SCHEDA n° 1 - IL VATICANO E LE SUE FINANZE
SCHEDA n° 2 – I FINANZIAMENTI DELLO STATO ITALIANO ALLA CHIESA CATTOLICA
SCHEDA n° 1 - IL VATICANO E LE SUE FINANZE
a cura di G. Loffredo – Dip. Naz.
Scuola Prc
La
Città del Vaticano si estende su 44 ettari di terreno. Ha 911 residenti di cui
532 cittadini, il cui reddito pro-capite ammonta a 407.095 euro. Non produce
beni e i suoi servizi sono per lo più gratuiti. La sua economia (con i suoi
profitti) si basa sugli investimenti, mobili e immobili, sul patrimonio
esistente, le rendite e sulle rimesse delle diocesi sparse nel mondo; sono 4.649
riunite in 110 Conferenze Episcopali. Il bilancio di tutto questo è tenuto
dall'Apsa (Amministrazione patrimonio sede apostolica) e la Prefettura per gli
Affari economici, guidata dal cardinale Sergio Sebastiani, lo controlla. A
quest'ultima è anche demandato il compito di controllare i bilanci dello Ior (
l'Istituto per le opere religiose ), la banca Vaticana. Ogni diocesi inoltre
gestisce un patrimonio a sé, fatto di immobili, titoli ed offerte dei fedeli.
La Città del Vaticano è composta da tre parti (a volte considerate personalità
giuridiche altre no): lo Stato, la Santa Sede e la Curia. Il primo è l'entità
territoriale, la seconda è il vertice della Chiesa e la Curia è la struttura
organizzativa. Tutte le istituzioni vaticane spesso rivendicano
l'extraterritorialità e la non rispondenza alle leggi degli altri
Stati-Nazione.
L'APSA
(Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica)
L'Apsa
è in pratica la Banca Centrale della Città del Vaticano. Essa svolge funzioni
di tesoreria e gestisce gli stipendi dello Stato. Fra i suoi compiti c'è anche
quello di coniare moneta. Nel 1998 infatti, l'Ue ha autorizzato l'Apsa ad
emettere 670 mila euro l'anno. Con la possibilità di emetterne altri 201mila in
occasione di Concili ecumenici, Anni Santi o in occasione di un'apertura della
Sede vacante. Secondo quanto riportato dai dati ufficiali della Prefettura per
gli Affari Economici, per il 2002 il Vaticano e la Santa Sede sarebbero in
deficit. di 29,5 milioni di euro. Nel bilancio però non figurano strutture come
le università pontificie, gli ospedali cattolici (Bambini Gesù di Roma, ad
esempio), i santuari (Loreto, Pompei). Ma soprattutto non figura l'obolo. Una
pratica che ha portato nel solo 2002 un gettito nelle casse della Città del
Vaticano di 52,8 milioni di euro.
LO
IOR (Istituto per le Opere Religiose)
E'
la banca della Città del Vaticano. Dopo le vicende legate al banco Ambrosiano,
al crac e al cardinale Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II lo ha
riformato. Ora la responsabilità è stata affidata a persone laiche ma di
credenze cattoliche; lo presiede, infatti, Angelo Caloia, professore
dell'università Cattolica di Milano, ex presidente del Medio Credito Lombardo e
attualmente a capo di due società di Banca Intesa. Lo Ior ha sede unica in
Vaticano. Non ha filiali in nessun altro luogo. Non ha accesso diretto ai
circuiti finanziari internazionali. Non aderisce alle norme antiriciclaggio
sulla trasparenza dei conti. Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana
di monsignor Angelo Sodano. Oggi lo Ior amministra un patrimonio di circa 5
miliardi di euro. Ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa
Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce un tasso annuo del 12%. Poco si
sa sulle attività della banca; dove investa, a chi dia crediti. Nel 2002 il
dipartimento del Tesoro americano ha segnalato che il Vaticano ha 289 milioni di
dollari in titoli Usa. L'advisor inglese Guthrie Group ha reso nota una joint
venture tra Ior e partner americani per un valore di 273,6 milioni di euro.
Ultimamente le isole Cayman, il noto paradiso fiscale internazionale, sono
passate dal controllo della diocesi giamaicana, guidata dal cardinale Adam
Joseph Maida, membro del collegio di vigilanza dello Ior, a quello diretto del
Vaticano.
MA……QUANTO
CI COSTA IL VATICANO?
Città
del vaticano è il più piccolo stato del mondo ma anche il più rispettato. Si
tratta di una monarchia assoluta elettiva.
Grazie
al carisma del Papa, all'organizzazione piramidale e non democratica ed
all'esercizio delle attività di apostolato e di beneficenza, la Santa Sede
amministra i suoi beni e le sue società in tutto il mondo. I suoi beni immobili
(beni ecclesiastici) situati in altri stati godono in numerose nazioni, tra le
quali l'Italia, di regimi privilegiati ed in alcuni casi di extraterritorialità
che consentono l'esonero da imposizione di tasse. Per questi regimi speciali,
che valgono anche in temi di commerci, di contratti e di donazioni nonché per
l'opacità della sua finanza, Città del Vaticano, pur con le debite differenze,
è stato spesso paragonata alle " giurisdizioni off shore" (paradisi
artificiali).
In
Italia in particolare si intrecciano proprietà immobiliari, attività bancarie,
imprese industriali, finanziamenti diretti e indiretti a carico del bilancio
dello Stato Italiano e di Enti Pubblici. Ciò crea una posizione di quasi
monopolio del vasto mondo dell'assistenza, una presenza costante in tutte le
iniziative a favore dei giovani, della gestione di cliniche. di enti
ospedalieri. Con il condizionamento operato dalla chiesa sul parlamento nella
produzione legislativa, necessaria a creare una indispensabile cornice
istituzionale e strutturale e sopratutto un confacente regime di privilegio
tributario.
Attraverso
i Patti Lateranensi del 1929 e successivi accordi, che hanno regolato i rapporti
tra Stato Italiano e Chiesa, poi con la nascita della Repubblica e dei governi
democristiani, lentamente l'Italia divenne la sede temporale del potere
ecclesiastico, penetrato per delega nei governi, negli enti pubblici, nelle
leggi, nella costituzione materiale. Per mantenere indenne il potere temporale
della Chiesa, il Sacro Soglio e le sue propaggini diocesane, non scomunicarono
mai le malversazioni e la pubblica corruttela che avveniva sotto gli occhi di
tutti fino a diventare sistema di governo e sottogoverno.
Eugenio
Scalfaro da La Repubblica: "Non è mistero per nessuno ed anzi storicamente
accertato che l'episcopato fu cieco e sordo di fronte al sistema della pubblica
corruttela del quale era perfettamente consapevole e spesso direttamente
beneficiario. Come accadde, tanto per ricordare un macroscopico esempio, in
occasione del vero e proprio "sacco di Roma" che durò dagli anni
cinquanta a tutti i settanta nel corso dei quali, appalti, piani regolatori,
aree verdi o di destinazione estensiva furono manipolati per favorire Ordini
religiosi, grandi famiglie papaline, dignitari della Santa Sede, società
immobiliari e palazzinari, dentro una rete di compiacenza di marca vaticana che
spolparono la città come si spolpano le ossa di un pollo" .
Cosi
il vaticano ha potuto conservare e moltiplicare in Italia immense ricchezze. Gli
innumerevoli immobili situati in tutto il territorio italiano e sopratutto a
Roma, sono anch'essi favoriti da un regime fiscale che ha del ridicolo.
Le
chiese sono semivuote ma le casse sono piene. Un fiume inesauribile di denaro
affluisce in Vaticano dall'Italia e da tutte le nazioni e comunità dove vi sia
una maggioranza cattolica: offerte, donazioni, eredità, quote di imposte.
Soltanto
una piccola parte di tali ricchezze finisce in progetti umanitari. Il resto va
alla catechesi nelle parrocchie, all'edilizia di culto, al sostegno del clero (
circa 40.000 in Italia), ma anche alle banche amiche; da qui la liquidità si
ricicla e si moltiplica in investimenti, in titoli, in immobili, in businnes
disinvolti, in azioni di industrie etc...
Non
per niente spesso il Vaticano, sempre per quanto concerne lo Stato Italiano, è
rimasto implicato in vicende strane mai completamente chiarite, come il caso
Calvi, il banchiere di Dio impiccato sotto un ponte di Londra, la vicenda del
Banco Ambrosiano e dell'assassino di Marco Ambrosoli , il sinistro ruolo dello
Ior attraverso il misterioso Marcinkus ed altri faccendieri di alto bordo tra i
quali Michele Sindona.
Consulente
finanziario del Vaticano e della mafia italo-americana, il finanziere siciliano
Sindona negli anni 60 brucia le tappe e diviene un protagonista del mercato
finanziario americano. Sospettato negli Usa di essere coinvolto nel traffico
internazionale di stupefacenti e legato ad ambienti mafiosi, in Italia può
continuare a gestire i suoi sporchi affari grazie ai rapporti con la democrazia
cristiana ed alle credenziali che gli derivano dal suo legame personale con
Paolo VI.
Quest'ultimo
lo incarica di eludere la legislazione fiscale sottraendo alla tassazione
l'ingente patrimonio azionario vaticano (che esulava dai privilegi fissati dal
Concordato). Sindona non tradisce le aspettative del Pontefice trasferendo gli
investimenti nel mercato esentasse degli eurodollari tramite un rete di banche
off-shore domiciliate nei paradisi fiscali. Non si sa se la chiesa abbia
beneficiato del condono sul rientro di capitali dall'estero ideato da Tremonti.
Il
Vaticano probabilmente ebbe rapporti anche con la banda della Magliana. A questo
riguardo assai strana e curiosa appare la vicenda di Enrico De Pedis, appunto
boss della famigerata banda. Dopo una vita costellata da una serie di gravi
reati quali associazione per delinquere, traffico di stupefacenti, rapine a mano
armata, omicidi, il due febbraio 1990 nella romana via del Pellegrino viene
ucciso da bande rivali. Il 9 luglio 1997 un'interrogazione parlamentare del
leghista Borghezio invita il Ministro degli Interni ad accertare i motivi per i
quali il noto gangster Enrico De Pedis riposi nella cripta della Basilica di
Sant'Apollinare, un privilegio che secondo il diritto canonico spetta soltanto
al Sommo Pontefice, ai cardinali ed ai vescovi.
Si
accerta che il nulla osta per la sepoltura era stato richiesto al Vaticano da
monsignor Pier Vergari, rettore della Basilica, cioè lo stesso prelato che ai
funerali aveva impartito l'estrema benedizione al boss di testaccio. Secondo il
quotidiano l'Unità questo enigma imbarazzante ha una soluzione
politica-religiosa, ma di fatto rimangono solo ipotesi mai approfondite.
In
particolare per quanto riguarda l'omicidio Pecorelli del 1979, la procura di
Perugia ha ipotizzato l'esistenza di contatti organici tra la banda della
Magliana, cosa nostra e ambienti politici romani che facevano capo a Giulio
Andreotti e Claudio Vitalone (poi usciti indenni dai processi a loro carico).
Comunque Pecorelli, secondo testimonianze di un pentito, sarebbe stato ucciso da
un commando composto da sicari della banda della Magliana e cosa nostra.
L'IMBROGLIO
DELL'OTTO PER MILLE
Il
finanziamento dello Stato Italiano alla Chiesa Cattolica, deciso con la
revisione concordataria del 1984 fu sottoscritto da Craxi per acquisire
benemerenze presso il Vaticano. E con l'imbroglio dell'otto per mille nella
formulazione italiana, tale finanziamento non può che essere definito una
colossale truffa. Infatti la percentuale dei contribuenti italiani che firmano
in calce alla denuncia dei redditi l'otto per mille a favore della Chiesa
cattolica è di circa il 45% che poi in sede di liquidazione dell'importo
calcolato diventa come d'incanto il 90%.
OPERE
DI BENE, MA NON SOLO
Il
piatto vale ben oltre un miliardo di euro. La partita si gioca a sette, ogni
anno, quando arriva il momento di presentare la dichiarazione dei redditi,
quando gli italiani decidono a chi destinare l'otto per mille del loro
imponibile: alla Chiesa cattolica? Alle altre cinque confessioni di minoranza
ammesse alla spartizione? O allo Stato? Un dubbio che non tocca la stragrande
maggioranza degli italiani, che hanno inequivocabilmente deciso di premiare la
Santa Sede. Ma che si ripropone quando si fanno i conti finali, per vedere come
e dove sono stati spesi i soldi dei contribuenti.
I
numeri parlano chiaro e dicono che la Chiesa cattolica non ha rivali. Nel 2004
per la prima volta ha superato il miliardo di euro di incasso è ha stabilito il
record di preferenze: 87,17 per cento delle scelte contro l'86,58 del 2002 (anno
nel quale lo Stato ha ottenuto l'11,04 per cento dei consensi e gli altri le
briciole rimanenti). «I cittadini - dice Paolo Moscarino, direttore
dell'ufficio promozione sostegno economico della Conferenza episcopale italiana
- hanno capito che non si tratta solo di una firma ma della partecipazione
consapevole alla missione della Chiesa».
La
Cei ha illustrato qualche tempo fa l'utilizzo della sua quota di otto per mille,
a tredici anni dall'introduzione. Analizzando le cifre si scopre così che gli
introiti, dal 1990 al 2003, si sono praticamente quintuplicati. Ma la
distribuzione nei tre compiti istituzionalmente fissati dalla legge non si è
mossa in modo omogeneo.
È
cresciuta notevolmente la voce «esigenze di culto e pastorale», che va dalla
catechesi nelle parrocchie all'edilizia di culto: il fondo è passato da 38 a
oltre 420 milioni di euro. Più modesto l'aumento delle somme spese per gli
interventi caritativi (da 27 a 185 milioni di euro) e di quelle usate per il
sostentamento del clero: (da 145 a 330 milioni di euro). «Sì, solo il 18 per
cento del totale finisce direttamente in progetti umanitari», spiega ancora
Moscarino. «Attenti però a non fare semplificazioni: la carità cammina sulle
gambe degli uomini, che la Chiesa deve formare e sostenere, anche economicamente».
Ma
è il meccanismo di attribuzione a far discutere. Soprattutto per quel che
riguarda l'otto per mille di chi hanno scelto di non scegliere, lasciando in
bianco la casella della dichiarazione dei redditi. Si tratta della maggioranza
delle persone che pagano le tasse. In cifre: 22 milioni su 36 milioni di
contribuenti del '99 (che hanno determinato la spartizione dell'anno scorso).
Ebbene, il loro otto per mille è stato diviso tra tutti i pretendenti in
proporzione delle preferenze ottenute.
In
altre parole: l'87 per cento dell'otto per mille di chi non ha preso alcuna
decisione è andato comunque alla Chiesa cattolica, il dieci allo Stato. E così
via. «Il sistema non ci piace», affermò in un’intervista Ignazio Barbuscia,
tesoriere dell'unione delle chiese avventiste del settimo giorno. «Avevamo
proposto che quei soldi andassero allo Stato, ma evidentemente hanno prevalso
altre logiche».
Già,
lo Stato. Anche sulla gestione del suo otto per mille non mancano le polemiche.
Nel
2001 i tre quarti dei cento milioni di euro di sua competenza sono stati
distolti, con un semplice decreto legge, dagli scopi prefissati. E sono stati
impiegati per finanziare la missione in Albania (con i risvolti militari che ne
conseguono). Nello stesso anno, appena 500 euro sono andati a progetti per
combattere la fame nel mondo. La denuncia arrivò dai consumatori dell'Aduc, che
contro l'attuale sistema dell'otto per mille hanno lanciato una campagna che va
avanti da anni. «Non solo lo Stato costringe i cittadini a finanziare le
religioni altrui. Ma si rende protagonista di una vera beffa», asserì in un
commento il presidente Vincenzo Dovuto. «Se si va a vedere infatti il dettaglio
delle spese dello Stato si scopre che, per esempio, nel 2002 un terzo dei cento
milioni di euro che i cittadini hanno dato allo Stato sono serviti per
ristrutturare beni culturali di proprietà, guarda caso, della Chiesa cattolica».
COME
PUÒ AVVENIRE QUESTO GIOCO DI PRESTIGIO ?
Il
nuovo sistema di finanziamento è regolato da una legge di attuazione della
revisione concordataria, e cioè dalla legge 222 del 20.05.1985.
L'entità
dell'otto per mille dell'IRPEF (cioè del reddito denunciato come tassabile
d'imposta) è attualmente di circa un miliardo di euro (2000 miliardi di lire)
ma per un effetto dell'inflazione(e nei periodi di boom economico anche
dell'aumento del reddito imponibile) è ovvio che la percentuale attribuibile
alla Chiesa cattolica continuerà a lievitare. E continua a lievitare anche
grazie a martellanti spot pubblicitari che invadono le televisioni alla vigilia
di ogni pagamento di tasse.
Analizzandole
cifre si scopre cosi che gli introiti, dal 1990 al 2003, si sono praticamente
quintuplicati. Questo versamento effettuato da tutti i contribuenti può essere
suddiviso mediante una scelta espressa fra lo Stato, la Chiesa cattolica e le
altre piccole cinque confessioni religiose che hanno accettato di partecipare
alla spartizione (i testimoni di Geova i più pericolosi concorrenti del
Vaticano, sono da dieci anni in attesa di essere inseriti, ma inutilmente).
Il
meccanismo perverso che favorisce la Chiesa Cattolica è il seguente: la quota
dell'otto per mille di quei contribuenti (circa 22 milioni su 36 milioni) che,
intendendo sottrarsi a tale invito, non firmano nessuna preferenza , loro
malgrado sono quasi totalmente aggiunti alla quota riservata alla Chiesa
cattolica. Ciò in virtù di uno stratagemma ideato per aggirare l'ostacolo dei
non credenti e mantenere il più alto possibile l'introito per la Chiesa
Cattolica. Il comma 3 dell'art. 21 della legge citata infatti prevede che in
caso di scelta non espressa dei contribuenti, la destinazione si stabilisce in
proporzione alle scelte espresse. Quale che sia, cioè, la percentuale delle
scelte espresse, anche la quota su cui non è stata effettuata nessuna scelta
viene distribuita alla Chiesa Cattolica o allo Stato, in percentuale alle scelte
in loro favore. A questa ulteriore spartizione le altre confessioni
dignitosamente non hanno accettato di partecipare.
Insomma
su cento cittadini 90 non si esprimono (per disinteresse) e solo 8 firmano per
la Chiesa cattolica, l'80% della quota irpef stabilita andrà alla Chiesa
cattolica. Ma anche le somme accumulate per nella scelta a favore dello Stato
(circa il 10%) sono convogliate per lo più ad opere assistenziali, in Italia
quasi interamente in mano alla Chiesa cattolica. Questo meccanismo non rispetta
in alcun modo la volontà di chi , non scegliendo o scegliendo lo Stato, ha
ritenuto di sottrarsi all'obbligo di partecipare a questo tipo di referendum.
Peraltro il sistema viola il diritto alla privacy, il che si aggrava
ulteriormente da quando la legge consente ai lavoratori dipendenti di affidare
al datore di lavoro la compilazione della denuncia dei redditi, con possibili
rischi di rappresaglie sul posto di lavoro.
L'OBOLO
ESENTASSE
C'è
da dire che oltre l'8 per mille, affluisce nelle casse vaticane fino a mille
euro (due milioni di vecchie lire) detraibile dalla denuncia dei redditi. L'art.
46 della legge di attuazione concordataria che prevede questa forma di
erogazione, chiamata "obolo" è un contributo personale e facoltativo
ma grava comunque sotto forma di minori introiti sulle esangui pubbliche finanze
italiane. Occorre aggiungere che mentre gli esperti finanziari avevano previsto
che da queste offerte scaturisse il più rilevante finanziamento della Chiesa,
cosi non è stato. Il loro gettito è stato di circa 25 milioni di euro l'anno
ed è attualmente in diminuzione. Il che dimostra in maniera clamorosa che il
finanziamento complessivo dello Stato Vaticano non può essere chiamato in
nessun modo "autofinanziamento" come vorrebbe qualche cardinale (il
cardinale Ruini in testa).
I
LIQUAMI DEL VATICANO
Tra
i privilegiati che possono dissetarsi senza spendere un centesimo addossandone
l'onere ai comuni cittadini è da segnalare la Città del Vaticano che in base
all'art. 6 del concordato ha diritto a ricevere tutta l'acqua di cui ha bisogno
(circa cinque milioni di metri cubi l'anno) senza versare un centesimo all'Acea.
Ma la faccenda comincia a complicarsi quando la più recente normativa italiana
include nella tariffa (la bolletta dell'acqua) anche il canone per le fognature
e la depurazione. prima del 70 gli scarichi finivano direttamente sul Tevere.
Successivamente si e invece cominciato e riversare gli scarichi ed i liquami in
vasche e depuratori che hanno un costo per chi li gestisce e non rientrano nelle
previsioni concordatarie.
Per
il rispetto della santa Sede, l'Acea non aveva osato sollevare la questione,
sino a che, nel 1999, quando la municipalizzata venne privatizzata ed entrò in
borsa, il credito di alcuni miliardi di lire divenne difficile da nascondere
facendoli pagare ai cittadini della capitale. Peraltro vi erano mugugni dei
piccoli azionisti i quali reclamavano affinché il buco di bilancio fosse
risanato da qualcuno, o dalla Santa Sede o dallo Stato Italiano. IL delicato
dossier passò immediatamente al vaglio del Ministero degli Esteri, trattandosi
di rapporti tra Stati.
La
più imbarazzante vertenza che abbia mai diviso le due sponde del Tevere, da un
lato la municipalizzata Acea che chiedeva 50 miliardi di vecchie lire quali
arretrati di 20 anni di scarichi abusivi, dall'altra parte i prelati
rappresentanti del Vaticano offesi per essere stati trattati come morosi
qualsiasi e soprattutto per un fatto di liquami, è finita nel migliore dei
modi. Nella finanziaria per il 2004 è comparsa una voce relativa ai 25 milioni
di euro da versare all'Acea per i liquami arretrati e 4 milioni di euro a
partire dal 2005. Naturalmente il costo dei liquami del Vaticano si è riversato
sui cittadini Romani.
UNA
COSA È SICURA: LE FINANZE DI DIO SONO DAVVERO INFINITE
L’ultima
volta che se ne parlò fu alla fine degli anni Ottanta, quando si chiuse il caso
del Banco Ambrosiano. Per uscire dal crac lo Ior, allora guidato da monsignor
Paul Marcinkus, pagò 250 milioni di dollari ai liquidatori della ex banca di
Roberto Calvi (meno di un quarto dei 1.159 milioni che, secondo il ministro del
Tesoro dell’epoca, Beniamino Andreatta, doveva alle consociate estere
dell’azienda di credito milanese). Da quegli anni nell’Istituto per le opere
religiose molte cose sono cambiate, altre sono rimaste identiche. Giovanni Paolo
II lo ha riformato nel 1990, affidandone la responsabilità a «laici cattolici
competenti» e riservando ai prelati una funzione di vigilanza. Dal 1989 alla
guida dell’istituto siede Angelo Caloia, professore dell’università
Cattolica di Milano, ex presidente del Mediocredito Lombardo e oggi a capo di
due società di Banca Intesa, una delle quali costituita in Lussemburgo.
Identico rispetto a 20 anni fa, invece, è il riserbo che circonda le attività
della banca vaticana. Lo Ior ha una sola sede, naturalmente dentro le mura della
Città Stato. Non ha altri sportelli e dispone di un unico bancomat.
All’estero, Italia compresa, non ha un ufficio, una rappresentanza, un punto
d'appoggio fisico. E non ha neppure accesso diretto ai circuiti finanziari
internazionali. Per operare in Europa si avvale di due grandi banche, una
tedesca e una italiana. Si fa il nome di Banca Intesa, della quale lo Ior
possiede il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto
Gruppo bresciano dei soci), e di Deutsche Bank; ma nessuno lo conferma con
certezza. E non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti.
Una banca strana, regolata dalla consegna del silenzio in nome del segreto di
Stato.
TUTTO
SOTTO IL CONTROLLO DELLA SEGRETERIA
Il
riferimento è la Segreteria di Stato del cardinale Angelo Sodano. È stato lo
stesso Caloia a spiegare l’essenza dello Ior in un documento inedito che
Economy pubblica in esclusiva. In una dichiarazione scritta per la corte
distrettuale della California e presentata attraverso Franzo Grande Stevens, da
15 anni avvocato dello Ior e membro nel consiglio di amministrazione di Ifil, la
finanziaria che controlla Fiat, il presidente della banca vaticana ha rivelato
che «i depositanti sono i dipendenti del Vaticano, i membri della Santa Sede,
gli ordini religiosi e le persone che depositano denaro destinato, almeno in
parte, a opere di beneficenza». Almeno in parte.
Caloia
ha affermato che «nel mio ufficio è la norma fare riferimento al cardinale
Angelo Sodano». E ha aggiunto: «Il segretario di Stato ha un notevole
controllo sulla progettazione e l’esecuzione di tutte le nostre attività,
compresi i budget e le operazioni».
Una
lunga e illuminante dichiarazione, che termina sottolineando la peculiarità
dell’Istituto: l’immunità che deriva dall’essere una banca di Stato, non
sottomessa ad alcuna legislazione, né nazionale né internazionale. «Niente in
questa dichiarazione» ha infatti ribadito Caloia, concludendo la sua
testimonianza, «va inteso, né può essere preso come una sottomissione alla
giurisdizione di questa Corte, o una rinuncia a qualsiasi diritto di immunità
sovrana».
INTERESSI
AL 12% ANNUO
Al
suo arrivo allo Ior, 13 anni fa, Caloia trovò nei forzieri 5 mila miliardi di
lire e titoli soprattutto esteri. Oggi lo Ior amministra un patrimonio stimato
di 5 miliardi di euro e funziona come un fondo chiuso, come ha spiegato sempre
Caloia. In pratica, ha rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti
garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di lieve
consistenza. Un esempio? La Jcma, un’associazione di medici cattolici
giapponesi, nel 1998 ha depositato 35mila dollari presso la banca vaticana. A 4
anni di distanza si è ritrovata sul conto quasi 55mila dollari: il 56% in più.
E se i clienti guadagnano il 12% medio annuo, vuol dire che i fondi
dell’Istituto rendono ancora di più. Quanto, però, non è dato saperlo.
CAYMAN
SOTTO IL CONTROLLO DEL VATICANO
Quindi
lo Ior investe bene. Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del
Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha
298milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine
(49milioni in bond societari, 36milioni in emissioni delle agenzie governative e
17milioni in titoli governativi) più 1milione di euro in obbligazioni a breve
del Tesoro. E l’advisor inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala
una joint venture da 273,6milioni di euro tra Ior e partner Usa. Di più è
impossibile sapere. Soprattutto sulle società partecipate all’estero
dall’istituto presieduto da Caloia.
Basta
un esempio per capire dove i segreti vengono conservati: le Isole Cayman, il
paradiso fiscale caraibico, spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph
Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello Ior. Le Cayman
sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per
essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.
LE
BEGHE DEI CONDOMINI DELLO IOR
E
in Italia? Anche Oltretevere lo Ior mantiene il senso degli affari. I diritti di
voto dei 45milioni di quote di Banca Intesa (per un valore in Borsa di circa
130milioni di euro) sono stati concessi alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio
di un dividendo maggiorato rispetto a quello di competenza. E quando la Borsa
tira, gli affari si moltiplicano. Un esempio? Nel 1998 non sfuggì a molti
l’ottimo investimento (100miliardi di lire) deciso da Caloia nelle azioni
della Banca popolare di Brescia: in meno di 12 mesi il capitale si quadruplicò,
naturalmente molto prima del crollo del titolo Bipop. Ma il patrimonio dello Ior
non è solo mobile. E dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con
gli inquilini di 4 condomini di Roma e Frascati che lo Ior, a cavallo fra il
2002 e il 2003, ha venduto alla società Marine Investimenti Sud, all’epoca di
proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno dei laici
della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e oggi in mano alla
lussemburghese Longueville. Gli inquilini, però, affermano di sentirsi chiedere
il pagamento del canone di locazione ancora dallo Ior. Che nei documenti
ufficiali compare anche come Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus
tutandis, con il codice fiscale italiano dell’istituto: 80206390587
QUELL'ASSEGNO
DA 2,5 MILIONI FIRMATO DAI CAVALIERI DI COLOMBO
Per
il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il 25 ottobre 2003 ha
ricevuto un assegno da 2,5milioni di dollari, la rendita di un fondo
d’investimento americano da 20milioni di dollari dedicato a lui, il Vicarius
Christi Fund. Il denaro è gestito dall’ordine cavalleresco cattolico più
grande del mondo: The Knights of Columbus, i Cavalieri di Colombo, che conta su
1,6milioni di membri tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica
Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini. Alla
Congregazione per le cause dei santi stanno vagliando la canonizzazione di
Michael McGivney, che ha fondato l’ordine 122 anni fa nel gli insegnanti di
religione cattolica di qualsiasi tipo di scuola.
L’idoneità all’insegnamento della religione cattolica è data dal Vescovo. In precedenza, stante l'attuale normativa che prevede l'obbligatorietà nell'organizzare l'ora di religione da parte dello stato ma la facoltatività di adesione da parte degli studenti, lo Stato assumeva gli insegnanti di religione con contratti annuali, in funzione dell’effettiva esigenza (in poche parole, in base al numero delle classi con studenti che richiedevano l’insegnamento della religione); con la Legge 186 gli insegnanti di religione cattolica diventano dipendenti statali a tutti gli effetti, con stato giuridico, trattamento economico e diritto alla mobilità equivalenti a tutti gli altri insegnanti, in precedenza il trattamento economi
Connecticut.
Un omaggio a un’associazione che da anni vanta legami molto stretti con la
Santa Sede.
Il
suo cavaliere supremo, Virgil Dechant, è uno dei 9 consiglieri dello Stato Città
del Vaticano e anche vicepresidente dello Ior. Mentre gli utili del Vicarius
Christi Fund, nato nel 1981, sono consegnati ogni anno a Giovanni Paolo II nel
corso di un’udienza riservata ai cavalieri americani. Con i 2,5milioni di
dollari regalati a Karol Wojtyla il 9 ottobre 2003, il totale delle donazioni
dell’ordine cavalleresco al vicario di Cristo ha superato i 35milioni di
dollari. Nulla, in confronto ai 47miliardi di dollari del fondo assicurativo
sulla vita gestito dai Cavalieri di Colombo, al quale Standard & Poor’s
assegna da anni il rating più elevato.
L’ordine
investe nei corporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e
canadesi e solo nel 2002, piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza
domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha incassato 4,5 miliardi
di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Una parte delle entrate, 128,5
milioni di dollari, è stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari,
scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano che nel 2002, tra la rendita del
fondo del Papa, gli assegni alle nunziature apostoliche di Usa e Jugoslavia, il
contributo alla Santa Sede nella sua missione di osservatore permanente all’Onu
e quello per il restauro della basilica di san Pietro, ha ricevuto dai Cavalieri
di Colombo 1,98milioni di dollari.
LE
PROPRIETA’ IMMOBILIARI "CONOSCIUTE"
Le
Proprietà della Santa Sede, come concordato nei Patti Lateranensi del 1929 sono
tutte con privilegio di extraterritorialità.
Al
di fuori della Città del Vaticano:
Basilica
di San Giovanni in Laterano;
Palazzo
del Laterano
Basilica
di Santa Maria Maggiore;
Basilica
di San Paolo fuori le mura, incluso il monastero;
Palazzo
di San Callisto;
Immobili
sul Colle del Gianicolo appartenenti al Sacro Collegio della Propaganda Fide;
Palazzo
dei Santi Apostoli affiancato alla Basilica dei Santi Apostoli;
Palazzo
contiguo alla Chiesa di San Carlo ai Catinari;
Palazzo
del Datari presso il Palazzo del Quirinale;
Palazzo
della Cancelleria tra Corso Vittorio Emanuele e Campo de' Fiori;
Palazzo
della Propaganda Fide a Piazza di Spagna.
Palazzo
del Sant'Uffizio adiacente a Porta Cavalleggeri, accanto a piazza San Pietro;
Palazzo
della Congregazione della Chiesa Orientale, già Palazzo dei Convertendi in
Piazza Scossacavalli - ora non più in essere, e spostato ad un palazzo vicino;
Palazzo
del Vicariato in Via Della Pigna, alla fine di Corso Vittorio Emanuele e vicino
a Piazza del Gesù;
Università
Gregoriana in Via Del Seminario, vicino alla Chiesa di Sant'Ignazio.
Università
Gregoriana alla Pilotta, di fronte a Piazza di Pilotta;
Istituto
Biblico in Piazza di Pilotta;
Istituto
Archeologico, Istituto Orientale, Collegio Lombardo e Collegio Russo in Piazza
Santa Maria Maggiore;
I
due Palazzi di Sant'Apollinare tra Piazza Sant'Apollinare e Via della Serola;
La
Casa di Riposo per il Clero dei Santi Giovanni e Paolo, compreso il Nympheum di
Nerone, sul Colle Celio.
Proprietà
della Santa Sede al di fuori di Roma:
Palazzo
Pontificio e Villa Barberini nella città di Castel Gandolfo (vedi Castel
Gandolfo (Palazzo Pontificio)).
Area
di Santa Maria di Galeria, che ospita gli impianti della Radio vaticana. Questa
superficie, concessa dall'Italia alla Santa Sede negli anni Cinquanta, è molto
più estesa del territorio dello Stato (44 ettari).
Proprietà
cedute alla Santa Sede e non extraterritoriali:
Basilica
della Santa Casa a Loreto, in provincia di Ancona;
Basilica
di San Francesco ad Assisi, in provincia di Perugia.
Basilica
di Sant'Antonio di Padova a Padova.
Le
cifre dell'evasione (illegale o legalizzata)
L'Espresso
n. 18 del 12 maggio 2005 ha riportato numerose cifre per la famigerata ICI
(Imposta comunale sugli immobili) che i Comuni, dopo la famosa sentenza della
Cassazione, avevano iniziato a pretendere, inviando la cartella esattoriale agli
enti ecclesiastici che esercitavano anche attività commerciale o
imprenditoriale.
A
tal fine abbiamo cercato di calcolare, sulla base di una vecchia inchiesta
dell'Europeo e di un comune elenco telefonico, quanti in concreto possano essere
gli enti ecclesiastici in Italia, cominciando dalla capitale, Roma. A nostro
parere infatti le statistiche ufficiali del Ministero dell'Interno che parlano
di circa 32.000 enti. comprendendo soltanto gli enti ecclesiastici riconosciuti
dallo Stato, appaiono limitative. Ignorano infatti gli enti e le associazioni
religiose non riconosciuti e non dotati di personalità giuridica anche se
concretamente operanti sul territorio.
A
Roma gli enti religiosi che non pagano tasse in base al Concordato ed alle leggi
successive sono i seguenti:
ISTITUTI
DI SUORE 400 (vedi pag. 2459 dell'attuale elenco telefonico)
PARROCCHIE
300 (vedi pag. 632)
SCUOLE
CATTOLICHE 250 (vedi pag. 2325)
CHIESE
NON PARR. 200 (vedi pag. 635)
CASE
GENERALIZIE 200 (vedi pag. 545)
ISTITUTI
RELIGIOSI 90 (vedi pag. 1397)
MISSIONI
50 (pag. 1724)
CASE
DI CURA 55 (pag. 563)
COLLEGI
43 (pag. 700)
MONASTERI
30 (pag. 1736)
CASE
DI RIPOSO 20 (pag. 546)
SEMINARI
20 (pag. 2341)
OSPEDALI
18 (pag. 1852)
CONVENTI
16 (pag. 744)
ORATORI
13 (pag. 1842)
CONFRATERNITE
10 (pag. 744)
CASE
DI CURA 10 (pag. 546)
OSPIZI
6
TOTALE
1.731
(da arrotondare a 2.000 considerando il sommerso)
Da
notare che fra i 2000 immobili sono compresi il vastissimo Ospedale Gemelli con
annessa Università, nonché l'enorme complesso di Radio Vaticana attualmente
sotto processo a causa dei danni elettromagnetici provocati dalle sue antenne di
Cesano.
Tenendo
presente l'incidenza della popolazione di Roma in relazione al totale della
popolazione italiana, abbiamo quindi stimato approssimativamente in circa 50.000
il numero degli immobili ecclesiastici presenti in tutta Italia, cifra che è
puramente indicativa ma che è certamente più vicina alla realtà della cifra
data dal Ministero. Da rilevare soprattutto che ciascun ente ecclesiastico può
essere titolare di più immobili.
Pur
essendo arduo calcolare esattamente gli stabili irregolari in base alla sentenza
di Cassazione citata, anche perché molti non risultano neanche censiti dal
catasto, si è stimata una cifra sicuramente non lontana dalla realtà, di circa
30.000 stabili sparsi in tutta Italia, che hanno eluso illegittimamente l’ICI
perché vi si esercitava un'attività commerciale.
Ebbene,
l’ICI evasa dai 30.000 enti ecclesiastici che esercitavano ed esercitano anche
altre attività di tipo commerciale o imprenditoriale risulterebbe di circa 2
miliardi e 400 milioni di euro, cifra media ottenuta moltiplicando gli 80.000
euro (richiesti da qualche Comune dopo la famigerata sentenza della Cassazione)
per 130.000 stabili considerati.
MA
NATURALMENTE NON C'È SOLTANTO L'ICI.
All'ICI
bisognerebbe aggiungere l'ammontare dovuto per tutte le altre imposte evase
legalmente, sia statali, che comunali (irpef, iva, imposta comunale incremento
di valore aggiunto ecc.) nonché per tutte le altre deduzioni benevolmente
concesse ad enti ecclesiastici riconosciuti e non riconosciuti. Considerando
soltanto gli ultimi dieci anni, e stimando un’evasione di circa 4.000 euro ad
istituto, la somma totale non sarebbe inferiore a 3 miliardi e 600.000 milioni
di euro (pari a circa 6.000 miliardi di vecchie lire).
SCHEDA
– I FINANZIAMENTI DELLO STATO ITALIANO ALLA CHIESA CATTOLICA
a
cura di G. Loffredo – Dip. Naz. Scuola Prc
Scuole
private cattoliche
In
Italia la stragrande maggioranza delle scuole private risulta gestita
direttamente da ordini o istituti cattolici o si ispira all’educazione
cattolica; per molti una legislazione che determina lo stanziamento di fondi
pubblici in favore della scuola privata è considerata come un
"favore" alla Chiesa cattolica. Le scuole non statali ricevono oggi
denaro pubblico sotto forma di: sussidi diretti, per la gestione di scuole
dell’infanzia e primarie;
-finanziamenti
di progetti finalizzati all’elevazione di qualità ed efficacia delle offerte
formative di scuole medie e superiori;
-contributi
alle famiglie (i “buoni scuola” per le scuole di ogni ordine e grado).
L'articolo
33 della Costituzione della Repubblica italiana dà il diritto "ad Enti e
privati di istituire scuole ed istituti di educazione senza oneri per lo
Stato". Alcuni ritengono che alcune leggi siano in contrasto con questo
articolo; va ricordato che la Corte costituzionale non ha mai dichiarato
incostituzionale alcun provvedimento
Sussidi
diretti
Il
DM 261/98 ed il DM 279/99 (Ministro della Pubblica istruzione Giovanni
Berlinguer, Democratici di Sinistra), ed il testo unico «concessione di
contributi alle scuole secondarie legalmente riconosciute e pareggiate» che li
ha convertiti in legge, hanno costituito il presupposto per la regolare
concessione di finanziamenti alle scuole private.
Il
governo D’Alema bis con la legge 62/2000 ha sancito l'entrata a pieno titolo
nel sistema di istruzione nazionale delle scuole private, che pertanto devono
essere trattate alla pari anche sul piano economico. La legge prevede tra
l’altro:
-
l'applicazione anche alle scuole paritarie del trattamento fiscale riservato
agli enti senza fini di lucro;
-
l'istituzione di fatto dei buoni scuola statali (stanziamento di 300 miliardi di
vecchie lire a decorrere dal 2001);
-
l'aumento di 60 miliardi di lire dello stanziamento per i contributi per il
mantenimento di scuole elementari parificate;
-
l'aumento di 280 miliardi di lire dello stanziamento per le spese di
partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato;
-
lo stanziamento di un fondo di 7 miliardi di lire per le scuole che accolgono
disabili (per la scuole pubbliche l’accoglimento dei disabili è da sempre
obbligatorio).
Il
governo Berlusconi, Ministro Letizia Moratti, con il DM 27/2005 ha apportato
alla Legge 62/2000 le seguenti modifiche:
-
non si parla più di “concessione di contributi”, ma di vera e propria
“partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie”;
-
è abbassata la soglia di alunni per classe (da 10 a 8) per l’accesso ai
contributi;
-
vengono innalzati i livelli massimi dei contributi (12.000 euro per una scuola
media, 18.000 per una scuola superiore);
-
sono più che raddoppiati i finanziamenti per i progetti formativi (da circa 6
milioni di euro ad oltre 13 milioni).
Nel
2005 l'ammontare dei contributi alle scuole non statali è stato di circa 527
milioni di euro (si veda la circolare ministeriale 38/2005).
Con
due successivi Decreti rispettivamente Direttoriale e Dirigenziale, emanati in
data 25 settembre 2003 e 19 dicembre 2003, il MIUR rende noto l'elenco delle
scuole secondarie di primo e di secondo grado - legalmente riconosciute,
pareggiate o paritarie - ammesse per l'esercizio finanziario 2003 al
finanziamento di progetti "miranti alla elevazione dei livelli di qualità
ed efficacia delle attività formative." Mentre il Decreto direttoriale del
25 settembre individua un primo elenco delle scuole che hanno visto finanziati i
propri progetti con le relative somme attribuite, quello successivo
dirigenziale, a seguito di una ulteriore integrazione dei fondi disponibili,
contiene un elenco di scuole e di finanziamenti aggiuntivi al primo. Pertanto
gli importi complessivi stanziati per l'esercizio finanziario 2003 è
rappresentato dalla sommatoria dei due totali pari a 7.889.484 euro assegnati a
fronte di curo 8.671.198 disponibili (cfr. circolare ministeriale n. 82 del 6
novembre 3003). "La parte del leone" nella acquisizione di questi
fondi è svolta nell'ordine dalle scuole di Lombardia, Lazio e Veneto, alle
quali il piano di ripartizione dei fondi 2003 assegna le quote più alte. E'
noto come la maggior parte di queste scuole sia di gestione cattolica.
Nel
2006 a fronte dei tagli apportati dalla legge finanziaria, i finanziamenti
diretti alla scuola non statale sono stati incrementati (si vedano la circolare
ministeriale 31/2006 ed il piano di riparto a livello regionale delle risorse
destinate alle scuole non statali per il 2006). Infatti, dalla comparazione
delle somme stanziate dalla precedente c.m. 38/2005 con quelle della c.m.
31/2006 si evidenzia il passaggio dalla somma complessiva revisionale di circa
527,5 milioni a quella di circa 532,3 milioni di euro con un aumento di circa
4,8 milioni di euro, assegnati ai capitoli delle unità previsionali di base
“scuole non statali” degli Uffici scolastici regionali, mentre sono rimaste
invariate le somme relative ai capitoli 1291 e 1474 delle unità revisionali di
base “scuole non statali” dell’Amministrazione centrale.
Buoni
scuola
I
buoni scuola vengono istituiti nel 2000 dal Governo di centro-sinistra con la
Legge 62/2000 sulla parità scolastica con un piano straordinario di
finanziamento, attuato poi dal governo di centro-destra con la Legge 289/2002
che prevede un tetto di 30 milioni di euro per il triennio 2003-2005.
La
Legge finanziaria 2004 del governo Berlusconi (Ministro Moratti), aumenta il
tetto per il 2005 a 50 milioni di euro con accesso indiscriminato ai buoni per
tutte le famiglie, senza cioè limite di reddito alcuno. La legge sulla parità,
inoltre, non prevede alcuna incompatibilità dei buoni statali con eventuali
buoni regionali (previsti poi da Veneto, Emilia Romagna, Friuli, Lombardia,
Liguria, Toscana, Sicilia, Piemonte), per cui di fatto buoni statali e regionali
risultano cumulabili.
Insegnanti
di religione
La Legge 186/2003 (varata dal governo Berlusconi con l’appoggio della Margherita e dell’Udeur) definisce lo stato giuridico de
co
era già equiparato a quello degli insegnanti di ruolo.
Il
diritto alla mobilità rende possibile per gli insegnanti di religione abilitati
all’insegnamento di altre materie, in caso di revoca dell’abilitazione del
vescovo o semplicemente per scelta personale, il passaggio ad altra cattedra
scavalcando così tutti i precari in graduatoria per quella cattedra.
Inoltre,
per tutti gli insegnanti di religione cattolica, in quanto ormai dipendenti
statali, l'eventuale revoca dell’abilitazione da parte del vescovo, comporta
per lo Stato l’obbligo di provvedere al loro impiego alternativo.
Università
cattoliche
La
Finanziaria 2004 prevede uno stanziamento di 20 milioni di euro per il 2004 e 30
milioni per il 2005 da destinare all’Università Campus Bio-Medico per la
parziale realizzazione di un policlinico universitario, per il potenziamento
della ricerca biomedica in Italia: il provvedimento è stato criticato per
l'essere un finanziamento di denaro pubblico da parte dello stato
"laico" ad un'università privata che si autodefinisce "opera
apostolica della Prelatura dell’Opus Dei", che "intende operare in
piena fedeltà al Magistero della Chiesa Cattolica, che è garante del valido
fondamento del sapere umano, poiché l’autentico progresso scientifico non può
mai entrare in opposizione con la Fede, giacché la ragione (che ha la capacità
di riconoscere la verità) e la fede hanno origine nello stesso Dio, fonte di
ogni verità" , il cui "personale docente e non docente, gli studenti
e i frequentatori dell’Università [...] considerano l’aborto procurato e la
cosiddetta eutanasia come crimini in base alla legge naturale; [...] ritiene
inoltre inaccettabile l’uso della diagnostica prenatale con fini di
interruzione della gravidanza ed ogni pratica, ricerca o sperimentazione che
implichi la produzione, manipolazione o distruzione di embrioni [...],
riconoscono che la procreazione umana dipende da leggi iscritte dal Creatore
nell’essere stesso dell’uomo e della donna, ed è sempre degna della più
alta considerazione"» Tutti considerano, pertanto, inaccettabili
interventi quali la sterilizzazione diretta e la fecondazione artificiale.(dalla
Carta delle finalità).
La
Finanziaria del 2005 prevede un finanziamento di 15 milioni di euro per il
Centro San Raffaele del Monte Tabor di don Luigi Verzè.
Nel
2004 il governo, tramite il Comitato nazionale per la valutazione del sistema
universitario, istituisce diverse ulteriori università non statali, poi
legalmente riconosciute tra cui l’Università europea di Roma dei Legionari di
Cristo (contro il parere del Comitato Regionale di Coordinamento delle Università
del Lazio) alla cui inaugurazione, nell'ottobre del 2004, partecipano il
sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta ed il governatore
della Banca d'Italia Antonio Fazio.
L’ex
Ministro dell’Istruzione,Letizia Moratti, sempre in contrasto col parere dei
rettori, dà anche riconoscimento ufficiale all’Università europea degli
studi Franco Ranieri, con sede in una palazzina di Messina di tal signor Franco
Ranieri, fondatore e Rettore dell’università in oggetto. La cosa curiosa è
che il signor Ranieri – docente di diritto – nel sito del Ministero non
compare come docente o altro in alcuna delle università italiane. C’è
tuttavia un sito – vuoto -, un consiglio di amministrazione presieduto sempre
da F. Ranieri con un direttore amministrativo che si chiama Rocco Ranieri…Un
parente?...Dopo i pareri negativi del comitato universitario per la Calabria e
del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario
all’improvviso, dopo cinque mesi circa, il Ministero firma il provvedimento
che riconosce l’università. Forse perché la prima volta il Comitato
Nazionale aveva trascurato un telegramma dell’allora Presidente della regione
Calabria Giuseppe Chiaravallotti, ex magistrato, di Forza Italia? Fortuna che il
nuovo Ministro Mussi pare abbia revocato il riconoscimento così
superficialmente sottoscritto dal passato governo di centro-destra.
La
legge 293/2003 conferisce riconoscimento legislativo all’Istituto di studi
politici San Pio V finanziandolo per 1,5 milioni di euro annui. L’istituto,
con sede in Roma, è promotore della creazione della Libera università degli
studi San Pio V, sempre in Roma, controllata dalla Congregazione dei Legionari
di Cristo, insieme all’Ateneo pontificio Regina Apostolorum. Su Repubblica,
qualche tempo fa, comparve un articolo all’interno del quale erano descritti i
piani di studio riservati a lavoratori delle amministrazioni pubbliche, cui
sarebbero concessi una quantità incredibile di crediti tali da permettere il
conseguimento di lauree con pochissimi esami scelti tra i meno impegnativi.
Insomma, alla faccia della qualità.
Assistenza
religiosa negli ospedali pubblici
Dal
2000 al 2005 numerose regioni italiane (la Sicilia e la Lombardia, governate dal
centro-destra; l’Umbria e la Toscana, governate dal centro-sinistra) firmano
con i presidenti delle Conferenze Episcopali regionali schemi di intesa per
l’assistenza religiosa negli ospedali pubblici. In particolare, quello tra la
Regione Lombardia, firmato da Roberto Formigoni, Presidente della Regione, di
Forza Italia, e il Cardinal Dionigi Tettamanzi, prevede che in tutte le
strutture sanitarie pubbliche e private sia previsto almeno un “assistente
religioso”, due in strutture con più di 300 posti letto, uno ogni 350 in
strutture con più di 700 posti letto. Gli assistenti religiosi devono essere
assunti dalla struttura ospedaliera ospitante a cui carico è anche la messa a
disposizione di: spazi per le funzioni di culto e per l’attività religiosa,
alloggi per gli assistenti, uffici, arredi, suppellettili, attrezzature, nonché
tutte le spese necessarie al loro mantenimento; spese di illuminazione, e
riscaldamento (artt. 1, 2, 4, 10 dell’Intesa).
Radio
e televisione
Con
la Legge finanziaria del 2005 viene stanziato 1 milione di euro per il
potenziamento e l'aggiornamento tecnologico nel settore della radiofonia. I
soggetti che possono usufruire del contributo sono quelli indicati al comma 190
della Finanziaria del 2004, cioè: le "emittenti radiofoniche nazionali a
carattere comunitario". Le uniche due emittenti che rispondono al requisito
sono Radio Padania Libera, la radio della Lega Nord, e Radio Maria.
La
Sipra, società concessionaria della pubblicità della Rai, ha resa nota la
cifra, pari a 9,2 milioni di euro, relativa al costo sostenuto dalla RAI per il
mancato introito pubblicitario dovuto alle variazioni di palinsesto in occasione
della massiccia copertura televisiva data alla morte di Giovanni Paolo II (con
lunghe dirette da piazza San Pietro, spesso a reti unificate) ed alla nomina di
Benedetto XVI (con le numerose trasmissioni di "approfondimento").
Tralasciamo
qui le critiche di merito su come è stato trattato l'evento dal punto di vista
qualitativo e di contenuto giornalistico, giudicato troppo agiografico e con
scarsa pluralità ed approfondimento.
Otto
per mille
La
ripartizione della quota dell'otto per mille non direttamente assegnata (per
mancata indicazione di preferenza da parte dei contribuenti) avviene
proporzionalmente all'ammontare di quanto assegnato invece con esplicita
espressione della preferenza. Ciò avvantaggia la Chiesa cattolica rispetto alle
altre istituzioni aventi diritto in quanto, appunto, la Chiesa Cattolica è
storicamente destinataria della maggior parte delle preferenze.
È
oggetto di aspre ed annose polemiche l'utilizzo che la Chiesa Cattolica fa dei
fondi assegnati, in particolare riguardo la percentuale destinata ad opere
caritative: nel 2004, dei 984 milioni di euro assegnati alla Chiesa, solo 195
vengono destinati ad opere caritative: meno del 20%, mentre la quota destinata
per le esigenze di culto (catechesi, tribunali ecclesiastici, manutenzione e
rinnovo degli immobili, gestione del patrimonio) è del 46,5%; del 33,6% quella
per il sostentamento del clero. La Chiesa Cattolica non comunica quale
percentuale dei fondi ottenuti sia usata a scopo pubblicitario e gestionale.
A
ciò si aggiunge la novità introdotta dal governo Berlusconi (DPC pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 26/1/2005 [[1]]): una parte cospicua dei fondi
assegnati dai cittadini allo Stato è destinata al finanziamento di opere di
restauro di beni ed edifici di valore storico ed artistico della Chiesa
Cattolica (circa 10 milioni di euro, il 10% dei 100 milioni complessivi di quota
statale).
Alcune
voci di spesa :
Pontificia
Università Gregoriana (Roma), 370.000 euro;
Curia
Generalizia Casa di Santa Brigida (Roma), 400.000 euro (utilizzati per la
manutenzione ordinaria e straordinaria dell’eremo del SS. Salvatore di Napoli,
acquistato con i fondi statali per il Giubileo del 2000);
Seminario
vescovile di Fiesole, 200.000 euro;
Venerabile
Confraternita Santa Maria della Purità (Gallipoli, Lecce), 300.000 euro;
Opera
preservazione della fede (Ventimiglia, Imperia), 420.000 euro;
Opera
Pia Casa Regina Coeli (Napoli) 40.000 euro;
Associazione
Volontari per il Servizio Internazionale (organizzazione non governativa
aderente alla Compagnia delle Opere, il "braccio economico" di
Comunione e liberazione) (Forlì), 203.000 euro (per un progetto alimentare
nella Repubblica Democratica del Congo).
Nonostante
il testo unico delle imposte sui redditi (DPR 917/86) non contempli parrocchie
ed altri enti ecclesiastici fra "i soggetti destinatari delle liberalità
detraibili", l’Agenzia delle entrate, stabilisce (risoluzione del 5
aprile 2005) che le offerte destinate alle parrocchie da enti non commerciali e
da persone fisiche (per la realizzazione di restauri, manutenzioni e opere di
protezione di chiese, campanili, dipinti, sculture, arredi sacri, strumenti
musicali, e in generale di beni mobili e immobili di interesse storico
artistico) possono valere come detrazione di imposta.
Agevolazioni
fiscali
Con
il decreto legge del 17 agosto 2005 il governo cambia la vecchia normativa (il
decreto legislativo 30 dicembre 1992), includendo gli immobili destinati ad
attività commerciali tra quelli compresi nel diritto all’esenzione. Secondo
alcuni ciò è avvenuto a fronte del rischio da parte degli enti ecclesiastici
di dover corrispondere ai comuni gli importi dell'Ici sugli immobili destinati
ad attività commerciali non pagati nel quinquennio 2000-2005 (quelli relativi
agli anni dal 1993 in poi sono prescritti).
Alle
polemiche sul provvedimento, la Cei, per bocca del suo ufficio nazionale per le
comunicazioni sociali, risponde con un comunicato stampa in cui denuncia le
"gravi e fuorvianti inesattezze" di tali critiche, dato che
"l’esenzione da tale imposta è già definita per legge fin dal 1992 e il
recente decreto legge non fa che confermarla, esplicitando gli ambiti di
applicazione". In realtà, nel decreto del '92 vengono chiaramente elencati
gli immobili esenti dall’imposta, quelli destinati esclusivamente allo
svolgimento di attività:
assistenziali,
previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative,
sportive; l’elenco non
comprende dunque le attività a fini di lucro, vale a dire l'oggetto delle
polemiche.
D'altronde,
già nel marzo 2004 la Cassazione stabilisce, con due sentenze, che possono
avere diritto all’esenzione Ici solo gli immobili religiosi "direttamente
utilizzati per lo svolgimento delle attività istituzionali", in quanto
equiparabili "a quelli aventi fini di istruzione o di beneficenza",
mentre non ne hanno diritto "gli immobili destinati ad altro, cosicché un
ente ecclesiastico può svolgere liberamente anche un’attività di carattere
commerciale, ma non per questo si modifica la natura dell’attività
stessa". In sintesi, ai fini tributari, "le norme applicabili
rimangono quelle previste per le attività commerciali".
Il
decreto, decaduto per mancata conversione in legge nei tempi utili, viene
ripreso nel decreto fiscale collegato alla finanziaria, in cui si estende
l’esenzione anche alle organizzazioni no-profit e alle Chiese con cui lo Stato
ha stretto un’intesa: Tavola valdese, Chiesa cristiana avventista del settimo
giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle comunità ebraiche in Italia,
Unione cristiana evangelica battista d’Italia, Chiesa evangelica luterana in
Italia
Il
mancato gettito annuale per i comuni è stimato in 300 milioni di euro. Secondo
alcuni pareri, il provvedimento presenta aspetti paradossali dal punto di vista
del diritto canonico, dato che modifica di fatto il regime tributario definito
dal Concordato, ma in una modalità non prevista dal Concordato stesso, che
infatti non può costituzionalmente essere modificato se non tramite accordo tra
le parti (Stato italiano e Chiesa Cattolica) oppure con procedimento di
revisione costituzionale. Per approfondire, si confrontino l'art. 7 della
Costituzione italiana ("...Le modificazioni dei Patti accettate dalle due
parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale") con l'art.
7 del Concordato ("...le attività diverse da quelle di religione o di
culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della
struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti
tali attività e al regime tributario previsto per le medesime).
La
"legge sugli oratori" (L. 203/2003) è presentata alla Camera dei
Deputati nel 2001 da Luca Volonté, Rocco Buttiglione ed altri parlamentari
dell’Udc; passa il 19 giugno 2003, e grazie all'intervento del Presidente del
Senato Marcello Pera, che ne consente l’esame in Commissione Affari
Costituzionali del Senato in sede deliberante, ovvero senza passaggio in aula,
è approvata nell'agosto dello stesso anno.
La
legge, definita da uno dei promotori, il senatore Maurizio Eufemi, come
"punto qualificante del programma dell’Udc" riceve un consenso da
parte di tutte le forze politiche parlamentari, ad esclusione di Comunisti
italiani e Rifondazione Comunista.
Costruita
sul modello di alcune leggi regionali di giunte di centro-destra (Lazio,
Lombardia, Abruzzo, Piemonte e Calabria), sancisce il riconoscimento e
l'incentivazione da parte dello Stato della funzione educativa e sociale svolta
nelle comunità locali grazie alle attività di oratorio o similari, dalle
parrocchie e dagli enti ecclesiastici delle Chiese (non solo quella Cattolica)
con le quali lo Stato ha stipulato intese. Tale riconoscimento rende possibile
la concessione in comodato d'uso alle Chiese dei beni mobili ed immobili di
proprietà dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Nella regione Lazio
la legge è stata mantenuta per preciso volere del Presidente Marrazzo.
Il
mancato introito da parte dei comuni derivante dall'esenzione dall'ICI sui
locali degli oratori, sancito dalla stessa legge 203 e calcolato in 2,5 milioni
di euro annui, viene coperto interamente dallo Stato.
L’art.
6 dei patti lateranensi rende la fornitura idrica al Vaticano completamente
gratuita. Il consumo annuo, in gran parte utilizzato per innaffiare i giardini
vaticani, è di circa 5 milioni di m3, corrispondente al fabbisogno di una città
di medie dimensioni.
I
pagamenti al Comune di Roma relativi all'espletamento del servizio di
depurazione delle acque (al 1999 ammontavano a 44 miliardi di lire) non sono mai
stati effettuati. In seguito alla quotazione in Borsa della Acea, lo Stato
Italiano si è accollato l'onere di saldare il debito reclamato dagli azionisti,
dietro l'impegno da parte della Santa Sede di fare fronte ai futuri costi del
servizio (2 milioni di euro annui). Nel 2004, un emendamento alla legge
finanziaria (presentato dal parlamentare di Forza Italia Mario Ferrara) di fatto
cancella l'onere a carico della Santa Sede, prevedendo lo stanziamento di 25
milioni di euro per il 2004 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2005 per
dotare il Vaticano di un sistema di depurazione proprio.
Altri
fondi
Nel
febbraio del 2004, il Presidente della regione Veneto, Giancarlo Galan (Forza
Italia), storna 50 milioni di euro dal fondo speciale per il disinquinamento
delle acque di Venezia versandoli nelle casse della curia patriarcale (fondi per
il Palazzo Patriarcale di P.ta dei Leoncini, per la Basilica della Salute, per
il Seminario Patriarcale alla Salute). La proposta era già stata approvata
all'unanimità nella riunione a Palazzo Chigi del Comitato per la gestione dei
fondi per la salvaguardia di Venezia e della laguna, presieduto dal Presidente
del Consiglio Silvio Berlusconi.
Siti
per approfondimenti
www.uaar.it
Parlamento
Italiano, Leggi della XIII legislatura
www.olir.it
- Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose
www.italialaica,
Giornale dei laici italiani
Fisica/Mente,
rivista di fisica (didattica, storia, rapporto con la filosofia, problemi della
scuola, ambiente, fede e ragione)
Sito
del ministero dell'Istruzione (circolari e note)
CEI
e SCF, Accordo per la diffusione legale di musica registrata nell’ambito delle
attività svolte dalle Parrocchie e dagli Oratori
Stanziamenti
alla scuola privata nel 2006
Bibliografia:
La Chiesa all'incasso, Emilio Carnevali e Cinzia Sciuto, articolo sulla rivista
Micromega, n.7/2005, Gruppo Editoriale L'Espresso. Enrico Minnei , Scuola
pubblica e scuola privata. Gli oneri per lo Stato, Giappicchelli, Torino, ISBN
88-348-4400-9. Silvio Ferrari, Ivan C. Iban. Diritto e religione in Europa
occidentale, Il Mulino, 1997, ISBN 8815057145. Francesco Margiotta Broglio, «In
Europa il Vaticano è declassato», Limes, numero 1/2000.