CHIAGNE E FOTTE,
Paolo Flores d'Arcais
L’Unità 4-1-2008
«Chiagne e fotte» (anche con-tratto in «chiagn'e
fotte») è una delle più note espressioni del dialetto napoletano. Indica una
persona che gode di privilegi e ciononostante si lamenta, quasi fosse
discriminato. Un privilegiato a cui non basta mai, insomma. Non utilizzeremo
questa perspicua ed efficacissima manifestazione del logos partenopeo a
proposito della recente uscita del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di
Stato di Santa Romana Chiesa (quasi un vice-Papa, per capirsi), perché le
attuali norme sul celibato ecclesiastico renderebbero di cattivo gusto accostare
a un prelato un qualsiasi riferimento sessuale, fosse anche giocoso o
metaforico. E tuttavia, sentirlo dichiarare solennemente che «il Partito
democratico non deve mortificare i cattolici», quando lo sport quotidiano in
detto partito sembra semmai quello del «bacio della pantofola» e di ogni altro
esagerato ossequio verso la Chiesa gerarchica, lascia davvero senza parole.
Cosa vuole di più il cardinal Bertone dal neo-segretario Veltroni, con il quale
dice di essersi lamentato per le «derive» («laiciste», ça va sans dire) del
nuovo partito, tali che gli fanno rimpiangere Granisci e Togliatti (sic!)? Non
gli basta che il centrosinistra abbia già scaricato in soffitta un pur
timidissimo disegno di legge sui Dico o Pacs o come altro li si vuol innominare?
Non gli basta che dopo aver doverosamente ascoltato la richiesta dell'Europa,
che chiede a tutti i Paesi membri di non accettare discriminazioni tra le
diverse preferenze sessuali (richiesta che l'Europa avanza col sostegno di gran
parte delle forze politiche di destra), il centrosinistra si sia già rimangiato
quel gesto di elementare civiltà, con risibili scuse tecnico-procedurali? Non
gli basta che il governo continui a traccheggiare di fronte a una legge
ignobile, che costringe le coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale a
rischiare di concepire bambini con gravissime malformazioni, legge che per
fortuna più di un tribunale ha interpretato alla luce della Costituzione? Non
gli basta che il centro-sinistra continui a impinguare e locupletare le scuole
clericali, in spregio di un articolo della Costituzione che più chiaro non si
può? Non gli basta che nella scuola pubblica (pubblica?) siano stati fatti
entrare in ruolo migliaia di insegnanti di religione nominati dalla Cei, che
potranno eventualmente passare a insegnare filosofia, storia, italiano (sempre
restando di ruolo, senza concorso)? Non gli basta che in barba alla famosa
commissione Levi-Montalcini, si continui a NON insegnare il darwinismo nei primi
anni di scuola e fino all'adolescenza (contribuendo a farli restare bamboccioni)?
Non gli basta un meccanismo truffaldino dell'otto per mille che regala alla
stessa Cei ogni anno qualcosa come un miliardo di euro (per non parlare
dell'esenzione dall'Ici e altre regalie feudali)? Non gli basta una televisione
pubblica (a chiacchiere) dove l'editorialista quotidiano dei Tg non è un
giornalista, per lottizzato che sia, ma il Sommo Pontefice (di cui ci viene
propinato ogni discorso, dichiarazione, elucubrazione, anatema, glossa) e dove
la fiction ormai ha superato in devozione la «Legenda aurea» di Jacopo da
Varazze, e in ogni dibattito "scientifico" è presente un esorcista?
Non gli basta. Tutta la Chiesa gerarchica - e il Papa in primo luogo - si
accontenterebbe infatti solo di un programma davvero minimo: l'imposizione per
legge a tutti i cittadini dei «valori non negoziabili», cioè della morale
clericale su vita, morte, sessualità, educazione, ricerca scientifica. E questo
centro-sinistra su qualche dettaglio ancora recalcitra. Sempre meno, del resto,
visto che di fronte all'affondo anti-aborto del trio Ferrara-Ruini-Bondi (in
ordine rigorosamente cronologico) e alla dichiarazione sanfedista della
senatrice Binetti che voterà con Forza Italia, nessuno ha pronunciato l'ovvio
"non possumus" laico, col suo inevitabile corollario: o lei (e altri
sanfedisti come lei) o noi. Le pretese di Bertone (che sono poi quelle di
Ratzinger) non fanno che riportare in auge gli anatemi del Sillabo. I «valori
non negoziabili» sono gli stessi di allora, solo che ora non li si invoca più
contro le democrazie, si vorrebbe che diventassero la Costituzione stessa delle
democrazie. Di fronte a tanta totalitaria pretesa, quello che lascia sgomenti è
proprio la mancanza di reazione di chi si professa democratico. Perché, la
laicità o il laicismo coerenti, che esigono uno Stato neutrale rispetto alle
diverse morali di gruppo e personale, dove dunque si legiferi secondo il
principio di Grazio («Etsi Deus non daretur», come se Dio non ci fosse), non
costituiscono un estremismo ateo di segno analogo e contrario all'estremismo
clericale che vuole imporre a tutti la propria morale per legge. L'opposto
speculare di tale pretesa sarebbe quella di uno Stato che pretenda di imporre
per legge, a tutti, l'aborto in caso di malformazione, o dopo «x» figli (per
via della sovrapopolazione). O vieti l'insegnamento della religione, e a scuola
abbia un'ora di «ateismo» settimanale. O in nome di una morale edonista esiga
l'eutanasia per tutti i malati terminali in balia della sofferenza. O che, per
stroncare la piaga delle ragazze madri, renda obbligatorio l'uso della pillola
per tutte le minorenni. E via costringendo. Tutte cose che un laico non si
sognerebbe mai di chiedere. Perché laico significa democratico, e democratico
significa laico. In una democrazia liberale i due termini si implicano a
vicenda. E significano uno Stato che non impone a nessuno la morale di altri, ma
rispetta la morale autonoma di ciascuno (fino a dove non distrugge l'autonomia
dell'altro, ovviamente). Dunque, uno Stato che non impone a nessuno il divorzio,
ma a nessuno impone l'indissolubilità del matrimonio. A nessuno impone la
contraccezione, ma non impone le contorsioni dell'Ogino-Knaus a chi la
contraccezione (sicura) la vuole praticare. A nessuno impone l'aborto
terapeutico, ma a nessuno impone la nasata di un figlio non voluto. A nessuno
impone l'eutanasia, ma a nessuno impone la tortura di una sofferenza terminale
inenarrabile. A ciascuno, invece, garantisce la libertà di scelta. Questa è
l'autentica moderazione del laicismo più intransigente, il suo «giusto mezzo»:
non tollerare che una parte della società imponga all'altra la propria morale,
che un gruppo prevarichi facendo del proprio volere morale il dovere della
totalità dei cittadini, ma rispettare l'autonomia morale di tutti e di
ciascuno. Questi sono gli unici valori non negoziabili che dovrebbero
accomunare, senza se e senza ma, tutti i democratici, di tutti i partiti (e più
che mai di chi così ha deciso di chiamarsi).