LE GUERRE DEI GESUITI
La compagnia di Gesù deve tagliare i ponti con qualsiasi coinvolgimento in strutture militari e in azioni belliche.
L’autore dell’articolo, John Dear, è un gesuita attivista per la pace ed autore di numerosi saggi sulla nonviolenza. L’articolo qui presentato è tratto dal settimanale cattolico U.S.A. “National catholic reporter” (25/01/2008). Titolo originale: “the society of jesus should renounce all ties to the military"Lo
scorso autunno,
mentre
testimoniavo al processo dei no-war di Santa Fé, mi è stato chiesto quale
fosse la mia missione di prete gesuita. Ho testimoniato sotto giuramento che il
nostro lavoro è “salvare le anime, fermare le guerre, liberare i poveri dalla
povertà e accogliere un Regno di Dio fatto di giustizia e pace, che ci renda
discepoli, amici e compagni di Gesù”. “Dov’è scritto tutto questo?” mi
ha domandato il giudice, interrompendomi. “Nei documenti ufficiali delle
Congregazioni Generali della Compagnia di Gesù, n. 31, 32, 33 e 34”, gli ho
risposto.Mi ha guardato sbalordito. Allora gli ho spiegato: “Sto tentando di
essere all’altezza del mio compito”.A gennaio, centinaia di superiori
dell’ordine gesuita nel mondo si riuniranno a Roma per la 35.ma Congregazione
della Compagnia di Gesù. L’obiettivo di questo incontro è l’elezione del
nuovo superiore generale, che subentri a p. Peter-Hans Kolvenbach, ottantenne
dimissionario. Molti ipotizzano che il meeting, che terminerà a fine marzo,
possa definire nuovi scenari in tema di giustizia e ambiente. In India e Africa,
il numero di gesuiti è in aumento. Molti si dedicano al servizio ai bisognosi e
lavorano per la giustizia e la pace. Qui negli Stati Uniti, invece, con 28
università riservate ai ceti più abbienti e 71 scuole tra medie e superiori,
il numero dei membri è diminuito negli ultimi decenni da 8.000 a meno di 3.000,
la maggior parte dei quali è più che sessantenne.La scorsa primavera, il National
Jesuit News,
un giornale di notizie sui gesuiti statunitensi, ha tracciato l’illuminante
profilo di un prete gesuita, cappellano ad Abu Ghraib, Iraq, definendolo
assistente dei torturatori e non dei torturati. Fortunatamente ha lasciato
l’Iraq. Disgraziatamente, oggi insegna la “moralità” della guerra a West
Point, luogo da cui, guarda caso, la polizia mi ha interdetto a vita.Questo
articolo ha scioccato e scandalizzato sia me che altri amici gesuiti. Non riesco
a capire come possiamo affermare di seguire il Gesù della nonviolenza
appoggiando chi esegue torture o lavora nei quartier generali della guerra.
Purtroppo, non c’è da stupirsi, visti i nostri trascorsi violenti. I gesuiti
del Maryland hanno posseduto degli schiavi fino al 1850, senza pensare
minimamente ad una loro liberazione. Hanno giustificato la schiavitù, hanno
venduto questi esseri umani ed hanno usato il denaro ricavato per costituire le
solide basi economiche della Georgetown University.Molti gesuiti nella storia
sono stati a favore della guerra o vi hanno partecipato. Una famosa battaglia
navale statunitense prende nome da un gesuita. Il decano di una scuola gesuita
di diritto della Colombia, è attualmente membro del consiglio di
amministrazione della famosa “Scuola delle Americhe”, conosciuta oggi come
Western Hemisphere Institute for Security Cooperation. Alcuni gesuiti, rettori
di università, hanno ricevuto titoli onorifici dai presidenti Reagan e Bush e
dal segretario di Stato Condoleezza Rice. La maggiore pubblicazione gesuita, America,
vende regolarmente spazi pubblicitari al Pengatono per reclutare preti
nell’esercito, a supporto delle sue campagne di morte. Due gesuiti sono stati
coinvolti nello sviluppo della bomba atomica. Fino a poco tempo fa, un gesuita
ha lavorato a Los Alamos, quartier generale degli armamenti nucleari
statunitensi.Oltre a questo, la maggior parte delle nostre università e scuole
superiori insegnano ai giovani come uccidere altri esseri umani attraverso
programmi diabolici di addestramento chiamati Reserve Officer Training Corps, o
ROTC. Queste attività sono l’opposto di ciò per cui Gesù ha dato la vita,
contro tutto ciò per cui ci battiamo. Nel 1985, quando mi trovavo in America
Centrale, il gesuita salvadoregno Ignacio Ellacuría parlò espressamente del
ROTC: “Dite ai gesuiti di Georgetown che, sostenendo queste forze della morte
che uccidono la gente, commettono peccato mortale”. È stato assassinato nel
1989.Tutti questi fatti mi disturbano e mi deprimono. Dopo il Concilio Vaticano
II, dopo Pedro Arrupe, dopo il massacro dei gesuiti a El Salvador, l’11
settembre, gli scandali degli abusi sessuali, le guerre di Iraq e Afghanistan,
perché i gesuiti e le loro istituzioni non si sono mossi a favore del disarmo,
un pre-requisito essenziale per realizzare “una fede di giustizia”? Ho
passato molti dei miei anni cercando di porre fine al supporto dei gesuiti alla
guerra, inutilmente. Ma
andrò avanti.Vado
avanti per le decine di eroici gesuiti sparsi nel Paese che continuano ad
ispirare e stupire: santi come Daniel Berrigan, che compirà 87 anni il prossimo
maggio; Steve Kelly, che sta scontando una pena detentiva per aver testimoniato
contro la tortura; Greg Boyle e Mike Kennedy che lavorano a contatto con le
bande di strada a Los Angeles, e molti altri.Noi gesuiti abbiamo una rinomata
tradizione di santi e martiri: da sant’Ignazio a san Francesco Saverio, a
Edmund Campion e Peter Claver, da Miguel Pro e Walter Cizek, a Alfred Delp, gli
80 gesuiti imprigionati ed uccisi dai nazisti. Durante il recente raduno dell’Army’s
Western Hemisphere Institute
a Fort Benning, Georgia, è stato letto un elenco di gesuiti martirizzati dagli
anni ‘70. In totale sono stati pronunciati 46 nomi, tra cui Ignacio Ellacuría
ed altri sei gesuiti di El Salvador. C’era Richie Fernando, che operava
in un campo profughi in Cambogia nel 1996. Qualcuno lanciò una bomba nel campo
durante una partita di calcio che Richie aveva organizzato. Si è avventato
sull’ordigno salvando decine di ragazzi. C’era Martin Royackers che lavorava
in una parrocchia di una periferia poverissima della Giamaica, che predicava
contro la violenza, la droga e le bande di strada, assassinato sui gradini della
stessa chiesa nel 2000. E Thomas Anchanikal, un gesuita indiano che ha difeso i
cosiddetti dalit
(gli “intoccabili”) dalla tirannia dei padroni ed è stato decapitato nel
1997. “Cosa vuol dire essere gesuita?” era il quesito della 32.ma
Congregazione gesuita, sotto la guida di Pedro Arrupe.Vuol dire prendere
coscienza di essere peccatore e, ciononostante, chiamato ad essere compagno di
Gesù come fu Ignazio a suo tempo… Oggi il gesuita è un uomo la cui missione
è quella di dedicarsi interamente al servizio della fede e alla promozione
della giustizia, in una comunione di vita, lavoro e sacrificio condiviso da
confratelli che si radunano attorno alla stessa croce, per la costruzione di un
mondo ad un tempo più umano e più divino.Nel libro che sta per uscire, They
Come Back Singing: Finding God with the Refugees (Torne-ranno
cantando: troveranno Dio con i rifugiati, ndt), pubblicato dalla Loyola Press,
il mio confratello gesuita Gary Smith racconta di un volantino che sta
circolando in Uganda intitolato The
Secret Terrorists,
(“I terroristi segreti”, ndt) in cui si accusano i gesuiti di fomentare il
terrorismo. “Quei dannati gesuiti stanno tramando di nuovo”: questa è la
frase iniziale. “Confesso che stiamo tramando”, scrive Gary. “Ma non
c’è nulla di segreto nel nostro piano. Esso prevede infatti di: sconfiggere
la doppiezza del mondo con la verità del Vangelo; affrontare le ingiustizie con
la passione di Cristo per i poveri; sostituire la violenza con la pace; andare
ovunque, sempre e con ogni mezzo in luoghi dove possiamo opporci al cuore delle
tenebre con il cuore di Dio”.Spero che Gary abbia ragione. Questo complotto
nonviolento per la giustizia e la pace sulle orme di Gesù è ciò che mi ha
spinto a diventare gesuita 26 anni fa e che mi fa restare qui.Quando i superiori
dei gesuiti si riuniranno a Roma per “complottare” la nostra missione per il
futuro, pregate con me affinché ritroviamo lo zelo evangelico dei nostri
albori, lo spirito dei nostri santi e martiri; che possiamo rinunciare una volta
per tutte alla violenza ed alla guerra sia individualmente che come ordine;
che possiamo bandire i programmi ROTC da ogni campus gesuita; che non abbiamo più
nulla a che fare con nessuna forza militare di nessun Paese, difendendo invece i
poveri e gli emarginati da ogni ingiustizia. n