«Il
potere della Chiesa sulla città». Intervista al prof. Mauro Pesce
fonte: www.lastefani.it/settimanale
Mauro
Pesce parla argomentando ogni passaggio, cercando nella storia le cause del
presente. Alle sue spalle libri in italiano, inglese, francese, tedesco, testi
in greco antico e in ebraico sulla Bibbia, i Vangeli, la nascita delle
religioni: siamo nella sede del Centro interdipartimentale di studi
sull'ebraismo e il cristianesimo da lui fondato.
D)
Genovese di nascita, bolognese d'adozione. Cosa l'ha portata in questa città?
R)
Ho fatto l'università a Roma. Là tra il 1963 e il 1965, ai tempi del Concilio
Vaticano II, ho conosciuto molti teologi e intellettuali cattolici del
rinnovamento. Sono venuto a Bologna perché qui c'era l'Istituto per le scienze
religiose fondato nel 1952 da Giuseppe Dossetti, anche lui all'epoca a Roma come
consigliere del cardinale Lercaro. L'istituto offriva delle borse di studio:
arrivato qui provvisoriamente, poi sono rimasto.
D)
Bologna è ancora importante per le scienze religiose?
R)
Bologna è forse l'unico, o almeno il principale, polo statale di studi
religiosi in Italia. Oltre all'Istituto fondato da Dossetti, è attivo un gruppo
di studiosi che analizza i fenomeni religiosi con gli strumenti dell'analisi
critica. Bologna è l'unica sede universitaria ad avere un dottorato in studi
biblici, condotti non necessariamente in prospettiva dogmatica. Tradizionalmente
queste materie, in Italia, sono delegate alle facoltà teologiche dirette dalle
Chiese, in cui è prevalente la finalità pastorale.
D)
Che rapporto c'è tra Chiesa e ricerca scientifica?
R)
Ci sono state diverse fasi: di profondo rinnovamento (dal 1930 al 1970), con
culmine nel Concilio Vaticano II, e (a partire dagli anni '80) di ripensamento
conservatore. L'attuale pontefice è un restauratore. Così, è maturato un
atteggiamento di difesa nei confronti del mondo contemporaneo, che nega i valori
cristiani; contemporaneamente, dopo la caduta del Comunismo, si è cercato di
negare l'Illuminismo, età della ragione contro la fede, interpretato come base
di tutte le dittature. Con il cardinale Ruini si è arrivati a dire che la
stessa idea di tolleranza non può essere messa alla base della società, là
dove deve esserci il principio cristiano.
D)
Con questa impostazione che fine fa la laicità?
R)
C'è una negazione sostanziale dell'idea di laicità e si arriva a sostenere
paradossalmente che i veri laici sono i cattolici non anticlericali. Il laicismo
si basava sulla contrapposizione tra clericalismo e anticlericalismo: ora, visto
che il secondo produce solo effetti nefasti, bisogna superarlo. Una laicità così
intesa è una laicità che non si oppone al principio religioso, e non si oppone
al diritto delle religioni di manifestarsi pubblicamente e di pretendere che lo
Stato abbia leggi religiose, soprattutto nei Paesi in cui i cattolici sono la
maggioranza.
D)
Che conseguenze ci possono essere, in rapporto anche alla diffusione di altri
fondamentalismi?
R)
In Italia tra 50-60 anni avremo tre blocchi: uno cattolico, uno musulmano e uno
di persone disinteressate ad aderire ad istituzioni religiose, tuttavia non
necessariamente laici. I laici, nella visione ottocentesca del termine, cioè
quella di persone che sostengono la fondamentale autonomia delle istituzioni
statali rispetto alle Chiese, saranno una piccola minoranza. In questa
situazione, un'alleanza tra il blocco conservatore islamico e quello cattolico
è la più verosimile: entrambi sono interessati a creare istituzioni familiari
forti che controllino il comportamento morale e sessuale dei giovani e a gestire
direttamente l'educazione nelle scuole confessionali. Il pericolo è una deriva
nel comunitarismo: la struttura civile si scioglie in tante comunità forti che
difendono i propri diritti e si alleano per la propria convivenza, mentre viene
meno la laicità dello Stato. Una laicità alla francese: garanzie di libertà
religiosa ma divieto di confessionalizzazione delle istituzioni.
D)
Una parte della Chiesa cattolica italiana ha criticato il suo libro Inchiesta su
Gesù. Perché?
R)
Quello che ha preoccupato alcuni settori della Chiesa è stata la sua
straordinaria diffusione. Un successo non previsto. Il libro nasce dalla
collaborazione di un giornalista con una fortissima presenza mediatica, Corrado
Augias, e uno specialista di studi biblici con fama di studioso molto serio.
Qualcuno ha avuto paura che la diffusione di centinaia di migliaia di copie
(siamo arrivati a circa 500mila) potesse provocare nel pubblico cristiano alcune
incertezze sull'insegnamento tradizionale.
D)
Quali?
In
questi ultimi vent'anni, la Chiesa cattolica italiana si è trovata in una
situazione particolare: il Concilio vaticano II ha insistito sul fatto che tutti
i cattolici dovessero avere al centro della propria vita la Bibbia. Mettendo in
mano la Bibbia alla gente era però necessario fornire anche alcuni strumenti di
lettura. La Chiesa si è resa conto che non ne aveva: gli specialisti di scienze
bibliche scrivevano libri solo per specialisti. Allora è iniziata una critica
sempre più grave dell'esegesi storica, che è stata messa da parte. È normale
che i vangeli siano differenti, che forniscano su Gesù informazioni
contraddittorie, che non siano frutto di testimoni oculari. I biblisti cattolici
lo sanno da decenni. Tuttavia, invece di fornire spiegazioni semplici del come
si è formata la tradizione scritta su Gesù, si è preferito insistere sulla
verità assoluta dei testi, in modo che il pubblico cristiano li metta al centro
del proprio nutrimento spirituale. Ora, quando una persona di media cultura si
trova di fronte alle mie risposte ad Augias - in cui si parla con molta
semplicità di questi risultati - va dal parroco e dice: come mai qui c'è
scritto questo?
D)
Se l'aspettava?
R)
No: avevo fiducia nel cattolicesimo come l'ho conosciuto negli anni '60 e '70. E
poi la mia esegesi negli Usa è considerata moderata e conservatrice: tra gli
specialisti non sono un rivoluzionario. Non pensavo ci fosse un settore della
Chiesa cattolica che avesse una paura così forte che la gente pensasse con la
propria testa. Di fatto non c'è una parola nelle mie dichiarazioni che sia
contro la fede cristiana. La ricerca storica è pienamente accettabile
all'interno della visione dogmatica del cattolicesimo. Il problema è
nell'educazione della gente: la Chiesa cattolica ha preferito fare ignorare alle
persone quali sono gli orientamenti della ricerca storica sulla Bibbia e quando
questa si diffonde capillarmente tra la gente, invece di informare, sceglie di
demonizzare chi lo fa.
D)
Lei ha detto: «La ricerca storica permette un atteggiamento laico più maturo».
Pensiamo a Dossetti, ad Adreatta, a Prodi, che si è definito su alcuni temi
etici «credente adulto»: Bologna può essere un laboratorio di laicità?
R)
Bologna è stata un laboratorio di questo tipo nei decenni passati. Credo che
oggi prevalga nelle istituzioni il bisogno di un'alleanza con la Chiesa
cattolica. Uno dei simboli dell'inversione di tendenza è stata la collocazione
della statua di San Petronio sotto le Due Torri: l'immagine del potere
ecclesiastico sulla città. Quando ho visto il cardinale di Bologna pregare
vestito in abiti liturgici di fronte a quella statua insieme con il sindaco di
centrodestra di allora, mi sono reso conto che eravamo passati a un'epoca
diversa. Un clima che, del resto, riflette la situazione italiana generale.
Questa città è attualmente dominata dal potere ecclesiastico,insieme a quello
universitario e a quello cittadino: pare che i rappresentanti delle istituzioni
abbiano perso per un momento il senso delle rispettive autonomie. In questo
contesto, immaginare che le religioni vengano considerate con rispetto e dal
punto di vista della ricerca storica mi sembra molto difficile