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inchiesta sulle proprietà immobiliari
del vaticano
San Mattone
Sandro Orlando
Il mondo - venerdì,
18 maggio 2007
L' ultimo a essere venduto è stato un immenso complesso
monastico sulla Camilluccia, alle spalle di Monte Mario. Nella stessa arteria a
nordest della Capitale, zona Trionfale, un tempo tappezzata di rifugi per
pellegrini e lazzaretti, l' immobiliarista casertano Giuseppe Statuto si è
portato via un ex convento del XVIII secolo di importante valenza storica, con
una superficie di quasi 5 mila metri quadri, e inserito in un' area naturale tre
volte più grande. Ma Statuto, l' enfant prodige dei nuovi palazzinari romani,
l' unico a non essere sfiorato dalle disavventure giudiziarie dei "furbetti
del quartierino", in arte Stefano Ricucci e Danilo Coppola, deve avere
buoni santi in Paradiso. Davvero: anche perché è uno dei rari operatori del
settore ad avere accesso agli affari immobiliari della Chiesa. E così con la
sua Michele Amari e le altre controllate attive nella Capitale (Bixio 15, Diemme
Immobiliare, Derilca, Egis) in questi anni è andato collezionando immobili di
pregio dismessi da congregazioni religiose, ordini e confraternite. La svolta è
arrivata alla fine del 2002, con la nomina del cardinale Attilio Nicora alla
presidenza dell' Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa),
uno dei due pilastri economici del Vaticano, insieme all' Istituto per le Opere
di religione (Ior), la banca pontificia. Una holding, l' Apsa, che a Roma
risulta proprietaria di beni per pochi milioni, perché iscritti a bilancio al
costo storico, e accatastati sempre come popolari o ultrapopolari, pur
situandosi in pieno centro. Attraverso società come
la Sirea
, che ha intestati due palazzi in piazza Cola di Rienzo, valutati neanche 3
milioni e dati in affitto alla Direzione investigativa antimafia;
la Edile Leonina
, con locali per altri 3 milioni, occupati dal Viminale; e
la Nicoloso
da Recco, titolare di quattro appartamenti, dal valore nominale di appena 50
mila euro. Ma che invece ha un potere di indirizzo enorme sull' immenso
patrimonio che fa capo alla Chiesa e agli oltre 30 mila enti religiosi che
operano sul territorio. Un patrimonio sfuggito a ogni censimento, nei quasi
ottant' anni seguiti al Concordato che dal 1929 regola i rapporti tra Stato e
Vaticano. Come aveva sottolineato anche Francesco Rutelli, all' indomani della
revisione dei Patti lateranensi. In un acceso dibattito parlamentare dell'
aprile 1985 sulla legge che istituiva il Fondo edifici di culto, l' allora
deputato radicale aveva fatto mettere agli atti l' interminabile elenco dei
palazzi posseduti dagli enti ecclesiastici nella sola città di Roma per dare la
consistenza reale dei beni della Curia. E rovesciare così quella visione di una
confessione "poverella" che aveva spinto
la Dc
ad accollare allo Stato mille miliardi di lire (dell' epoca) di spese l' anno,
per il mantenimento dei luoghi adibiti a culto. Poi Rutelli è diventato
sindaco, e con la pioggia di finanziamenti pubblici arrivata con il Giubileo del
2000, 3.500 miliardi di lire per parcheggi e sottopassi, restauri di cappelle e
palazzi, ristrutturazioni edilizie e nuovi alloggi per pellegrini, ha dato il
suo contributo all' ulteriore espansione terrena della Chiesa. Quattrocento
istituti di suore, 300 parrocchie, 250 scuole cattoliche, 200 chiese non
parrocchiali, 200 case generalizie, 90 istituti religiosi, 65 case di cura, 50
missioni, 43 collegi, 30 monasteri, 20 case di riposo, altrettanti seminari, 18
ospedali, 16 conventi, 13 oratori, 10 confraternite, sei ospizi. Sono quasi 2
mila gli enti religiosi residenti nella Capitale, e risultano proprietari di
circa 20 mila terreni e fabbricati, suddivisi tra città e provincia. Un quarto
di Roma, a spanne, è della Curia. Partendo dalla fine di via Nomentana, all'
altezza dell' Aniene, dove le Orsoline possiedono un palazzo di sei piani da
oltre 50 mila metri quadri di superficie, mentre le suore di Maria Riparatrice
si accontentano di un convento di tre piani; e scendendo a sudest per le
centralissime via Sistina e via dei Condotti, fino al Pantheon e a piazza Navona,
dove edifici barocchi e isolati di proprietà di confraternite e congregazioni
si alternano a istituzioni come
la Pontificia
università della Santa Croce. E ancora, continuando giù per il lungotevere e
l' isola Tiberina, che appartiene interamente all' ordine ospedaliero di San
Giovanni di Dio. E poi su di nuovo per il Gianicolo, costeggiando il Vaticano
fino sull' Aurelia Antica dove si innalza l' imponente Villa Aurelia, un
residence con 160 posti letto, con tanto di cappella privata e terrazza con
vista su San Pietro, che fa capo alla casa generalizia del Sacro Cuore. È tutto
di enti religiosi. Un tesoro immenso che si è accumulato nei decenni grazie a
lasciti e donazioni: più di 8 mila l' anno scorso nella sola area di Roma città.
Ma non c' è solo
la Capitale. La
Curia vanta possedimenti cospicui anche nelle roccaforti bianche del Triveneto
e della Lombardia: a Verona, Padova, Trento. Oppure a Bergamo e a Brescia, dove
gli stessi nipoti di Paolo VI, i Montini, di mestiere fanno gli immobiliaristi.
"Il 20 22% del patrimonio immobiliare nazionale è della Chiesa",
stima Franco Alemani del gruppo Re, che da sempre assiste suore e frati nel
business del mattone. Senza contare le proprietà all' estero. "A
metà degli anni ' 90 i beni delle missioni si aggiravano intorno agli 800 900
miliardi di vecchie lire, oggi dovrebbero valere dieci volte di più",
osserva l' immobiliarista Vittorio Casale, massone conclamato che all' epoca era
stato chiamato dal cardinale Jozef Tomko a partecipare a un progetto di
ristrutturazione del patrimonio di Propaganda Fide, il ministero degli Esteri
del Vaticano. Dicevamo del cardinale Nicora. Legatissimo ad Angelo Caloia, il
banchiere del Mediocredito centrale che si è fatto interprete del rinnovamento
dello Ior dopo il crac dell' Ambrosiano, Nicora è stato per tutti gli anni ' 90
"assistente spirituale e stimolatore" di un ristretto cenacolo
milanese, il gruppo Cultura Etica e Finanza, nato per "porre a confronto il
cattolicesimo col travolgente imporsi del primato economico finanziario",
come ha scritto Giancarlo Galli nel suo informatissimo libro sulla Chiesa e il
capitalismo (Finanza bianca, 2004). Arrivato al vertice dell' Apsa, Nicora ha
cercato di fare ordine nel portafoglio immobiliare della Santa Sede, con le
stesse logiche dei banchieri da lui frequentati. E così all' interno di quella
Sezione straordinaria che ha la delega sugli immobili ed è guidata da Paolo
Mennini (figlio di quel Luigi, consigliere dello Ior, già inseguito da un
mandato di cattura per lo scandalo Ambrosiano) e Piero Menchini, hanno
cominciato a diffondersi parole un tempo bandite come ristrutturare,
razionalizzare, mettere a reddito. Con il cambio di mentalità sono arrivate
anche le sanatorie, i cambi di destinazione d' uso, gli sfratti e le cause con
enti e inquilini. Al punto che anche
la Pontificia Accademia
Ecclesiastica di piazza Minerva ha aderito al condono per modificare la
destinazione d' uso di una parte del palazzo (intestata all' immobiliare Atrium)
e riconvertirla a uso ufficio. Ma con la scoperta del trading immobiliare i
bilanci del Vaticano almeno hanno ripreso a sorridere: con i 47 milioni
incassati tra il 2004 e il 2005 dalle vendite di palazzi, appartamenti e
conventi,
la Santa Sede
ha ampiamente coperto le perdite della Radio e dell' Osservatore Romano, da
sempre in deficit, mettendo da parte pure un discreto utile. È una conversione
che non è piaciuta però ai vecchi inquilini delle case di enti religiosi, che
improvvisamente si sono visti alzare i canoni di locazione da nuovi proprietari
schermati dietro misteriose sigle offshore. Come è capitato agli abitanti di
alcuni stabili della periferia nordest di Roma, zona Pineta Sacchetti Trionfale,
apparentemente venduti dallo Ior alla Marine Investimenti Sud, una piccola Srl
controllata dalla lussemburghese Longueville che a sua volta fa capo alla Neldom
Company di Montevideo, Uruguay. Gli affitti, però, continuano a essere versati
sugli stessi conti della banca del Vaticano. Ma c' è anche chi ha ricevuto
direttamente la lettera di sfratto per finita locazione, come hanno sperimentato
gli inquilini di via Benedetto XIV, via Niccolò V, via di Porta Cavalleggeri,
viale Vaticano e via di Porta Portusa, tutti alloggiati in appartamenti dell'
Apsa. Stesso destino per i vecchi inquilini di una palazzina di via Giulia,
tutti ultrasessantenni, alcuni dei quali residenti da prima della guerra. Ma l'
immobile, situato nel cuore del ghetto, è di pregio, e accanto è stato già
tirato su un albergo a cinque stelle, il St George. Mentre nell' adiacente via
del Gonfalone la signora Anna
La Vista
, che da quindici anni occupa un locale del Reverendissimo Capitolo di San
Pietro, si è pure dovuta far carico delle spese di ristrutturazione dell'
immobile prima di ricevere lo sgombero. Neanche l' associazione Anticaja e
Petrella, che si occupa del reinserimento dei detenuti, è stata risparmiata dal
nuovo corso. Storie individuali che un consigliere comunale della circoscrizione
I di Roma, il radicale Mario Staderini, raccoglie caparbiamente da tempo.
"Gli esponenti del Vaticano sono liberissimi di rivendicare il loro
interesse speculativo per un immobile del centro storico, anche se a pagarne il
prezzo saranno persone disagiate", osserva, "ma l' amministrazione
comunale non può venir meno alla sua funzione di governo del territorio".
Già l' estate scorsa Staderini aveva chiesto alla giunta Veltroni di fare un
censimento delle proprietà religiose, senza ricevere fino a oggi alcuna
risposta. "Sarebbe stato opportuno conoscere i dati", aggiunge,
"prima di donare 30 terreni per l' edificazione di nuove chiese, e annessi
ostelli, come ha fatto il Comune l' anno scorso". E così è inutile
cercare dati sul patrimonio ecclesiastico negli uffici competenti. L' unica
stima, che riguarda le imposte comunali sugli immobili di proprietà versate
dalla Curia, la fornisce l' assessore al Bilancio, Marco Causi: con l' entrata
in vigore dell' esenzione totale varata dal governo Berlusconi nel dicembre 2005
(anche sui beni a uso commerciale), il gettito Ici annuo generato da terreni e
fabbricati religiosi è crollato da
32 a
circa 7 milioni. Con una perdita secca vicina all' 80% che all' epoca aveva
spinto i sindaci di San Giovanni Rotondo e Assisi, le due principali mete di
pellegrinaggio dopo Roma, a venire nella Capitale a manifestare. È un regime
agevolato che sulla carta doveva essere cancellato dal decreto Bersani dell'
agosto scorso, ma in seguito a "difficoltà interpretative e
applicative" (sul trattamento da riservare a scuole e case di cura
religiose, per esempio) la maggioranza di centrosinistra ha preferito istituire
una commissione cui non sono stati dati limiti di tempo per sciogliere l'
arcano. E dire che la riforma Bersani era stata sollecitata da un intervento
della Commissione europea, dopo che alcuni operatori alberghieri della Capitale,
sempre per iniziativa dei radicali, avevano presentato un esposto a Bruxelles
per violazione della direttiva Ue sulla concorrenza. Gli enti religiosi non
godono infatti solo del privilegio di essere esentati dall' Ici anche in caso di
attività commerciali, ma beneficiano anche di uno sconto del 50% sull' Ires: in
pratica pagano la metà delle tasse sui redditi generati dall' affitto di camere
e appartamenti. Scoperto con il Giubileo, il fenomeno del turismo religioso si
è conquistato l' attenzione crescente delle alte sfere della Chiesa. Intorno a
questo nuovo business si è sviluppata l' Opera romana pellegrinaggi di
monsignor Liberio Andreatta, cui fa capo l' agenzia viaggi Quo Vadis. Insieme al
gruppo Cit
la Santa Sede
aveva anche messo a punto un progetto molto ambizioso per creare a Pietrelcina,
il luogo natio di Padre Pio, un polo turistico religioso, con 76 milioni di
investimenti: poi la crisi dell' operatore viaggi ha fermato tutto. Ma che il
settore sia in crescita lo dicono le cifre: in tutto il Paese si contano circa
3.300 case per ferie gestite da enti religiosi, con un giro d' affari annuo
stimato in 4,5 miliardi, e 200 mila posti letto. Di questi 5 mila sono a Roma,
città che solo a Pasqua registra più di 600 mila pellegrini. Oltretutto il
calo delle vocazioni ha svuotato abbazie e monasteri, che sono più di 2 mila in
tutta Italia, e questo proprio mentre gli ordini venivano chiamati a rispondere
a una nuova razionalità economica. È un boom che ha moltiplicato i cantieri
per trasformare antichi conventi e collegi religiosi in case di accoglienza e
veri e propri alberghi, soprattutto nella Capitale. E così un palazzo del
Borromini di proprietà delle suore Oblate di Santa Maria dei Sette dolori in
Trastevere si avvia a diventare un hotel con 62 camere. Sempre a Trastevere è
già in funzione il San Giuseppe di vicolo Moroni, mentre il Collegio gregoriano
di via San Teodoro, che s' affaccia sul Palatino, verrà dato in gestione a
terzi dopo la riconversione. È una febbre edilizia che finora è stata gestita
con riservatezza da pochi intermediari di fiducia, primo tra tutti il gruppo Re,
Religiosi ed ecclesiastici, di Vincenzo Pugliesi e Franco Alemani. Una realtà
nata più di vent' anni fa, con lo slogan "non dannatevi per vendere un
convento", che si è specializzata nella compravendita e ristrutturazione
di beni ecclesiastici e oggi ricava dall' attività con ordini e congregazioni
una trentina di milioni l' anno (su un fatturato complessivo di 55 milioni).
"La prima richiesta che ci arriva", spiega il vicepresidente Alemani,
"è vendere sempre dando la prelazione alla Chiesa". È per questo che
sono bandite le aste mentre a dirigere la controllata cui fa capo il business
religioso,
la Re
spa, è stato chiamato di recente l' erede di una delle famiglie che contano in
Spagna, Antonio Fraga Sánchez. I primi acquirenti di beni della Curia sono
proprio loro, il Santander e il Bilbao, da sempre a braccetto con il
potentissimo Opus Dei. ***** BENI IMMOBILI All' incirca il 20 22% del patrimonio
immobiliare italiano fa capo alla Chiesa. Un quarto di Roma è intestato a
diocesi, congregazioni religiose, enti e società del Vaticano. Solo le proprietà
che fanno capo a Propaganda Fide (il "ministero degli Esteri" del
Vaticano che coordina l' attività delle missioni nel mondo) ammontano a 8 9
miliardi. Negli ultimi due anni il Vaticano ha cominciato a fare trading
immobiliare, vendendo beni per quasi 50 milioni. Nel
2006 a
Roma si sono registrate più di 8 mila donazioni di beni immobiliari, in
provincia sono state 3.200. Il doppio rispetto a una città come Milano. Il più
grande intermediario immobiliare che lavora con
la Chiesa
, il gruppo Re spa, realizza da questa attività circa 30 milioni di fatturato.
PATRIMONI Il patrimonio gestito dallo Ior, la banca del Vaticano, e l' Apsa,
sfiora i 6 miliardi. TURISMO In tutta Italia si contano 200 mila posti letto
gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di
accoglienza per pellegrini. Il giro d' affari è stimato in 4,5 miliardi. In
tutto il Paese si contano più di 2 mila monasteri e abbazie. A Roma sono 5 mila
i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Il
giro d' affari del turismo religioso nella Capitale è stimato intorno ai 150
milioni di euro