I bambini rubati davvero
di Dijana Pavlovic*
“l'Unità” del 22 maggio 2008
Sull’aereo per Roma, dove partecipo a una trasmissione sulla cultura rom, leggo l’intervista
all’eurodeputata ungherese Mohacsi che denuncia la scomparsa di 12 bambini rom a Napoli.
Sottratti alla patria potestà perché chiedevano la carità non si sa più nulla di loro, il tribunale non ha
notizie. L’eurodeputata, di origine rom, si impegna, lei che sta in Ungheria, per la sorte di questi
bambini. La notizia riporta la denuncia di altre centinaia di famiglie rom che lamentano la stessa
cosa.
Questo è il più penoso dei paradossi che toccano il mio popolo: i rom sono accusati di rubare i
bambini, ma secondo il ministero degli interni italiano non c’è alcun caso accertato; sull’episodio di
Napoli e su quello di oggi a Catania la polizia è prudente e sono in corso accertamenti per chiarire
cosa è davvero successo - visti i precedenti di allucinazioni collettive su presunti ratti di bambini -,
mentre ai genitori rom i figli vengono sottratti davvero.
La notizia che viene data con tutta l’evidenza di una cosa vera, l’immagine che si è formata
attraverso questo tipo d’informazione e con le favole raccontate ai bambini - stai buono se no
vengono a prenderti gli zingari - è quella totalmente falsa dei rom che rubano i bambini.
La notizia vera, la tragedia della sottrazione dei figli a un famiglia non appare da nessuna parte,
nessuno se ne occupa e deve venire una zingara dall’Ungheria a denunciare questa violazione dei
diritti di genitori che non sanno qual è il destino dei loro figli. Questi bambini, nostri figli zingari,
non hanno un nome per questo Stato. Non hanno nome quelli che vivono alla giornata in questo
paese bello e democratico guadagnandosi il panino nelle metropolitane, e dopo subiscono tre
sgomberi nella stessa giornata, che dormono nel fango sotto la pioggia, quelli che muoiono nei
roghi delle loro piccole baracche sotto i ponti, quelli che vengono «salvati» dallo stato e di loro si
perde ogni traccia.
Con me ho anche il libro
La bambina di Mariella Mehr, poetessa rom nata a Zurigo che, come moltialtri figli del «popolo nomade» nati in Svizzera tra il 26 e il 72, appena nata venne tolta alla propria
famiglia, data a famiglie affidatarie, orfanotrofi, istituti psichiatrici; ha subito violenze, elettroshock
e a 18 anni, come era accaduto a sua madre, è stata sterilizzata dopo aver avuto un figlio che le è
stato portato via. Tutto questo per estirpare il fenomeno zingaro. Parla di sé Mariella Mehr, della sua
sofferenza di non avere un nome.
Storie come questa segnano le vite di coloro che vengono considerati diversi anche davanti alla
giustizia. Per noi non c’è garanzia di sicurezza e di giustizia, una giustizia giusta che cerchi di
capire le ragioni, i condizionamenti per i quali una persona viola la legge. Questo principio, che già
vale secondo le differenti condizioni sociali, con il pacchetto sicurezza verrà stravolto: pene
severissime alla piccola criminalità, compresa quella di sopravvivenza, se prodotta da immigrati e
rom (e il pensionato italiano che ruba la fettina al supermercato?), criminalizzazione della povertà,
dell’esclusione sociale e delle tragedie di tanti popoli.
È inquietante che nel paese, nel quale intere regioni e intieri quartieri di città come Milano sono in
mano alla malavita organizzata - insieme con qualche marchio di scarpe, di borse e di occhiali, il
maggior prodotto d’esportazione italiana - il dibattito sulla sicurezza sia a senso unico e si concentri
esclusivamente su clandestini e rom.
Dovremo allora proporre al governo, se i suoi membri non hanno letto il libro di Saviano, di andare
almeno a vedere il film Gomorra, perché sappia dove sono i mali profondi di questo paese, cosa
vuol dire vivere con la camorra dei 4000 morti ammazzati, che gestisce l’immondizia e organizza i
pogrom contro i rom?
*Nata nel 1976 in Serbia, si è laureata alla “Facoltà delle Arti Drammatiche” di Belgrado. Dal
1999 vive e lavora come attrice a Milano e come mediatrice culturale in una scuola elementare.
Rom e milanese, ha lavorato ne «La squadra», nel corto «Quando si chiudono gli occhi», regia di
B. Catena, e in moltissime piéce teatrali. È stata candidata nella Sinistra Arcobaleno alla Camera