MA
di
Ortensio da Spinetoli
Il dibattito che si è acceso in questi
giorni in campo cattolico ha assunto toni esasperati, e com'era certo da
aspettarsi, sono scesi in lizza lo staff della Cei, alcuni vescovi alla
spicciolata - per fortuna non tanti - e si è scomposta persino
Lo stesso sommo Pontefice poco tempo fa si
è trovato nella cattolica Spagna, dove il governo ha varato leggi ancor più
"innovative" nell'ambito della famiglia, ma si è guardato bene
dall'avanzare osservazioni o riserve, mentre non lascia passare occasione per
intervenire contro il ventilato progetto italiano sulle "convivenze di
fatto". Sarà che in Italia, Paese che lo ospita da circa trent'anni, si
sente come a casa propria e può permettersi più libertà.
1. Si stenta proprio a capire come la
gerarchia non si renda conto che sta impegnandosi in una falsa battaglia, come
se la salvezza o la rovina della famiglia, come l'eliminazione di un qualsiasi
disordine che può affliggere la convivenza umana, possa dipendere da una legge
o dall'altra.
Difatti la storia è cambiata e la società
non è più cristiana come una volta, ma non è neppure pagana, come alcuni
predicatori d'occasione si ostinano a conclamare. E' semplicemente laica. Da
quando gli eredi dell'Illumini-smo hanno preso coscienza dei benefici della
razionalità, hanno capito di potere organizzare la loro vita privata e pubblica
in base ai dettami di questa luce, di questa forza interiore eguale in tutti. Lo
"stato confessionale", invece, più che sulla ragione si basa sui i
principi, sulle norme provenienti da un credo religioso, cristiano o islamico,
che è proprio di alcuni gruppi. Due mondi, due metodologie, due strategie che
non hanno ancora imparato a convivere poiché ognuna pensa di volere o dovere
sopraffare l'altra, mentre in realtà potrebbero integrarsi a vicenda.
2. La storia sta a dimostrare che
l'intolleranza è stata grande da entrambe le parti, ma attualmente, almeno in
Italia dove sono scese in campo (per i loro intenti o interessi) le forze
politiche, l'intransigenza è arrivata al parossismo. Sembra che si sia tornati
ai tempi delle guerre di religione, tristemente famosi.
Anche allora, come adesso, si accampavano
ragioni più pretestuose che effettive. Gli uomini di Chiesa, con i loro adepti,
da una parte mostrano una palese quanto ingiustificata diffidenza verso le
attitudini naturali dell'uomo, ritenuto incapace di stabilire le regole di un
giusto modo di vivere; dall'altra vorrebbero che le loro convinzioni religiose
entrassero nel codice della nazione, che riguarda credenti e no.
Nessuno vuole o può negare la superiorità
o sublimità del messaggio evangelico, e di conseguenza dell'idea-le cristiano.
Solo che si tratta di un proposito, di una proposta, non di una legge. Il
vangelo è un annunzio di bene, una segnalazione operativa da capire e nel caso
da accogliere, ma liberamente, non sotto pena di sanzioni o peggio di condanne.
E, se per caso l'incidenza cristiana si rivelasse carente, è inutile far
ricorso alle imposizioni legislative, ai "concordati", alle
contrattazioni partitiche; è segno che sono venuti meno i cristiani, non le
leggi cristiane. Qualcosa non è andato per il verso giusto e ciò impone di
ricominciare da capo, da una nuova evangelizzazione.
3. Non basta mettersi a fare appello ai
"principi fondamentali", ai "valori non negoziabili"
(ammesso che sia facile individuarli) per cambiare la storia e rendere più
cristiana la società; occorre adoperarsi a convincere gli uomini ad adottarli.
Ci sarà una ragione? È un interrogativo
che già da tempo avrebbe dovuto esser preso in considerazione. La società
cambia e rapidamente;
4. Se
Certo, la pastorale - tanto più quella
giovanile - non è facile, ma
Purtroppo, il futuro non appare roseo; si
cerca di sopravvivere, tenendo in piedi alcune parvenze di cristianesimo; ci si
culla ancora sulle illusioni, ma i problemi non sono risolti.
La famiglia tradizionale è ormai scomparsa
nell'occidente cristiano. Invece di provare a capire il fenomeno, a vedere i
possibili risvolti nel piano di Dio (chiedersi se non possano avere il suo
compiacimento le nuove forme di rapporto matrimoniale), ci si perde in battaglie
inutili, fomentando confusioni e paure. Per di più in nome del vangelo, che non
è un manuale terroristico, ma solo un auspicio di bene.
6. Bisogna ridare a Cesare, alla società
civile, alla Stato laico, tutta la libertà di gestire le sue incombenze;
bisogna riconoscere ai cristiani tutta la libertà di vivere e testimoniare la
fede anche pubblicamante, ma senza indebite forzature.
Gesù non ha lanciato nessuna crociata, né
contro i giudei, né contro i greci, né contro i romani; ha solo proposto agli
uomini di buona volontà un nuovo genere di rapporti fondati sull'uguaglianza,
l'amicizia, la fratellanza.
Il cristianesimo non è un codice, ma
un'esperienza di vita, un "esempio" da seguire, una "strada"
da percorrere (Gv 13,15; 14,6), sempre liberamente. "Se vuoi", disse
Gesù al giovane aspirante che gli chiedeva cosa fare per ereditare la vita
eterna (Mt. 19,21). E tale sarebbe, se dovesse parlare, la sua risposta anche
oggi.
* frate cappuccino, biblista