DIO NON SI TAGLIA
Roberta Carlini
L’Espresso del 27-11-2008
La scure della Gelmini risparmia gli insegnanti di religione. Che sono 25 mila. E costano 800 milioni l'anno
Zona protetta, qui non si taglia. E neanche si
riordina. I 25.694 insegnanti di religione nella scuola pubblica italiana sono
al riparo dallo tsunami di tagli e proteste che l'ha investita. Anzi, sono
destinati ad assumere un peso crescente, essendo le loro ore intoccabili nella
generale riduzione dell'orario delle lezioni in classe. Lo dice anche la
Gelmini: macché maestro unico, c'è anche l'insegnante di religione. Che alle
elementari e alle materne fa due ore a settimana per classe. Solo che adesso
sono due su 30 (o 40, se c'è il tempo pieno), dall'anno prossimo saranno 2 su
24: l'8,3 per cento dell'orario curricolare.
Quadro orario a parte, a fare i conti in tasca alla spesa della scuola pubblica
per gli insegnanti di religione si trova qualche sorpresa. A partire dal numero
complessivo: in aumento costante, per le massicce immissioni in ruolo fatte
negli ultimi anni. Tra il 2004 e il 2007 sono stati assunti oltre 15mila tra
maestri e professori di religione. Adesso superano i 25mila, e cifra più cifra
meno costano 800 milioni all'anno. Ottocento milioni pagati da tutti,
incomprimibili e insindacabili. E non solo perché oggetto di un accordo
sottoscritto con uno Stato estero: non è che nei patti col Vaticano siano stati
scritti anche i dettagli organizzativi e burocratici, e spesso sono questi a
fare la differenza. Un esempio: mentre da tutte le parti ci si affanna per
razionalizzare, accorpare, risparmiare, l'insegnante di religione è attribuito
rigidamente per classe. Questo vuol dire che c'è sempre, anche se solo uno
studente di quella classe opta per l'insegnamento della religione. Ma anche
senza arrivare al caso estremo, facciamo un'ipotesi vicina alla realtà di molti
quartieri delle grandi città: se ci sono due classi con dieci studenti ciascuna
che scelgono la religione, queste non si possono accorpare per quell'ora. Un
meccanismo che moltiplica le ore e le cattedre. Diventa interessante, a questo
punto, sapere quanti studenti scelgono l'ora di religione, per capire perché il
numero degli insegnanti è cresciuto e se potrebbero essere utilizzati meglio:
senonché la Pubblica istruzione questa informazione non la fornisce. È un dato
che gli uffici statistici del ministero hanno, ma non è a disposizione del
pubblico.
Allora bisogna andare alla fonte direttamente interessata, la Cei, per sapere
qualcosa. E la Cei ci dice che nella media italiana il 91,2 per cento degli
studenti si avvale dell'ora di religione: si va dal 94,6 delle elementari
all'84,6 delle superiori. Sembrano tantissimi. E però sono in calo dal 2000
(allora erano sul 94 per cento). Il che segnala un primo paradosso: mentre
diminuiva il numero degli studenti 'avvalentisi', aumentava quello dei maestri e
prof di religione. I quali sono per la maggioranza donne, quasi sempre non
ecclesiastici, mediamente un po' più giovani degli altri insegnanti. Quello che
la Cei non dice (e il ministero si guarda bene dal far sapere) è come sono
distribuiti: si sa che nelle scuole delle grandi città e nei quartieri con
maggiore presenza di stranieri le percentuali scendono molto, ma nel dettaglio
non si può andare. Anche perché, qualunque numero venga fuori, vale la
rassicurazione del ministro Gelmini: "Gli insegnanti di religione non si
toccano". Può toccarli solo la stessa Curia che ha dato loro l'idoneità
all'insegnamento, revocandogliela, anche per motivi morali o personali, come una
convivenza fuori dal matrimonio o cose simili. In quel caso, si è stabilito
qualche anno fa, l'insegnante di religione immesso in ruolo non perde il posto,
ma può far valere i suoi titoli per insegnare altre materie: scavalcando altri
precari con meno santi in paradiso.