LA LUNGA MARCIA DEL VATICANO,
Michele Serra
la Repubblica - 30-10-2007
Prima
di entrare in farmacia, per evitare discussioni indesiderate sul senso della
vita, ci toccherà informarci sugli orientamenti religiosi e morali del gestore?
Se cattolico (nel senso militante del termine) potrebbe infatti accogliere l´invito
del Papa a estendere l´obiezione di coscienza anche al suo negozio, e
rifiutarsi di fare commercio di "farmaci che abbiamo scopi chiaramente
immorali".
Ovvero quei farmaci che evitano la gravidanza come la "pillola del giorno
dopo", oppure consentono di interromperla in forme meno dolorose e
umilianti rispetto a quelle conosciute e praticate fino a poco tempo fa.
E´ l´ennesima tappa della lunghissima marcia del Vaticano all´interno della
vita pubblica di questo Paese. Così profondamente innervata, come è ovvio,
dalle leggi e dalle regole che governano la vita di tutti - anche dei non
cattolici - da rendere inevitabile il continuo cozzo di molti dei pronunciamenti
vaticani, specie sulle questioni di carattere etico, scientifico e medico, con l´attività
dei legislatori e con la sensibilità profonda di milioni di cittadini.
Pur nella grande complessità della questione, la fondamentale ragione del
contendere è piuttosto semplice. Finché la Chiesa rivolge le sue
raccomandazioni ai credenti, non esiste (né è mai esistito) motivo del
contendere. Ma quanto la Chiesa sceglie di intervenire su comportamenti pubblici
e provvedimenti di legge che riguardano tutti, l´intera comunità, il conflitto
è semplicemente inevitabile. I cattolici hanno l´ovvio e sacrosanto diritto di
non divorziare e non abortire, di non fare uso di anticoncezionali, di non
sacrificare nemmeno un frammento delle proprie convinzioni profonde a costumi o
comportamenti che siano in contrasto con la loro pratica di fede. Ma identico
diritto hanno i non cattolici di vivere secondo la loro coscienza, di praticare
socialità, eros, scelte affettive e di procreazione, nell´alveo di regolamenti
e leggi che tengano conto delle sensibilità difformi e della molteplicità
delle culture. Ognuno può vivere secondo i propri orientamenti etici purché
non costringa gli altri a imitarlo, purché non li metta nelle condizioni di
doversi piegare a una "morale" che diventa arbitrio, esclusione,
violazione.
La richiesta di Benedetto XVI di estendere anche ai farmacisti il diritto all´obiezione
di coscienza già riconosciuto ai medici antiabortisti è, in questo senso,
tipica di una radicata e voluta confusione tra scelte confessionali, che sono
individuali, e sfera pubblica. Un farmacista è un professionista qualificato (e
in genere ben remunerato) che apre bottega sulla pubblica via, e ha il
diritto-dovere di vendere al pubblico prodotti già testati e resi legali da
apposite commissioni. Nessuno gli chiederebbe mai valutazioni "morali"
su un farmaco, prima di tutto perché una farmacia non è un cenacolo filosofico
(sono "morali" gli psicofarmaci per i bambini? E i placebo
"dietetici" per bulimici? E´ morale il prezzo dei farmaci nel terzo
mondo? Ed è morale ostacolare o non pubblicizzare l´uso del preservativo e
degli anticoncezionali in genere?). E poi per il semplice e inoppugnabile fatto
che i conti con la propria coscienza non si fanno obtorto collo, meno che mai di
fronte al diniego o alla riprovazione di un altro privato cittadino che,
contraddicendo il suo ruolo pubblico, rifiuta di venderti un farmaco perché lui
(non tu: lui) lo reputa immorale.
Questa idea - illiberale, per usare un termine usato spesso molto a sproposito -
che una morale religiosa possa e debba egemonizzare (per salvarlo, naturalmente)
un intero consesso sociale, possa condizionale le leggi, benedire ribellioni
etiche come l´obiezione anti-abortista perché "nel senso giusto", ma
poi condannare ribellioni etiche come il diritto alla buona morte perché
"nel senso sbagliato", non può non generare un duro conflitto tra le
gerarchie ecclesiastiche e una parte molto consistente dell´opinione pubblica
laica. Probabilmente molto più consistente della ristretta quota di politici
che la rappresenta.
Davvero stupisce, in questo senso, l´inspiegabile sbalordimento espresso dal
cattolicesimo più curiale di fronte alle ovvie polemiche e alle ovvie reazioni
provocate da ogni nuova sortita vaticana direttamente indirizzata alla vita
politica, sociale e anche privata degli italiani: di tutti gli italiani, non
solo dei cattolici. E´ come se non fosse contemplata altra etica, altra
sensibilità, altra scelta. E dunque l´insorgere imprevisto di altra etica,
altra sensbilità, altra scelta, lasciasse letteralmente di stucco i depositari
della Verità. E´ come, tornando al caso specifico, se una persona che decide
di non avere un figlio (o al contrario di averne uno con metodi
"immorali") non avesse già pensato, già sofferto, già deciso o
dubitato abbastanza, non avesse vissuto con serietà sufficiente. Ma davvero la
sua sola possibilità di salvezza, per la Chiesa, è sperare di imbattersi in un
farmacista con la verità in tasca, che gli neghi i farmaci "immorali"
e gli suggerisca di raccomandarsi a un Dio nel quale magari non crede?