LA SOGGIOGANTE MORALE CATTOLICA
Di Lidia Menapace
da: www.italialaica.it (14-6-2007)
A i casi di pedofilia violenta che vengono
denunciati e che coinvolgono anche preti sono seguiti molti dibattiti, per lo più
seri precisi e che quasi sempre hanno evitato il sensazionalismo e la morbosità:
dunque un bel risultato civile. Uno dei punti più discussi è se il clero debba
avere una amministrazione della giustizia separata: ma da molti anni non vi sono
più Tribunali ecclesiastici separati e i preti sono cittadini come gli altri,
quanto al rispetto delle leggi. Se non pagano le tasse debbono risponderne, a
maggior ragione se commettono reati come la pedofilia ecc. La Chiesa è
competente sui peccati, lo stato sui reati. Lo stato della Città del Vaticano
per i suoi sudditi ha una amministrazione della giustizia che non conosco bene,
talora passa la competenza allo stato italiano (nel caso dell'attentato a papa
Giovanni Paolo II), talora esegue al suo interno senza pubblicità (nel caso dei
fatti di sangue tra le Guardie svizzere). "Sopire sopire, sedare
sedare" sembra ancora il motto.
Un altro tema che è venuto fuori è una specie di incredulità per delitti così
a lungo perpetrati e non denunciati. Bisogna che siano gli e le exbambine
abusate a narrare come avvenne. È successo con una signora di Firenze che ha
narrato la sua vicenda, durata dai 12 ai 25 anni. Davvero si pensa come sia
stato possibile. In una trasmissione è stato detto che simili comportamenti
sono tipici di una religiosità superstiziosa ecc.: vero, ma non è una
spiegazione sufficiente.
Se mi riferisco alla mia formazione in una famiglia laica, superficialmente
praticante, essa è stata molto rigorosa e fondata su libertà parità e
responsabilità (mi considero molto fortunata): quando ebbi una profonda
esperienza di fede, molto importante nella mia vita, potei evitare, grazie alle
premesse "illuministiche" dei miei genitori, l'oppressione tipica di
chi aveva avuto fin da piccola una rigorosa educazione cattolica. Sicché posso
dire che ancora oggi sono molto coinvolta dalle grandi domande poste dalla
riflessione teologica, ma assolutamente fuori da ogni obbedienza formale e
rituale.
Ho potuto dunque schivare il peggio dell'oppressione religiosa, che era per le
ragazze pesantissima e impastata dell'idea di peccato al punto da togliere
qualsiasi spontaneità e seminare diffidenza verso i sentimenti, le sensazioni,
non parliamo di sensualità, che era già peccato. Il tutto era scritto in norme
e regole oggettive, insomma il regno della casistica. Il corpo era messo in
cattiva luce come fonte possibile di tentazioni e persino i gesti così definiti
che davvero la moralità fatta di pezzi di corpo era la norma. Voglio dire che
ci fu negata la possibilità di costruire una personale storia della conoscenza
del piacere in tutta la sua svariatissima e differente natura, amore, sesso,
amicizia, amicizia amorosa, conoscenza affettiva, conoscenza intellettuale con
scambio di piacere intellettuale, insomma tutto ciò che non si può mettere se
non sotto il segno della libertà e della responsabilità e della relazione e
invece veniva messo sotto il segno del peccato veniale, mortale ecc. e
dell'autorità. E' vero che il tribunale ultimo dell'agire era riconosciuto
essere la coscienza, ma era obbligo che fosse rettamente informata, cioè
sottoposta all'autorità della gerarchia, di fatto del confessore. Così si
capiscono personalità mozzate, amputate, ridotte in schiavitù per anni.
Il risultato è che anche quando non avvengono abusi o eccessi (il che per
fortuna è frequente) l'etica rimane sempre nel profondo avvertita come una
sorta di catalogo di cose da fare o da non fare, che quasi sempre è una
fotocopia stinta e approssimativa della morale cattolica prescrittiva.
Il processo di secolarizzazione è stato molto vasto in materia di morale, ma
molto superficiale, limitandosi a togliere divieti e norme e regole senza
sostituirle con nulla. Il bullismo, l'esibizione dei rapporti sessuali ecc., è
frutto di tale processo. Che ha prodotto -si potrebbe dire- una amoralità
pratica. Il rischio è che, se non si intraprende un lavoro formativo di
un'etica laica, con dimensioni pubbliche e politiche e responsabilità, libertà,
parità nelle relazioni interpersonali, la morale cattolica tradizionale
riciccia come quella che ha dietro di sé una memoria recente, una autorità
ostentata come "naturale" e una serie di precetti obbedienze e
divieti, che molto fa gioco alla restaurazione e piace alla destra anche
miscredente e non obbediente, ma lieta che al popolo la Chiesa imponga di nuovo
sottomissione rassegnazione ecc., intanto che i potenti possono praticare vizi
privati e pubbliche virtù. Non sarebbe l'unica ipocrisia, perché una doppia
morale tra uomini e donne è -essa pure- appena dietro l'angolo. È un rischio
molto grosso.