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Padre Pio e il paese dei miracoli

di Adriano Prosperi

in “la Repubblica” del 25 aprile 2008

Ci sono miracoli e miracoli: ma l'Italia è l'unico paese al mondo dove un processo di trasformazione

economico-sociale di per sé non originale è stato definito "miracolo italiano". Oggi, in tempi di

depressione economica e di paure diffuse, altri miracoli occupano le cronache. E davanti agli

scenari del pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo per l'ostensione del corpo di San Pio da

Pietrelcina si affacciano ricordi e associazioni di altri episodi. Storie remote eppure familiari.

Quando il fondatore dell'ordine dei cappuccini fra' Matteo da Bascio morì a Venezia nel 1552, una

gran folla si accalcò intorno al suo cadavere tentando di prenderne qualche reliquia. Si ebbero

subito notizie di miracoli e ne fu dato alle stampe un primo elenco. A questo punto scoppiò un

contrasto per il possesso del corpo fra il convento dei francescani e la parrocchia di San Moisé dove

il frate era morto. Si ricorse al rappresentante del papa a Venezia il quale scrisse a Roma di aver

fatto sotterrare il corpo nottetempo: «E là – aggiunse – se farà miracoli come dicono, lo vedremo».

L'episodio è esemplare, perché possiede tutti gli ingredienti di un fenomeno ricorrente e sempre

attuale: fama di santità, accorrere di folle in cerca dell'emozione del miracolo, sfruttamento

economico-politico del corpo santo e del suo possesso come un ricco deposito aurifero, strategie di

poteri divisi tra profittatori astuti della credulità delle masse e tutori di una fede spirituale.

Fenomeno ricorrente, si diceva. Soprattutto nella storia italiana. Perciò la domanda che nasce è

sempre quella: perché sono specialmente gli italiani che sembrano credere ai poteri straordinari di

corpi umani morti, interi o frammentari che siano?

Anni fa un antropologo americano, Michael P. Carroll, già prete cattolico, pubblicò in un suo libro

un censimento dei tanti casi italiani di culti religiosi di corpi, di teschi, di ossa. Vi elencò i casi delle

devozioni ai corpi dei morti per mano del boia – le "sante anime giustiziate" – e quelli napoletani

delle pratiche ancor oggi diffuse di culti dei resti umani conservati nelle cripte delle chiese e nei

cimiteri. Carroll aveva una tesi molto semplice: incapaci di andare al di là della materia, gli italiani

gli apparvero come il relitto di un mondo premoderno, che non distingue tra spirito e materia perché

incapace di concepire e di praticare una religione spirituale. Era una tesi non nuova. L'avevano già

detto i teologi protestanti del secolo XVI. La dura satira di Giovanni Calvino contro la religione

delle reliquie segnò allora la frattura tra due volti del cristianesimo.

Ma la storia è complicata e il carattere di un popolo non si spiega con una formula così semplice:

anche perché l'ordine degli ingredienti che abbiamo elencato non è rimasto fisso nel corso dei secoli

e i loro legami di causa e di effetto si sono modificati. E se resta indiscutibilmente attuale la

dimensione collettiva della risposta all'offerta dell'esibizione di un corpo miracoloso, molte cose

sono cambiate nel lungo percorso storico dei rapporti tra i poteri della Chiesa e i movimenti della

società. Alle origini lontane ritroviamo un ingrediente che conserva ancor oggi un grande valore: è

quello del corpo integro del santo, sfuggito alla corruzione, capace di apparire a distanza di tempo

dalla sepoltura ancora libero dall'attacco degli agenti naturali. La corruzione è l'effetto del dominio

del mondo animale, delle forze della materia e del piacere del cibo e del sesso. Il grande storico

Peter Brown ha analizzato e raccontato in un libro straordinario (Il corpo e la società. Uomini,

donne e astinenza sessuale nei primi secoli cristiani, Einaudi editore, Torino 1992) il modo in cui

nella concezione della santità tra i cristiani dei primi secoli dominasse il valore dell'astinenza

sessuale. La corruzione del corpo nasceva dai rapporti sessuali: chi si asteneva dal sesso manteneva

il suo corpo incorrotto. La verginità era allora "circondata da un'aura di sacra venerazione". E la

purezza poteva aumentare e rafforzarsi anche attraverso il regime alimentare: digiuno, rifiuto della

carne. Il corpo puro e incorrotto del santo annunciava col suo aspetto il trapasso immediato dalla

vita terrena alla vita dei cieli senza sottostare alla dura punizione inflitta ai peccatori, quella della

spaventosa trasformazione delle proprie membra, cioè del corpo col quale ciascuno si identifica e le

cui modificazioni e la cui rapida distruzione finale appaiono da sempre intollerabili. Su questi

fondamenti si resse a lungo la fede nella eccezionalità dei santi, nel loro ruolo speciale tra gli esseri

umani e nella loro potenza salvifica: trovarne ancora incorrotto il corpo a distanza di tempo divenne

un potente argomento per imporre alle autorità della Chiesa di sanzionarne la differenza da tutti gli

altri e di esibirne l'esempio a sostegno della speranza di tutti. Naturalmente ciò incoraggiò processi

di mummificazione artificiale e di conservazione per incoraggiare la fede: un corpo disfatto,

aggredito palesemente dalla morte ha sempre scoraggiato la fama di santità, come fu evidente al

tempo della morte di papa Pio XII.

Per questa via le chiese si riempirono di sarcofaghi e di urne con corpi più o meno conservati di

santi e le loro reliquie furono oggetto di furti e di traffici complicati finendo in genere per arricchire

le collezioni di principi e di sovrani. Qualcuno cominciò a trovare discutibile che nelle chiese i

corpi umani dei santi fossero oggetto di altari speciali, sempre più ricchi e frequentati, mentre

veniva trascurato l'altare centrale con unico corpo al quale i cristiani dovevano legare la loro fede

nella vita eterna: il corpo e il sangue di Cristo, presenti nell'ostia consacrata. La contestazione più

radicale fu portata avanti dal movimento della Riforma protestante: e nelle chiese della Riforma a

partire dal secolo XVI non ci furono più né reliquie di santi né immagini devote. Con un

movimento che anticipò di due secoli la grande distruzione delle reliquie dei sovrani fatta a Parigi

dalle folle della rivoluzione francese, tutti quei veicoli materiali di devozione furono cancellati e

rimase dominante la religione della Parola di Dio. Ma la vastità e la radicalità di quel processo

provocarono un ripensamento sostanziale negli orientamenti delle autorità della Chiesa cattolica.

Come abbiamo visto nel caso del cappuccino fra' Matteo da Bascio, quelle autorità rimasero a lungo

diffidenti nei confronti dei movimenti devoti di quel popolo che adorava le reliquie e chiedeva a

corpi umani protezione, salute, liberazione dai bisogni e dalle malattie. Solo "per non irritare il

popolo, ch'è un certo animale", come scrisse allora il nunzio papale, si avviò per il fondatore dei

Cappuccini un processo canonico di beatificazione che si arrestò subito. E tuttavia davanti alla

contestazione dei riformatori ci si dovette decidere a incoraggiare la devozione popolare ai santi,

almeno quando e nella misura in cui non contrastava i punti centrali della dottrina ortodossa. Questo

non impedì che la voce delle masse apparisse spesso come l'espressione di un gregge irrazionale: le

pecore debbono obbedire ai pastori e non i pastori alle pecore, scrisse un alto ecclesiastico davanti

alla travolgente devozione spagnola del '600 all'Immacolata Concezione. Ma con l'età

contemporanea dominata dalle masse, le scelte di quelle pecore sono diventate decisive. Gli stati

hanno cessato di essere confessionali e di obbligare i popoli al culto religioso. Perciò si è resa

indispensabile per la Chiesa cattolica, che rivendica un potere universale, la scelta di appoggiarsi

alla devozionalità di massa, di coltivarla e di alimentarla, cercando solo di correggerne quando

possibile le punte estreme in modo da ricondurla nell'alveo della dottrina ufficiale. Nelle carte del

governo ecclesiastico della dottrina della fede cattolica si incontrano storie infinite di incontri e

scontri intorno a fenomeni di devozioni di ogni genere. Ed è qui che si scopre il volto soprattutto

italiano di questa storia di corpi miracolosi e di immagini sanguinanti, di santi monaci, di mistiche

visionarie, di taumaturghi e di guaritori. Intorno alle loro storie e al modo in cui sono state di volta

in volta affrontate e dibattute nelle riunioni degli organi centrali del governo ecclesiastico prende

forma concreta la lunga vicenda che sta dietro alle efflorescenze del presente. Realtà italiana, si è

detto: perché la Chiesa cattolica è parte centrale e fondamentale della storia italiana: perché ne ha

retto in molti modi il governo nell'assenza di un potere politico centrale; perché al sorgere dell'Italia

come nazione unitaria ha combattuto lo stato liberale e le sue leggi alimentando in tutti i modi

l'ostilità delle classi popolari contro la borghesia miscredente; perché al crollo del regime fascista e

dello stato ha offerto la sua supplenza civile rivelandosi come la principale candidata al controllo

del paese. Su tale sfondo si collocano anche le differenze tra la sorte postuma del fondatore dei

Cappuccini e quella del suo ben più celebre confratello per il quale si muovono oggi le folle. In

questo la diffusione capillare di miracoli e di corpi santi ha svolto una funzione, saldando la

religione del Cristo risorto alla speranza di vita e di salute erogata da taumaturghi umani. Non per

niente la speciale importanza degli atti solenni di esibizione pubblica ad essi riservata è indicata

oggi con un termine speciale – un termine normalmente usato per l'ostia consacrata: Ostensione