RELIGIONE, IL DOGMA IN AULA UN´ORA CHE VALE UN MILIARDO
Curzio Maltese
la Repubblica 24-10-2007
L´insegnamento in classe è la seconda voce di finanziamento dello Stato. Sono infinite le diatribe legali intorno al "regalo" del posto fisso ai docenti. La Spagna studia la revisione degli accordi con la Chiesa, in Italia non se ne parla. L´ultimo dato ufficiale (2001) parla di 650 milioni di stipendi agli insegnanti ma nel frattempo sono diventati più di 25000, dei quali 14mila di ruolo
L´ultima ondata di bullismo nelle scuole ha
convinto il governo a istituire dal prossimo anno due ore di educazione civica
obbligatoria, chiamata Cittadinanza e Diritti Umani, in ogni ordine d´insegnamento,
dalle materne ai licei. Durissima la protesta dei vescovi, che hanno parlato di
«catechismo socialista» e invitato le associazioni di insegnanti e genitori
cattolici a scendere in piazza e avvalersi dell´obiezione di coscienza.
Il presidente del consiglio ha risposto in televisione che, nel rispetto totale
della maggioranza cattolica del paese, la laicità dello Stato resta un valore
fondante della democrazia e l´educazione civica non è né può essere in
competizione con l´ora facoltativa di religioni (cattolica come ebraica,
islamica o luterana) già prevista nei programmi. Il premier ha aggiunto di
voler confermare i tagli ai finanziamenti delle scuole private cattoliche e non,
definiti «un ritorno alla legalità costituzionale» rispetto alla politica del
precedente governo di destra.
A questo punto forse il lettore si sarà domandato: ma dov´ero quando è
successo tutto questo? In Italia. Mentre la vicenda naturalmente si è svolta
altrove, nella Spagna del governo Zapatero, otto mesi fa. Il braccio di ferro
fra stato laico e vescovi è andato avanti e oggi il governo spagnolo studia
addirittura una revisione del Concordato del 1979. Una realtà lontana da noi.
Nelle scuole italiane, più devastate dal bullismo di quelle spagnole, l´ora di
educazione civica è abolita nelle primarie e quasi inesistente nelle superiori.
Lo Stato in compenso si preoccupa di tutelare il più possibile l´ora di
religione, al singolare: cattolica. Quanto ai finanziamenti alle scuole private
cattoliche, in teoria vietati dall´articolo 33 della Costituzione («Enti e
privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza
oneri per lo Stato»), l´attuale governo di centrosinistra, con il ministro
Fioroni all´Istruzione, è impegnato al momento a battere i record di generosità
stabiliti ai tempi di Berlusconi e Letizia Moratti.
L´ora facoltativa di religione costa ai contribuenti italiani circa un miliardo
di euro all´anno. E´ la seconda voce di finanziamento diretto dello Stato alla
confessione cattolica, di pochi milioni inferiore all´otto per mille. Ma
rischia di diventare in breve la prima. L´ultimo dato ufficiale del ministero
parla di 650 milioni di spesa per gli stipendi agli insegnanti di religione, ma
risale al 2001 quando erano 22 mila e tutti precari. Ora sono diventati 25.679,
dei quali 14.670 passati di ruolo, grazie a una rapida e un po´ farsesca serie
di concorsi di massa inaugurati dal governo Berlusconi nel 2004 e proseguita
dall´attuale.
Il regalo del posto fisso agli insegnanti di religione è al centro d´infinite
diatribe legali. Per almeno due ordini di ragioni. La prima obiezione è di
principio. L´ora di religione è un insegnamento facoltativo e come tale non
dovrebbe prevedere docenti di ruolo. Per giunta, gli insegnanti di religione
sono scelti dai vescovi e non dallo Stato. Ma se la diocesi ritira l´idoneità,
come può accadere per mille motivi (per esempio, una separazione), lo Stato
deve comunque accollarsi l´ex insegnante di religione fino alla pensione.
L´altra fonte di polemiche è la disparità di trattamento economico fra
insegnanti «normali» e di religione. A parità di prestazioni, gli insegnanti
di religione guadagnano infatti più dei colleghi delle materie obbligatorie.
Erano già i precari della scuola più pagati d´Italia. Nel 1996 e nel 2000,
con due circolari, i governi ulivisti avevano infatti deciso di applicare
soltanto agli insegnanti di religione gli scatti biennali di stipendio (2,5 per
cento) e di anzianità previsti per tutti i precari della scuola da due leggi,
una del 1961 e l´altra del 1980. Il vantaggio è stato confermato e anzi
consolidato con il passaggio di ruolo, a differenza ancora una volta di tutti
gli altri colleghi. L´inspiegabile privilegio ha spinto prima decine di precari
e ora centinaia di insegnanti di ruolo di altre materie a promuovere cause
legali di risarcimento. Nel caso, per nulla remoto, in cui le richieste fossero
accolte dai tribunali del lavoro, lo Stato dovrebbe sborsare una cifra
valutabile fra i due miliardi e mezzo e i tre miliardi di euro.
A parte le questioni economiche e legali, chiunque ricordi che cos´era l´ora
di religione ai suoi tempi e oggi chiunque trascorra una mattinata nella scuola
dei figli non può evitare di porsi una domanda. Vale la pena di spendere un
miliardo di euro all´anno, in tempi di tagli feroci all´istruzione, per
mantenere questa ora di religione? Uno strano ibrido di animazione sociale e
vaghi concetti etici destinati a rimanere nella testa degli studenti forse lo
spazio d´un mattino. Pochi cenni sulla Bibbia, quasi mai letta, brevi e
reticenti riassunti di storia della religione.
In Europa il tema dell´insegnamento religioso nelle scuole pubbliche è al
centro di un vivace e colto dibattito, ben al di sopra delle vecchie risse fra
clericali e anticlericali. Nello stato più laico del mondo, la Francia, il
regista Regis Debray, amico del Che Guevara e consigliere di Mitterrand, a suo
tempo ha rotto il monolitico fronte laicista sostenendo l´utilità d´inserire
nei programmi scolastici lo studio della storia delle religioni. In Gran
Bretagna la teoria del celebre biologo Roger Dawkins ( «L´illusione di Dio»),
ripresa dallo scienziato Nicholas Humprey, secondo il quale «l´insegnamento
scolastico di fatti non oggettivi e non provabili, come per esempio che Dio ha
creato il mondo in sei giorni, rappresenta una violazione dei diritti dell´infanzia,
un vero abuso», ha suscitato un ricco dibattito pedagogico. Ma è un fatto,
sostiene Dawkins, che «noi non esitiamo a definire un bambino cristiano o
musulmano, quando è troppo piccolo per comprendere questi argomenti, mentre non
diremmo mai di un bambino che è marxista o keynesiano, Con la religione si fa
un´eccezione». In Germania, Spagna, perfino nella cattolicissima Polonia di
Karol Woytjla, il dibattito non si è limitato alle pagine dei giornali ma ha
prodotto cambiamenti nelle leggi e nei programmi scolastici, come l´inserimento
di altre religioni (Islam e ebraismo, per esempio) fra le scelte possibili o la
trasformazione dell´ora di religione in storia delle religioni comparate,
tendenze ormai generali nei sistemi continentali.
In Italia ogni timido tentativo di discussione è stroncato sul nascere da una
ferrea censura. L´ora di religione cattolica è un dogma. La sola ipotesi di
affiancare all´ora di cattolicesimo altre religioni, come avviene in tutta
Europa con le sole eccezioni di Irlanda e dell´ortodossa Cipro, procura un
immediata patente di estremismo, anticlericalismo viscerale, lobbismo ebraico o
addirittura simpatie per Al Quaeda. Quanto ad abolirla, come in Francia, è un´ipotesi
che non sfiora neppure le menti laiche. Gli unici ad avere il coraggio di
proporlo sono stati, come spesso accade, alcuni intellettuali cattolici. Lo
scrittore Vittorio Messori, per esempio: «Fosse per me cancellerei un vecchio
relitto concordatario come l´attuale ora di religione. In una prospettiva
cattolica la formazione religiosa può essere solo una catechesi e nelle scuole
statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il
catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli… Perciò ritiriamo i
professori di religione dalle scuole pubbliche e assumiamoli nelle parrocchie
tassandoci noi credenti». Messori non manca di liquidare anche gli aiuti di
Stato alle scuole cattoliche, negati per mezzo secolo dalla Democrazia
Cristiana, inaugurati con la legge 62 del 10 marzo 2000 dal governo D´Alema con
Berlinguer all´Istruzione, dilagati nel periodo Berlusconi-Moratti (con il
trucco dei «bonus» agli studenti per aggirare la Costituzione) e mantenuti
dall´attuale ministro Fioroni, con giuramento solenne davanti alla platea
ciellina del meeting di Rimini. «Lo Stato si limiti a riconoscere che ogni
scuola non statale in più consente risparmio di danaro pubblico e di
conseguenza conceda sgravi fiscali. Niente di più».
Il cardinale Carlo Maria Martini, da arcivescovo di Milano, aveva dichiarato che
l´ora di religione delle scuole italiane doveva ritenersi inutile o anche «offensiva»,
raccomandando di raddoppiarla e farne una materia seria di studio oppure lasciar
perdere.
La Cei ha sempre risposto che l´ora di religione è un successo, raccoglie il
92 per cento di adesioni, a riprova delle profonde radici del cattolicesimo in
Italia. Ma se la Cei ha tanta fiducia nei fedeli non si capisce perché chieda
(e ottenga dallo Stato) che l´ora di religione sia sempre inserita a metà
mattinata e mai all´inizio o alla fine delle lezioni, come sarebbe ovvio per un
insegnamento facoltativo. Perché chieda (e sempre ottenga) il non svolgimento
nei fatti dell´ora alternativa. In molte materne ed elementari romane ai
genitori è stato comunicato che i bambini di 5 o 6 anni non iscritti all´ora
di religione «potevano rimanere nei corridoi». Prospettiva terrorizzante per
qualsiasi madre o padre. D´altra parte la sicurezza ostentata dai vescovi si
scontra con l´allarme lanciato nella relazione della Cei dell´aprile scorso
sul progressivo abbandono dell´ora di religione, con un tasso di rinuncia che
parte dal 5,4 delle elementari e arriva al 15,4 per cento delle superiori (con
punte del 50 non solo nelle regioni «rosse» come la Toscana o l´Emilia-Romagna
ma anche in Lombardia e nelle grandi città), man mano che gli studenti crescono
e possono decidere da soli.
Alla fine nessun argomento ufficiale cancella il dubbio. L´ora di religione,
così com´è, costituisce davvero un insegnamento del catechismo («che in ogni
caso ciascuno si può portare a casa con poche lire» ricordava don Milani) o
non piuttosto un altro miliardo di obolo di Stato a san Pietro?
(Hanno collaborato Carlo Pontesilli e Maurizio Turco)