesimo italiano non era impresa difficile. Ma ora le questioni sono spesso molto più complesse e nuove. E forse probabile che quel tipo di cattolicesimo fosse adeguato ai tempi di allora, ma non più ai nostri. Se di un cattolicesimo aperto ad alcuni principi fondamentali della contemporaneità bisogna parlare oggi, allora si tratterà forse di individuare per esso delle basi nuove che non sono più soltanto quelle dell’età che va dagli anni Trenta agli anni Settanta. Forse quell’età è conclusa e per un nuovo cattolicesimo contèmporaneo bisogna porre altre basi, altri obiettivi, altre speranze e altri metodi.
Infine, bisogna rendersi conto che, nel panorama mondiale, le tendenze restauratrici prevalgono in tutte le religioni. Un indurimento delle ortodossie, un’insofferenza per il pluralismo, una tendenza ad occupare direttamente gli spazi pubblici sono diffusi in tutte le religioni. I movimen-ti riformisti e aperti alla modernità sono in arretramento e difficoltà ovunque. Le ragioni di questo indurimento e prevalere delle ortodossie restauratrici sono complesse e giacciono solo in parte nelle strategie che attraversano la situazione geopolitica. E vero che l’interesse per i feno-meni religiosi è molto diffuso, ma si manifesta a volte soprattutto in forme di bricolage religioso, in adesione a movimenti settari irrazionalisti, in fughe intimistiche lontane da ogni istituzione. Di questi fattori bisogna tener conto per una riflessione sul cattolicesimo italiano oggi.
6. Di fronte a questa situazione sorgono quasi necessariamente alcune domande:
a)dove è finito il cattolicesimo attivo, propositivo e libero che era molto presente in Italia fino agli anni Settanta del XX secolo? C’è ancora speranza che risorgano in Italia nuclei significativi di cattolici in grado di accettare ( senza rinunciare alla propria missione di trasformazione cristiana della società) organizzazioni statali basate sulla laicità della società civile e cioè basate sul fatto che deve esistere uno spazio pubblico non dominato dalle religioni e dalle loro leggi, visto che in ogni società debbono convivere paritariamente posizioni religiose diverse e posizioni non religiose, atee e agnostiche ? Una visione scientifica del mondo senza rinunciare alla propria fede ( da questo punto di vista mi sembra esemplare il libro Il credo di Hans Kiing) ? Una visione pluralista e storica dei fenomeni religiosi che, pur non negando affatto il valore della religione, veda però quest’ultima nella sua perpetua modificazione e variazione? Una visione della vita etica che riesca a fecondare cristianamente i modi di vita della società contemporanea invece di negarli e combatterli cercando semplicemente di imporre leggi cattoliche nello Stato ?
b) Come si possono far rinascere in Italia gruppi vari di sacerdoti e laici in grado di esprimere pubblicamente, liberamente e senza timore le proprie opinioni e le proprie decisioni? Pensate che sia impossibile ad un sacerdote cattolico esprimere la sua personalità autonoma e libera, quando le sue opinioni sono diverse da quelle della Conferenza episcopale italiana? Non parlo di polemiche antigerarchie ed antiecclesiastiche che ritengo inutili, dannose, immature. Parlo del fatto che ogni uomo deve saper esprimere pubblicamente le proprie convinzioni in modo costruttivo, moderato, realistico, non polemico. Certo, so bene che la forza di repressione della gerarchia cattolica può essere enorme e lo ha dimostrato la lotta terribile contro il modernismo negli anni Dieci e Venti del secolo XX.
c) È possibile che possa risorgere un cattolicesimo democratico italiano senza che la gerarchia cattolica in qualche modo lo permetta? Nel cattolicesimo la dualità clero/laicato è ineliminabile nonostante il tentativo di riscoprire il sacerdozio universale dei fedeli. Mi sembra quindi poco realistico immaginare una tendenza cattolica che abbia un effetto positivo, costruttivo e unificante nel tessuto sociale se parte con un istinto anticlericale e antigerarchico. E’ necessario che almeno una parte della gerarchia ecclesiastica cattolica non consideri irricevibile la presenza di un cattolicesimo moderno e innovatore. Non abbiamo bisogno di polemica, ma della rinascita di una capacità propositiva e costruttiva di un nuovo cattolicesimo contemporaneo. La società italiana ha bisogno oggi che chi pensa diversamente, da un punto di vista cattolico ovviamente, lo dica pubblicamente, lo giustifichi, lo argomenti e permetta ad altri di aggregarsi e di riflettere e di progredire. Ma perchè questo possa avvenire bisogna che almeno una parte della gerarchia cattolica sia convinta che questo è un bene. Come fare allora perchè questo possa avvenire con sincerità reciproca? !
d) Come è possibile fare opera di formazione, divulgazione, trasmissione culturale tra le masse in modo che la fede dei credenti sia nutrita di riflessione critica e non aderisca alla deriva fondamentalista che sta spingendo le religioni di oggi verso l’intolleranza e i conflitti ? Chi sarà in grado di presentare una teologia criticamente illuminata che formi personalità autonome di credenti, capaci di pensare liberamente e costituire un’ ossatura democratica solida per la nostra società ?
e) È realistico pensare che nascano in Italia teologi capaci di rappresentare un punto di riferimento autonomo, se non alternativo ? E possibile pensare che nascano pensatori cattolici laici, non sacerdoti oppure bisogna rassegnarsi al fatto che la dualità clero/laicato sia talmente forte da eliminare la possibilità di una funzione creativa teologica del laicato ?
f) Non sarebbe forse opportuno che gli intellettuali cattolici di tendenza moderna si rivolgessero direttamente alla base cattolica invece di limitarsi a criticare le autorità ecclesiastiche più conservatrici? Chi deve essere l’interlocutore privilegiato ? La gerarchia più conservatrice oppure i numerosi credenti che si sono rifugiati in un dissenso silenzioso e nicodemistico ?
g) Si può operare per un rafforzamento della società civile, dello spazio pubblico neutro in cui credenti, atei, agnostici possano paritariamente esprimersi in istituzioni non dominate dalle religioni ? Dobbiamo rassegnarci all’ipotesi che nel prossimo secolo si formi in Italia un’alleanza di fatto tra le tendenze restauratrici cattoliche e gli aderenti ad altre religioni di tendenza fondamentalista (in crescita esponenziale nei prossimi decenni) ?
h) Come fare per difendere l’autonomia dell’istruzione pubblica - in particolare quella universitaria - come luogo di formazione di una classe dirigente unita solo dalla condivisione di metodi scientifici di analisi e non da presupposti di fede ?
i) Quali sono le questioni più urgenti e le strategie iniziali?