LA SOTTILE LINEA NERA: DAL GOLPE ALLA MORTE, I RAPPORTI TRA PINOCHET E IL VATICANO
33677. SANTIAGO DEL CILE-ADISTA. È morto lo
scorso 10 dicembre, all'età di 91 anni, Augusto Pinochet, capo del regime
militare che governò il Cile dal 1973 al 1990: 17 anni di dittatura in cui si
contarono, secondo le stime ufficiali, oltre 3mila desaparecidos, 30mila
torturati e mezzo milione di esuli.
Nato a Valparaiso il 25 novembre 1915, Pinochet nel 1933 entrò nella Scuola
Militare e trascorse il resto della sua vita nelle Forze armate: generale di
brigata nel 1969, capo di Stato maggiore nel 1972 e comandante in capo
dell'esercito dal 23 agosto 1973, nominato dal presidente, democraticamente
eletto, Salvator Allende, lo stesso che Pinochet, 3 settimane dopo, l'11
settembre, avrebbe destituito con un cruento colpo di stato militare. Nel corso
del golpe lo stesso Allende rimase ucciso nel bombardamento della Moneda, il
palazzo presidenziale. Iniziò così una delle dittature più lunghe e violente
dell'America Latina: dopo aver preso il potere con la forza, Pinochet nel 1974
si fece eleggere presidente della Repubblica (mandato che fu poi rinnovato nel
1981) e guidò il Paese per 17 anni, grazie anche al sostegno degli Usa e del
mondo economico-finanziario – che ne sostenevano il programma neoliberista
ispirato dai Chicago boys di Milton Friedman – e di pezzi consistenti della
Chiesa cattolica.
L'amicizia di un ventennio
I rapporti di Pinochet con le gerarchie della Chiesa cattolica, almeno con una
parte di esse, furono abbastanza conflittuali all'inizio - quando era
arcivescovo di Santiago il card. Raul Silva Enriquez - e decisamente
collaborativi poi, a partire dall'arrivo nella capitale cilena, nel 1977, di
mons. Angelo Sodano come Nunzio apostolico (incarico che ricoprirà fino al
1988, per diventare poi Segretario di Stato vaticano, fino al settembre 2006) e
dall'elezione al soglio pontificio, nel 1978, di Giovanni Paolo II.
Dopo qualche incertezza iniziale (v. Adista del 17/9 e dell'8/10 1973), il card.
Silva Enriquez divenne uno dei più decisi oppositori del regime militare: diede
vita, insieme alle altre confessioni cristiane, al "Comitato di
cooperazione per la pace in Cile", sciolto nel 1975 su ordine di Pinochet e
sostituito dalla "Vicaria de la Solidaridad", piccola struttura
diocesana che garantiva assistenza sociale e legale alle vittime della dittaura.
Con Silva Enriquez, l'arcidiocesi di Santiago si trasformò in un importante
punto di riferimento per tutti gli oppositori di Pinochet: si faceva
‘controinformazione' su quanto accadeva nel Paese, le famiglie potevano avere
assistenza legale e notizie sui desaparecidos, si organizzavano le mense
popolari e la distribuzione di generi alimentari per le borgate popolari della
città.
Ma con l'arrivo di Sodano alla Nunziatura, nel 1977, le relazioni fra regime
militare e Chiesa si fecero meno tese e proseguirono sulla via della
pacificazione prima e della collaborazione poi: se la Chiesa di base continuò
ad essere fortemente ostile, il nunzio preferì scegliere la via del dialogo,
difendendo la Chiesa-istituzione più che l'incolumità delle vittime della
dittatura e barcamenandosi fra qualche moderata protesta per singoli crimini del
regime (come i sequestri di alcuni sacerdoti antipinochettisti o la richiesta di
espatrio per i militanti del Mir che si erano rifugiati nel palazzo della
Nunziatura) e inviti alla pacificazione. E lo aiutarono su questa via sia le
dimissioni del card. Silva Enriquez per raggiunti limiti di età nel 1983
(sostituito dal più moderato mons. Juan Francisco Fresno Larrain) sia il primo
messaggio pubblico di papa Wojtyla, sempre nel 1983 in occasione dell'arresto di
preti antipinochetisti, che invitava a trovare le strade per una convivenza
pacifica.
La stessa Moneda
La strategia della "distensione" di Sodano culminò nell'aprile 1987
quando, anche con l'aiuto di diversi membri dell'Opus Dei che ricoprivano
posizioni importanti nel governo cileno (come Francisco Javier Cuadra,
segretario generale del governo), organizzò il viaggio di Giovanni Paolo II in
Cile: una "visita pastorale" che si concluse con l'apparizione –
ripresa da tutte le televisioni e i giornali del mondo – di papa Wojtyla e del
dittatore Pinochet che, insieme, affacciati al balcone della Moneda, salutano e
benedicono la folla. La calorosa legittimazione del regime pinochettista da
parte del papa provocò dure reazioni, anche in una parte consistente del mondo
cattolico, fortemente critico nei confronti della dittatura cilena e
dell'alleanza militari-Chiesa (v. Adista nn. 29 e 30/87).
Subito dopo la partenza di Sodano – che si congedò dicendosi preoccupato per
"l'attuale situazione del Paese, perché vedo che non vi è un profondo
rispetto degli uni per gli altri" – nell'ottobre 1988 Pinochet fu
sconfitto dal voto popolare nel referendum per conferire un nuovo mandato
presidenziale al generale golpista. Le elezioni politiche si svolsero l'anno
successivo e, l'11 marzo 1990, il generale lasciò la presidenza del Paese al
suo successore Patricio Aylwin, conservando però sia la carica di Comandante in
capo delle Forze armate sia quella di senatore a vita.
Benedizione apostolica
Perso il potere, tuttavia, il feeling fra l'ex dittatore e il Vaticano non si
spezzò: il 18 febbraio 1993, giorno della sue "nozze d'oro", Pinochet
ricevette due affettuosi messaggi di auguri da parte del segretario di Stato
vaticano Sodano, e di Giovanni Paolo II. "Al generale Augusto Pinochet
Ugarte e alla sua distinta sposa, Signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione
delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine –
scriveva il papa – con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e
nipoti, una benedizione apostolica speciale". Ancora più caloroso il
messaggio di Sodano in cui scrive di aver ricevuto dal pontefice "il
compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l'autografo
pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza";
"Sua Santità – aggiunge – conserva il commosso ricordo del suo
incontro con i membri della sua famiglia in occasione della sua straordinaria
visita pastorale in Cile". E conclude confermando all'ex dittatore
"l'espressione della mia più alta e distinta considerazione" (v.
Adista n. 48/93).
La Chiesa difende i diritti umani
E la coppia Wojtyla-Sodano non abbandonò il generale nemmeno cinque anni dopo,
quando Pinochet venne arrestato, mentre si trovava in Gran Bretagna per motivi
di salute, su mandato del giudice spagnolo Baltasar Garzon, che lo accusava di
violazioni di diritti umani nei confronti di diversi cittadini spagnoli durante
gli anni della dittatura: prima fecero pressioni sulla Camera dei Lords perché
non venisse concessa l'estradizione in Spagna di Pinochet (v. Adista nn. 3 e
17/99), poi rassicurarono il nuovo presidente cileno, Eduardo Frei – durante
la visita papale in Cile nel febbraio 2000 –, che il Vaticano si sarebbe
impegnato a fondo per la liberazione di Pinochet; "è nostro desiderio –
puntualizzò Sodano – e facciamo voti che questa odissea abbia termine quanto
prima", perché l'ex dittatore "ha diritto di tornare nel suo
Paese" (v. Adista n. 15/2000). Intanto in Cile, criticando il governo che
si era costituito parte civile nel processo contro Pinochet avviato dal giudice
Juan Guzman Tapia, i vescovi fecero un appello pubblico alla
"riconciliazione e al perdono", auspicando per il generale un rapido
ritorno a casa che "gli renda più tollerabile il suo delicato stato di
salute" (v. Adista n. 23/2000).
Pinochet è rientrato in Cile nel marzo 2002, e si è trovato ad affrontare vari
processi per i crimini commessi durante gli anni della dittatura. Ma prima delle
sentenze dei tribunali – anche per i numerosi rinvii ottenuti dai suoi
avvocati per veri o presunti motivi di salute – è sopraggiunta la morte.
(luca kocci)