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La forza senza cultura

di Gad Lerner

“la Repubblica” del 4.10.2008

È auspicabile che i presidenti della Camera e del Senato siano lesti nel cogliere gli scricchiolii della

pacifica convivenza e promuovano un osservatorio parlamentare sul razzismo che ormai tracima

dalla greve licenza verbale in troppi episodi di violenza fisica. Lo stesso governo della "tolleranza

zero" ha interesse a far suo un allarme che non riguarda più solo il diffondersi dell'inciviltà, ma

anche l´ordine pubblico.

Episodi come il pestaggio del giovane Samuel Bonsu Foster a Parma o l´umiliazione inflitta alla

signora Amina Sheikh Said all´aeroporto di Ciampino - quali che siano gli esiti delle indagini -

evidenziano un´impreparazione culturale di settori della forza pubblica nella pur necessaria opera di

vigilanza e prevenzione anticrimine. Problemi simili esistono nelle polizie di tutto il mondo, il cui

aggiornamento professionale deve tenere conto delle mutate condizioni ambientali. Ma ancor più

inquieta l´ormai lunga collezione di aggressioni, squadristiche o individuali, che si tratti di pogrom

incendiari contro gli abitanti delle baraccopoli o di sprangate sulla testa del malcapitato di turno.

Tale esasperazione è stata spesso giustificata dagli imprenditori politici della paura come legittima

furia popolare. Minimizzata tributando demagogicamente lo status di vittime ai "difensori del

territorio". Fino a quando c´è scappato un morto: Abdoul Salam Guiebre. Ma nella stessa città di

Milano la guerra tra poveri ha riproposto il bis martedì al mercato di via Archimede. Stavolta non

per un pacco di biscotti: Ravan Ngon è stato pestato con una mazza da baseball dal venditore di

frutta e verdura alla cui bancarella si era avvicinato troppo con la sua merce abusiva. Lo stesso

giorno, nella borgata romana di Tor Bella Monaca, una banda di teppisti adolescenti pestava, così, a

casaccio, Tong Hongshen, colpevole solo di aspettare l´autobus. Abdoul Salam Guiebre, Tong

Hongshen, Ravan Ngon: nomi difficili da pronunciare, figure giuridiche differenti (un cittadino

italiano, un immigrato con permesso di soggiorno, un altro che vive qui da cinque anni senza essere

riuscito a regolarizzarsi), ma innanzitutto persone. Nostri simili che stentiamo a riconoscere come

tali, di cui preferiamo ignorare le vicissitudini e i diritti.

Nelle interviste trasmesse da Sandro Ruotolo a "Annozero", abbiamo udito i parenti dei camorristi

accusati dell'eccidio di Castel Volturno manifestare indignazione: la polizia si muove "solo quando i

morti sono neri"! Che si trattasse di una vera e propria strage, sei omicidi, passava in second'ordine.

Temo che quell'infame, velenoso rovesciamento delle parti tra vittime e carnefici, rischi di diventare

in Italia senso comune, se le istituzioni non interverranno per tempo.

Di certo non aiutano i pubblici elogi di Maroni al vicesindaco di Treviso, che sul suo stesso palco si

riprometteva di cacciare i musulmani "a pregare e pisciare nel deserto". Come se non fossero già

centinaia di migliaia i nostri concittadini di fede islamica. Non aiutano i giornali filogovernativi che

attribuiscono all'intero popolo zingaro una congenita propensione al furto. Non aiuta il cortocircuito

semantico che equipara il minaccioso stigma di "clandestino" a un destino criminale. La regressione

culturale di cui si è detto preoccupato anche il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, ha

tra i suoi responsabili gli spacciatori di stereotipi colpevolizzanti che nel frattempo promettono

l'impossibile: un paese in cui, grazie alla mano forte delle nuove autorità, i cittadini siano esentati

dalla fatica della convivenza.

Così come si è rivelato fallace - inadeguato all'offensiva reazionaria - l´espediente retorico di una

sicurezza che non sia "né di destra né di sinistra"; altrettanto insulso rischia di apparire oggi il

richiamo al binomio "diritti e doveri" degli immigrati. Giusto, certo. Ma astratto, fin tanto che non

verrà indicato loro un percorso praticabile d´integrazione e cittadinanza. O preferiamo forse che si

organizzino separatamente per farci sentire la loro protesta, esasperando una contrapposizione

separatista fino allo scontro con le istituzioni?

Tra i sintomi della regressione culturale c´è anche la miopia con cui le forze democratiche del

paese, a cominciare dal Pd, finora hanno ignorato la necessità di dare rappresentanza politica agli

immigrati. Sarà forse poco redditizio elettoralmente, ma è decisivo per il futuro della nostra società

che si affermino leadership responsabili, organizzazioni accoglienti, punti di riferimento alternativi

ai capiclan e ai propagandisti dell'integralismo religioso. Persone che hanno avuto l´intraprendenza

di emigrare per sfuggire a una sorte infelice, e che spesso hanno conseguito traguardi culturali e

professionali significativi dopo essere approdati senza un soldo sulle nostre coste, possono

contribuire anche al rinnovamento della politica italiana, bisognosa di ritrovare idealità e speranza