Lourdes e il segreto delle acque miracolose
di Mario Tozzi
in “La Stampa” del 14 febbraio 2008
Sono oltre due milioni e mezzo i nostri concittadini che si recano ogni anno a Lourdes nella
speranza di un miracolo o, semplicemente, per testimoniare la propria fede e partecipare a un rito
collettivo. Se, però, quello che si cerca presso la fonte francese è la guarigione da un male (dunque
il miracolo), ci sarebbe da domandarsi perché, visto che l’ultimo «evento inspiegabile» cui la
Chiesa romana ha conferito il crisma del miracoloso è avvenuto nel lontano 1976, peraltro a
vantaggio dell’italiana Delizia Cirolli da Catania. Da quel momento si sono analizzati solo tre casi e
solo per uno c’è qualche certezza: in pratica sono oltre trent’anni che a Lourdes non guarisce più
nessuno. Quali sono allora le ragioni delle milioni di statuine della Madonna in plastica che
contengono acqua miracolosa e benedetta, dei treni della speranza o delle migliaia di corpi immersi
nelle vasche sotto la roccia calcarea?
Dall’anno della visione di Bernadette (1858) i miracoli certificati dalla Chiesa di Roma sono stati
65 o 68, ma con una curiosa distribuzione nel tempo: i candidati al miracolo furono circa 1.536 dal
1892 al 1917, per scendere solo a 3 nei successivi 18 anni, quando cambiò il responsabile del
santuario. Il 40% dei 65 casi miracolosi era relativo alla tubercolosi, malattia un tempo mortifera
come oggi il cancro, ma che si è dimostrata controllabile dal sistema immunitario e in cui sono state
testimoniate decine di remissioni spontanee (addirittura più numerose lontano da Lourdes).
Naturalmente tutto questo non toglie nulla al mistero del miracolo: non è necessario verificare se le
guarigioni siano o meno «inspiegabili» per la scienza e sono molti i fenomeni naturali di cui ancora
non si comprendono i meccanismi. Il miracolo è atto di fede e non si cura di corrispondere a un
accadimento «vero»: poco importa, a chi crede, che la Sindone sia un particolare telo di lino, ma di
età medievale, o che ci siano, sparsi per il mondo centinaia di chiodi della crocifissione di Gesù o
tonnellate di legno della stessa croce. L’importante è il valore simbolico e questo merita tutto il
rispetto anche da chi non crede. Altra cosa è porsi delle domande a proposito della natura del
miracolo e verificarne spesso una spiegazione scientifica, magari scoperta dopo secoli.
È il caso delle fonti e delle sorgenti indicate come miracolose, una costante dell’Europa e del Medio
Oriente, soprattutto lungo i percorsi dello spirito che portavano da Canterbury a Compostela e poi
in Palestina passando per Roma. Le Terme di Mosé a Tiberiade e le altri fonti di acqua calda a
Gadara, il fiume Giordano, il Mar Morto, le fonti delle antiche foreste della Francia e dell’Italia del
Nord, le sorgenti mineralizzate della Toscana e dell’alto Lazio (l’acqua santa di Roma, prima
protetta dalla ninfa Egeria) erano tutti riferimenti obbligati per i pellegrini del Medio Evo e presso
quelle fonti avvenivano i miracoli più insperati. Le acque calde sanavano i lebbrosi e lenivano la
gotta, quelle minerali aiutavano i paralitici e i rachitici, mentre tutti traevano giovamento per
polinevriti, glaucomi, tracomi e cecità di vario tipo. Presso le sorgenti più efficaci nascevano veri e
propri santuari e ancora oggi cippi e edifici ricordano le virtù taumaturgiche dei vari santi delle
fonti.