IL FRONTE ANTIABORTO BENEDETTO DAL PAPA
Silvia Balestra
L’Unità 14-5-2008
Avevo appena finito di stupirmi per le
dichiarazioni del Papa sul sesso che non deve diventare una droga (in Italia non
c’è pericolo: assieme a Spagna, Grecia e Germania siamo il Paese europeo con
meno nascite, meno aborti e meno consumo di anticoncezionali, ergo...), quando
arriva un violento attacco alla legge 194. Nuovo stupore, più che altro per il
tono estremista, per il linguaggio diretto, per le accuse esplicite. Ecco
infatti cosa ha dichiarato Benedetto XVI ricevendo gli ottocento volontari del
Movimento per la Vita capeggiati da Carlo Casini, in occasione del trentennale
della legge italiana sull’aborto.
«Da quando in Italia è stato legalizzato l’aborto ne è derivato un minor
rispetto per la persona umana, valore che sta alla base di ogni civile
convivenza, al di là della fede professata». Di più: «Difendere la vita
umana è diventato oggi praticamente più difficile perchè si è creata una
mentalità di progressivo svilimento del suo valore». Può sembrare pedante, e
anche un po’ noioso, ribattere colpo su colpo a questo tipo di analisi. Che si
fanno di giorno in giorno più estreme e violente. Eppure, ancora una volta,
tocca ricordare che la legge 194 ha visto, in trent’anni, dimezzare gli
aborti. Tocca anche rilevare come gli attacchi del fronte antiabortista,
nonostante la mutata situazione e la mutata sensibilità delle donne italiane,
laiche e cattoliche, siano ormai virulenti, parenti stretti e se possibile anche
più feroci degli attacchi di un tempo. Tocca anche far notare che il
minireferendum indetto da Giuliano Ferrara con la sua lista pazza «Aborto? No
grazie», che vedeva fra i suoi capofila pezzi da novanta del Movimento per la
vita e dintorni come Olimpia Tarzia e Paola Bonzi, ha ricevuto una sonora
sconfitta raccogliendo solo 135.000 voti su 38 milioni di votanti.
Appena un mese fa, parlando di aborto e divorzio come di “piaghe”, il Papa
aveva detto che «l’aborto lascia segni profondi e indelebili nella donna,
favorendo una mentalità materialistica di disprezzo per la vita». Un altro dei
periodici, ormai quasi quotidiani interventi delle gerarchie cattoliche, che una
settimana sì e l’altra pure trovano sui media uno spazio davvero
spropositato. Si tratta di dichiarazioni pesanti che si potrebbero considerare
per quelle che sono: moniti, insegnamenti, indicazioni per i cattolici. Ma
stavolta non solo riguardano una legge specifica d’uno Stato straniero
(indicativa la testatina di alcuni giornali che riportano la notizia sotto la
dicitura “Esteri”). E in più non si tratta di indicazioni generali, ma
della comunicazione a una minoranza anche in seno ai cattolici, minoranza
sparuta ma estremista, numericamente irrilevante, ma agguerrita e attiva. Con
l’aggravante - a proposito di ingerenza - che i Centri per l’Aiuto alla Vita
hanno sede e operano all’interno dei nostri ospedali. Ospedali pubblici,
italiani e, fino a prova contraria, aconfessionali.
Che le donne che hanno abortito siano portatrici di una mentalità
pericolosamente “pro-death” in opposizione alla loro “pro-life” è tutto
da dimostrare: lo sa il Papa che la maggioranza delle donne che hanno
attraversato l’esperienza dell’aborto, nel corso della vita, diventa,
felicemente, madre? Che molte di quelle donne sono già madri e dunque niente
affatto svilitrici della vita?
Quanto al Movimento per la Vita, ha un bel dire una brava storica di formazione
cattolica come Emma Fattorini che ha visto cambiare i suoi militanti: «Da
isterici luoghi di propaganda colpevolizzante a luoghi riflessivi di aiuto
concreto, di vera azione solidale in sinergia con gli operatori dei consultori».
Sarà. Ma a sentire certe canzoncine di Olimpia Tarzia che dà voce ai feti in
procinto di essere abortiti, o certe dichiarazioni di professori di bioetica
dell’Università pontificia Regina Apostolorum che, da uomini,
sull’argomento ci hanno costruito carriere, viene da pensare diversamente.
Avendo poi ascoltato le parole dei loro fiancheggiatori (alcune proprio dai
palchi della fallimentare campagna elettorale di Ferrara), segni di una
propaganda violenta e isterica se ne trovano, e parecchi. Sono gli atteggiamenti
nei confronti delle donne che non vengono mai chiamate “assassine” ma che,
in quanto ferite dall’aborto, diventano, per esempio, «la parte malata della
società» (sentito con queste orecchie a Piazza Farnese). Ma andiamo oltre,
perché persino il Mpv ha le sue frange estreme, fiancheggiatori e imitatori che
ne sembrano una specie di truculenta caricatura. Basta un giro sulla rete, ed
ecco non solo le belle foto a colori delle ecografie, ma, anche immagini
sanguinolente di embrioni abortiti, piedini microscopici tenuti fra due dita,
disegni anatomici di feti raggomitolati. Iconografia, d’accordo, ma
strettramente confinante con un terrorismo psicologico, con un sadismo
trattenuto, con un gusto dell’orrido e dello spavento che si credeva passato,
archiviato. Insomma, in certi siti, accanto ai testi di Benedetto XVI, alle
preghiere e ai documenti sulla bioetica, si trova tutto un campionario
rivoltante e violento, molto più variegato del feto sotto formalina che Carlo
Casini si portava appresso, in valigia trent’anni fa. Dolore, dunque, veicolo
di paura e intimidazione, raggiungibile con un clic anche a chi cerchi - per
apertura mentale, curiosità, voglia di capire anche di chi riflette su un
fronte diverso - le tesi pro-life. Violenza, corpi fatti a pezzi, altro che i
discorsi sulla pornografia in rete. Qualcuno dovrebbe prenderne le distanze
(magari le gerarchie cattoliche? È chiedere troppo?), invece di invitare
continuamente “all’azione” in difesa della vita, specie se questa azione
si traduce in orribile propaganda.