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ALLA RADICE DEGLI ABUSI SESSUALI. IL LIBRO-DENUNCIA DI UN VESCOVO AUSTRALIANO

ADISTA n° 70 del 13.10.2007

DOC-1906. SIDNEY-ADISTA. C'è chi lo ha chiamato il Lutero australiano, ma mons. Geoffrey Robinson, per vent'anni vescovo ausiliare di Sidney, rimane ostinatamente fedele alla Chiesa cattolica. Questo non gli ha impedito, però, nel suo ultimo libro, Confronting Sex and Power in the Catholic Church: Reclaiming the Spirit of Jesus, di condurre una delle analisi più complete, rigorose e severe degli ultimi decenni dell'organizzazione attuale della Chiesa e della sua grave crisi interna, a cominciare da quella legata allo scandalo degli abusi sessuali.

Mons. Robinson analizza la questione degli abusi sessuali da una posizione privilegiata, essendo stato per nove anni alla guida della Commissione della Chiesa australiana incaricata di rispondere alla crisi. In quel ruolo, racconta, ha potuto scoprire le resistenze personali di molti preti e vescovi a fare chiarezza e ha avuto occasione di meditare sulle cause 'strutturali' degli abusi. Perché, come spiega nell'Introduzione del libro di cui riportiamo di seguito alcuni stralci, "Ogni abuso sessuale è in primo luogo e principalmente un abuso di potere. È un abuso di potere in forma sessuale. Un’idea morbosa del potere e del suo esercizio è sempre collegata ai casi di abuso. Il potere spirituale è, probabilmente, la forma di potere più pericolosa".

In questo suo ruolo, racconta Robinson, egli si è trovato spesso minacciato di azioni disciplinari da parte del Vaticano (prima da parte della Congregazione dei vescovi e poi da quella per la Dottrina della Fede) per il suo schierarsi sempre e risolutamente dalla parte delle vittime. Nel 1996, alla presenza della stampa, nel rispondere alla domanda di una vittima, aveva affermato che il suo lavoro non stava ricevendo un adeguato supporto da Roma. "Non devo mai dimenticare", scrive, di lavorare in una Chiesa imperfetta, "ma a volte è una linea molto sottile quella che divide il dover accettare di lavorare in una Chiesa imperfetta e il diventare complice nel male che queste imperfezioni causano alla gente".

L'analisi delle cause che hanno permesso i casi di abuso porta mons. Robinson a chiedersi se non siano necessarie alla Chiesa cattolica riforme radicali sui temi del celibato, del sacerdozio femminile, dell'omosessualità, del sesso prematrimoniale, fino alla questione, fondamentale, del potere papale. "Nella struttura attuale della Chiesa cattolica, solo il papa ha il potere per operare i cambiamenti necessari", scrive Robinson: se la risposta della Chiesa alla crisi degli abusi è stata così debole e tardiva, la responsabilità non può che essere di Giovanni Paolo II e del suo successore Benedetto XVI. "Sono convinto che se il papa avesse parlato chiaramente sin da quando hanno iniziato ad emergere i casi di abusi, invitando le vittime a farsi avanti in modo che la verità tutta intera, per quanto terribile, potesse essere conosciuta e affrontata, e se avesse invitato con fermezza tutti i membri della Chiesa a rispondere con sincerità, umiltà, onestà e compassione, mettendo coerentemente le vittime davanti al buon nome della Chiesa, allora la risposta dell’intera Chiesa sarebbe stata migliore". (alessandro speciale)

POTERE E SESSO NELLA CHIESA CATTOLICA
 di Geoffrey Robinson

Introduzione

Gli abusi sessuali su minori commessi da un numero significativo di preti e religiosi, insieme ai tentativi di molte autorità ecclesiastiche di nascondere questi abusi, sono tra le storie peggiori che abbiano mai coinvolto la Chiesa cattolica. È difficile immaginare qualcosa che contraddica maggiormente ciò che ha insegnato Gesù, e sarebbe difficile sopravvalutare il danno diffuso e durevole che ne è derivato alla Chiesa.

Questo libro non si occupa direttamente di quegli abusi, ma dell’urgente necessità di una Chiesa altra che è emersa dalla loro scoperta. Per parlare di questa Chiesa migliore, ritengo necessario fare chiarezza, e dedicare questa introduzione allo specifico problema degli abusi.

Nel 1994 fui incaricato dai vescovi australiani di guidare l’azione di risposta alle rivelazioni degli abusi, e per i nove anni successivi sono stato al centro di questa tempesta che ha sconvolto il mio Paese. Provavo nausea ad ascoltare le storie che le vittime mi raccontavano: ho passato molte notti insonni e ho vissuto in una condizione di profondo e costante stress. Questi anni hanno lasciato in me un segno indelebile, perché mi hanno provocato un senso di profonda disillusione nei confronti di molti aspetti della Chiesa, che si possono riassumere nel modo in cui molte persone, ad ogni livello, cercavano di ‘gestire’ il problema e di farlo ‘andare via’, invece di affrontarlo e sradicarlo per davvero.

Grazie a tutto questo sono arrivato all’incrollabile convinzione che, all’interno della Chiesa cattolica, deve assolutamente avvenire un cambiamento profondo e durevole. In particolare, deve prodursi un cambiamento sui due temi del potere e del sesso.

Che si debba guardare al sesso è ovvio, ma ci sono due motivi per cui è altrettanto essenziale che si guardi a tutte le sfaccettature del potere. Il primo è che tutti gli abusi sessuali sono in primo luogo e principalmente abusi di potere in forma sessuale. Il secondo è che, all’interno della Chiesa cattolica, si insiste continuamente che, su tutte le questioni importanti, i cattolici si rivolgano al papa in cerca di una guida e di un orientamento. Quando perciò si presenta una grave crisi, come nel caso degli abusi sessuali, e vi è una straordinaria assenza di guida o orientamento da parte del papa, è inevitabile che in molti reagiscano seguendo vecchi valori e non adottino una nuova mentalità per affrontare un problema nuovo. Questi vecchi valori hanno contemplato, per oltre mille anni, la segretezza, l’occultamento dei problemi e la difesa del buon nome della Chiesa.

Nei fatti, ci sono state risposte agli abusi molto diverse da Paese a Paese, da quelle ottime a quelle pessime. Questa stessa diversità, però, era un sintomo dell’assenza di una leadership centrale in una Chiesa fortemente centralizzata.

Sono convinto che, se il papa avesse parlato chiaramente sin da quando hanno iniziato ad emergere i casi di abusi, invitando le vittime a farsi avanti in modo che la verità tutta intera, per quanto terribile, potesse essere conosciuta e affrontata, e se avesse invitato con fermezza tutti i membri della Chiesa a rispondere con sincerità, umiltà, onestà e compassione, mettendo coerentemente le vittime davanti al buon nome della Chiesa, allora l’intera risposta della Chiesa sarebbe stata migliore. Al potere si accompagna la responsabilità. Il papa ha richiesto molte volte questo potere, e deve quindi accettare le responsabilità che ne conseguono. Nella struttura attuale della Chiesa cattolica, solo il papa ha il potere per operare i cambiamenti necessari.

Anche oggi non riesco a vedere alcuna prova che si stia affrontando il problema seriamente. Al personale di quelle strutture cliniche che sono state predisposte appositamente per occuparsi dei preti e dei religiosi che hanno abusato di minori, la gerarchia di Roma non ha mai chiesto le conclusioni raggiunte sulle cause degli abusi. Ai vescovi di tutto il mondo non è mai stato chiesto di coordinare la ricerca e lo studio all’interno dei loro territori. Finché non saranno compiuti passi elementari come questi, trovo impossibile credere che la gerarchia della Chiesa sia decisa ad affrontare il problema piuttosto che semplicemente a gestirlo.

Le cause immediate degli abusi

Con questo titolo voglio indicare quei temi su cui è necessario uno studio immediato in cui tutta la Chiesa dovrebbe essere coinvolta.

Il celibato non è l’unica causa degli abusi sessuali da parte di preti e religiosi. Sarebbe bello se fosse così perché allora, semplicemente abolendo il celibato, si potrebbe abolire anche l’abuso. Ma anche se il celibato fosse abolito domani, ci sono tutti i motivi per credere che il problema degli abusi non scomparirebbe. Come spero di mostrare più avanti, il celibato è soltanto un fattore di abuso in alcuni casi, ma è ben lungi dall’essere la sola causa di tutti gli abusi.

Anche la presenza, tra preti e religiosi, di un buon numero di persone con inclinazioni omosessuali non è una causa significativa. Gli adulti omosessuali sono attratti da altri adulti omosessuali, e l’attrazione per i minori, maschi o femmine, è un fenomeno decisamente diverso. Un omosessuale adulto e un eterosessuale adulto hanno la stessa probabilità di abusare di un minore. Allontanare tutti gli omosessuali dal sacerdozio e dalla vita religiosa non farà scomparire il problema degli abusi.

Chi abusa non è un mostro che può essere riconosciuto come tale al primo sguardo. Anzi, per arrivare a commettere gli abusi, bisogna prima essere capaci di affascinare le potenziali vittime e di conquistarsi la loro fiducia. Ben lontani dal sembrare dei mostri, di solito assomigliano a un parente o a un amico molto gentile, e possono essere preti o religiosi modello in tutti gli altri aspetti della loro vita. Sta qui una delle difficoltà a scoprirli.

In breve, non c’è una spiegazione semplice e unica degli abusi su minori da parte di preti o religiosi. Se cerchiamo di affidarci ad una singola causa e di dare una sola spiegazione, evitiamo di affrontare la profondità e la complessità del problema e non riusciremo e superarlo.

La migliore spiegazione sulle cause degli abusi, quella che ha maggiori possibilità di indicare la strada da seguire, è che gli abusi su minori da parte di preti, religiosi o qualunque altro membro della comunità hanno la maggiore probabilità di verificarsi quando c’è la coincidenza di tre fattori: uno stato psicologico morboso, idee morbose sul sesso e il potere, e un ambiente o comunità morbosi in cui vive la persona. (...)

Potere

Ogni abuso sessuale è in primo luogo e principalmente un abuso di potere. È un abuso di potere in forma sessuale. Un’idea morbosa del potere e del suo esercizio è sempre collegata ai casi di abuso.

Il potere spirituale è, probabilmente, la forma di potere più pericolosa. Nelle mani sbagliate, dà il potere di decidere addirittura del destino di un’altra persona. Dovrebbe essere sempre accompagnato da un cartello che avverte "Maneggiare con cura". Maggiore è il potere che una persona esercita, maggiore è il bisogno di controlli e contrappesi prima e di trasparenza e controlli dopo.

Se l’idea che guida l’attività di un prete o di un religioso è legata alle idee di controllo e di dominio, allora, a prescindere dalla bnevolenza con cui il ministero è portato avanti, ci saranno subordinazione e asservimento. Il caso peggiore è quello del ‘complesso del Messia’, in cui una persona crede che Dio la chiami ad essere un messia, un prescelto destinato a qualche missione speciale e che si trova, quindi, al di sopra delle regole valide per i comuni mortali, anche quelle morali. Inquesti casi, se non si verifica un abuso sessuale, si registrerà qualche altra forma di abuso.

C’è un problema poi che riguarda principalmente i preti e solo in misura minore i religiosi. Nei miei anni di formazione, c’era una frase della Lettera agli Ebrei che ci veniva ripetuta spesso: "Ogni sommo sacerdote, scelto tra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati" (Eb 5,1).

La parola greca lambano qui tradotta come "scelto" significa semplicemente "preso", ma il testo latino normalmente citato riportava assumptus, che significa "elevato". L’implica-zione era che il prete veniva elevato tra gli esseri umani ad un livello superiore. Questo non è ciò che intendeva la Lettera agli Ebrei, che afferma: "In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo" (Eb 5,2-3).

Nonostante questo, l’idea dell’essere "elevato", era parte della cultura e portava in quella cultura un riflesso del "complesso del Messia". Non era un’idea sana e ora bisogna affrontarla. Questo, a sua volta, ha portato ad una "mistica" del sacerdozio, condizione permanente di questa "elevazione".

Ciò voleva dire che un prete non poteva semplicemente essere licenziato per un crimine, come potrebbe accadere ad ogni altro lavoratore. Una "mistica" responsabile in larga misura della pratica di trasferire i preti molestatori a nuovi incarichi, diversamente da quanto, ad esempio, sarebbe stato riservato a un insegnante laico in una scuola cattolica.

Strettamente legata a questo atteggiamento c’è l’incapa-cità di accettare il fallimento e la vulnerabilità. Ai preti e ai religiosi si può far pensare che, poiché sono stati "elevati", devono essere perfetti. Quando si rendono conto che non possono riuscirci, possono credere di dover almeno sembrare perfetti. Il perfezionismo è pericoloso in molti campi, e lo è particolarmente in uno così ampio come quello spirituale e morale, dove la perfezione è semplicemente impossibile. Sentire di dover apparire perfetti anche quando si sa di non esserlo, essere incapaci di ammettere il fallimento e la debolezza sono atteggiamenti morbosi. Strettamente collegato a questo è il nascondere gli errori quando si verificano. Ci dev’essere spazio per una lotta dolorosa verso la maturità, con molti errori lungo il cammino.

Nei preti e nei religiosi questo atteggiamento può essere consolidato dalle aspettative degli altri. Essi possono sentire che i superiori religiosi, i parrocchiani, i media e la comunità in genere chiedono loro di essere perfetti, criticandoli duramente per ogni scarto dalla perfezione. Che quello che sarebbe un fallimento comprensibile in un’altra persona verrebbe bollato come "ipocrisia disgustosa" in loro. Queste attese possono spingerli a mostrare all’esterno un livello di perfezione che sanno di non possedere. Sia tra i preti e i religiosi che nella comunità, deve esserci un cambiamento delle attuali aspettative. Preti e religiosi sono essere umani come gli altri, e se questo si dimentica, sorgeranno sicuramente problemi.

Sessualità

In un altro capitolo descriverò in dettaglio alcune idee morbose sul sesso e la sessualità presenti nella dottrina della Chiesa cattolica. Qui voglio aggiungere solo qualche punto che riguarda specificamente i preti e i religiosi.

L'Eros o il desiderio è la fonte della passione, dell'im-maginazione e del sogno. È associato alla sensibilità, al tatto e alla vulnerabilità, ed è al cuore della compassione. È un mezzo importante attraverso cui la persona partecipa alla vita sociale e religiosa. Per i preti e religiosi, il desiderio è spesso negato o guardato con sospetto. Eppure, se non si coltiva il desiderio, si può perdere il naturale calore e la spontaneità dell'amore e rendere la buona volontà un termine vago e astratto. Dove non si dà sufficiente attenzione all'eros, la castità può diventare semplicemente controllo e assenza di amore. Se ci sono dei motivi forti, un giovane può essere preparato a pensare una vita senza sesso genitale, ma nessun giovane che sia sano di mente dovrebbe essere preparato a pensare soltanto per un secondo a una vita priva di una ricchezza di eros e di amore.

Se si nega l'eros, è inevitabile che i candidati maschi al sacerdozio e alla vita religiosa negheranno anche il loro lato femminile. E se il mascolino non è equilibrato dal femminile, ci può essere un pericolo crescente di ritrovarsi incapaci di riflessione interiore, di relazionarsi in maniera intima, di dipendere da un ruolo e da un lavoro per trovare la propria identità, di perdere quella tenerezza che umanizza. Il bisogno di intimità è particolarmente importante, perché non può essere soppresso e, se insoddisfatto, cercherà di esprimersi in modi nascosti e distorti. (...)

Un ambiente o una comunità morbosi

I seminari e i noviziati tradizionali possono diventare luoghi morbosi, specialmente se i candidati hanno solo 11 o 12 anni. Ci sono molti fattori che non contribuiscono ad una crescita sana: l'ambiente in cui non è presente l'altro sesso, l'assenza dei genitori e di figure materne, la concezione dell'altro sesso come 'minaccia' per la vocazione piuttosto che come influenza positiva ed essenziale per gli adolescenti, l'assenza di una vera preparazione allo stile di vita celibatario. In un momento in cui gli adolescenti e i giovani hanno bisogno di sviluppare la loro propria identità, questa è ricondotta ad una visione e aspettativa collettiva. La natura impersonale dell'istituzione può far sorgere un senso di solitudine emotiva, che può essere a sua volta accentuato dalla particolare enfasi posta sullo sviluppo intellettuale e spirituale a scapito di quello umano. Il normale desiderio di intimità può cercare soddisfazione in maniera nascosta. Anche se le condizioni variano molto da seminario a seminario e da noviziato a noviziato, bisogna chiedersi seriamente se queste istituzioni siano il posto adatto a formare preti e religiosi.

Anche le comunità religiose possono essere luoghi malsani in cui vivere. La maggior parte dei membri cerca di vivere secondo principi cristiani, ma questo può essere soltanto una copertura per l'assenza di intimità e l'incapacità di rispondere ai bisogni profondi che sono presenti. E non può sostituire l'incapacità emozionale e l'abitudine di nascondere i conflitti invece di affrontarli e risolverli. Un solo individuo 'difficile' può distruggere l'equilibrio dell'intera comunità. Nel caso di molte comunità bisogna chiedersi quanta comunicazione vera ci sia, e a che livello. Oggi è probabile che i membri di una comunità facciano lavori diversi durante il giorno e ci sia poco tempo per fare insieme un vero bilancio della giornata e dello stress che questi diversi lavori comportano. Oggi, invece, il prete di una parrocchia vive sempre di più in solitudine. Con il calo delle vocazioni, l'invecchiamento dei preti e l'aumento dei compiti, essi si sentono sempre più stressati e oberati di lavoro. I loro bisogni umani profondi non trovano risposta. La scoperta dei casi di abuso sessuale ha fatto crollare il loro stato d’animo ed ha diminuito la soddisfazione nello svolgimento dei loro compiti (...).