HOME PAGE          SOMMARIO TEMI


C’È SPERANZA E SPERA


 di José M. Castillo

ADISTA n° 90 del 22.12.2007

Un Commento del teologo spagnolo José Castillo sulla recente enciclica di benedetto XVI “Spe Salvi”.

Questo articolo  di  José M. Castillo  è stato pubblicato sulla rivista  Andalusa di informazioine religiosa alternativa  “Moceop”  (07/12/2007). Titolo originale: “la esperanza y el infierno”

Il papa fa bene a ponderare tutto il positivo che offre al mondo la speranza propria dei cristiani. Tuttavia, con tutto il rispetto, oso dire che una speranza mal orientata può diventare un pericolo. Dico questo perché, per esempio, i terroristi suicidi, che si tolgono la vita uccidendo coloro che considerano nemici delle proprie credenze, fanno questo perché qualcuno ha messo nella loro testa l’idea che la morte è cosa di un istante, mentre i piaceri del paradiso eterno non hanno fine.È evidente che, in tali casi, la speranza religiosa diventa un pericolo che spaventa. Naturalmente, il papa non ha voluto neanche fare una simile insinuazione. Però non sarebbe stato male se, invece di accusare la ragione umana, l’illuminismo e la modernità, Benedetto XVI ci avesse messo in guardia da eccessi di speranza che “de facto” non sono stati altro che aggressioni disumane contro i diritti delle persone.Un esempio eloquente: il Concilio Laterano IV (1215) decretò che, se un malato si fosse rifiutato di ricevere i sacramenti della Chiesa, non avrebbe dovuto ricevere le cure del medico. La speranza nella vita eterna era anteposta ai diritti della vita umana. Ed è questo che fa, senza rendersene conto, Benedetto XVI. Con l’Illuminismo sono nati i “Diritti dell’uomo e del cittadino” (1789). Diritti che furono condannati da Pio VI, nel 1790. A partire da Giovanni XXIII, i papi elogiano i diritti umani, ma ad oggi il Vaticano non li ha sottoscritti. La speranza nell’altra vita può dare senso a questa, può aiutare a sopportare meglio le avversità e le sofferenze che patiamo qui. Ma le motivazioni che si basano sull’“al di là” possono essere pericolose per il “di qua”. John Dewey ha detto a ragione che “l’uomo non ha usato mai pienamente i poteri che possiede per accrescere il bene nel mondo, perché ha sempre aspettato che qualche potere esterno a lui e alla natura facesse il lavoro che è di sua propria responsabilità”. Da qui, tra altri motivi, l’anticlericalismo, che tanto danno ha fatto alla religione e alla Chiesa.Perché, in definitiva, l’anticlericalismo “è l’idea che le istituzioni ecclesiastiche, malgrado tutto il bene che fanno, sono pericolose per la salute delle società democratiche” (R. Rorty). Non è un bene che ci sia gente che la pensa così. Perché vi sono molte persone credenti che, per motivazioni religiose, fanno molto bene in questa vita. Per questo insisto sul fatto che gli “spiritualisti” ostinati, dal momento in cui pongono il centro della loro vita non in “questa vita” ma nell’“altra vita”, possono diventare inutili o anche pericolosi.La rassegnazione, la sopportazione e la speranza nell’altra vita sono consigliabili, molto utili, quando quello che soffriamo non ha rimedio, per esempio una malattia allo stadio terminale. Ma quando affrontiamo problemi ai quali si può porre rimedio, con il nostro sforzo e con le nostre lotte, è un istupidimento e persino una sfacciataggine fare appello alla speranza religiosa per voltare le spalle anziché mostrare il volto. Per il resto, se qualcuno viene a dirmi che mi perdona o mi ama perché così Dio perdona o ama lui, gli direi che si tenga il suo perdono e il suo affetto. Perché questa persona non ama me, bensì se stessa. È l’ipocrisia che tante volte permea la religione. L’ipocrisia di coloro che dicono di amare gli altri, ma in realtà non amano nessuno. A forza di udire che bisogna amare tutti “per Dio” o “per la vita eterna”, finiscono per essere dei raffinati egoisti, che non sono neppure coscienti dell’egoismo che cavalcano nella vita, mostrando una parvenza di umiltà che puzza di sacrestia. Per concludere, qualcosa sull’inferno. Il papa ne afferma l’esistenza. E si basa per questo sul Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 133-137). Tuttavia, non è dottrina di fede l’esistenza dell’inferno. Quello che sappiamo per fede è che “quanti muoiono in peccato mortale si condannano”. Però non è contenuto di fede che qualcuno sia morto in peccato mortale, neppure Giuda. Di più, nel Concilio Vaticano II, ci fu un vescovo che chiese che il Concilio affermasse che vi sono persone condannate all’inferno. Ma il Concilio non accettò simile richiesta. Perché (utilizzando il linguaggio religioso) in questo mondo nessuno può sapere quello che avviene nell’altro. Inoltre, l’inferno, così come si è soliti mostrare, racchiude una contraddizione. Ogni castigo è un mezzo per rimediare a qualcosa, per ottenere qualcosa. Persino i tiranni più crudeli hanno utilizzato il castigo per raggiungere qualche fine. Ma l’inferno è l’unico castigo che, essendo eterno, non ha né può avere altro scopo che lo stesso inferno, cioè causare sofferenza. Ora, se Dio è il Padre che si definisce come Amore, può fare una cosa del genere? La Bontà senza limiti può produrre e mantenere senza fine la Crudeltà senza limiti? Naturalmente, per noi che crediamo nel Dio del cristianesimo, questo Dio è giusto. E deve fare giustizia. Ma come? Quando? Dove? Preferisco rimanere con queste domande invece di fare affermazioni che, in fin dei conti, finiscono per presentare Dio come il più crudele dei tiranni.