Il Papa in silenzio
di Furio Colombo
in “l'Unità” del 15.10.2008
Una proposta sorprendente è stata avanzata da Papa Benedetto XVI come ragione importante per la
beatificazione di Pio XII: il silenzio. Di fronte al dilagare delle leggi razziali in Europa e
all’evidente gravità di quelle leggi prima ancora che arresti e deportazioni svelassero il progetto di
distruzione completa di un popolo, Pio XII, capo della più vasta e potente organizzazione religiosa
di un mondo che allora era centrato sull’Europa, ha ritenuto di tacere, di tacere anche quando, con
l’occupazione tedesca di due terzi della penisola, Roma inclusa, dopo l’armistizio e il tentativo
italiano di uscire dalla guerra, forze armate tedesche e fasciste erano attive, e aggressive, e
vendicative nel tentativo di catturare quanti più ebrei, individui e famiglie fosse possibile,
intimando la pena di morte a chi avesse aiutato i ricercati e compensando ogni delazione italiana (ce
ne sono state a migliaia) con lire cinquemila. La principale ragione per apprezzare come utile e
virtuoso quel silenzio è che in tal modo il Papa ha reso possibile una vasta rete di aiuto e sostegno in
Vaticano, in chiese e in conventi italiani per salvare, ospitare, nascondere moltissimi italiani
ricercati per razzismo e per ragioni politiche. Si è trattato della più estesa e attiva rete di rifugio e di
soccorso, ben documentata dalla Storia e di cui migliaia di sopravvissuti, in Italia e nel mondo,
hanno dato atto e gratitudine al Vaticano.
Ci sono però due grandi obiezioni, una nel mondo dei fatti, l’altra a livello dei principi.
I fatti ci dicono che l’Italia ha avuto un ruolo molto grande nell’orrore delle persecuzioni razziali
che hanno insanguinato e marcato come indimenticabile vergogna tutta l’Europa.
L’Italia cristiana, cattolica, legata con un Concordato alla Chiesa di Roma. È importante ricordare
tutto ciò, oggi, alla vigilia del 16 ottobre. Quella notte del 1943 mille e diciassette cittadini ebrei
romani - dai neonati ai vecchi ai malati - sono stati arrestati nelle loro case del Ghetto di Roma da
unità militari tedesche munite di nomi e indirizzi da parte dei fascisti italiani. Tutti i rastrellati sono
stati tenuti prigionieri per giorni presso il Collegio militare di Roma sotto la sorveglianza di militi
fascisti, e poi deportati ad Aushwitz da dove quasi nessuno è tornato. Dunque ciò che è accaduto a
Roma il 16 ottobre non è stato il blitz di un terribile istante ma una lunga, meticolosa operazione
nazista e fascista durata per giorni nel silenzio di Roma. L’Italia era l’altra grande potenza che ha
invaso e occupato, insieme ai tedeschi. Il ruolo che l’auto-narrazione italiana si è attribuito dopo il
disastro e la sconfitta fascista, è quello di uno Stato buono, sgangherato e debole dove i soldati
combattevano con le scarpe di cartone. Era vero, nell’esperienza disperata dei soldati di allora, ma
persino mentre il disastro italiano si compiva, l’Italia dalla Francia ai Balcani alla Russia, era l’altro
grande Paese invasore, oppressore, occupante. Non tutti i diplomatici e i generali italiani
ubbidivano, anzi ci sono state clamorose dissociazioni di fatto (che vuol dire cauta ma ferma
disobbedienza) dalle leggi razziali. Ma l’Italia era l’altro persecutore, le leggi razziali erano state
firmate dal re italiano, unico caso in Europa. Ma il re Savoia era imparentato con metà delle
monarchie europee del tempo, l’esercito sabaudo era collegato con l’attivismo nazista antisemita
attraverso gerarchi, ufficiali, agenti della milizia fascista, che facevano comunque del loro meglio
per terrorizzare le popolazioni locali e spingere al peggio i “Gaulaiter” e i governi fantoccio. Erano
impegnati a terrorizzare tutte le popolazioni, a sostenere tutti i fascismi locali più sanguinosi, ad
accumulare, contro l’Italia, un odio che dura ancora. Ma sopratutto erano attivissimi nella
collaborazione all’immensa rete di delitti che oggi chiamiamo Shoah. Il diario di un uomo giusto
come Giorgio Perlasca che, da solo, in Ungheria, ha salvato migliaia di cittadini ebrei dalla
deportazione fingendosi diplomatico spagnolo testimonia del frenetico lavoro della persecuzione in
regioni e Paesi di un’Europa cristiana e in gran parte cattolica. O comunque sensibilissima
all’autorità della Chiesa cattolica, che riguardava anche una parte non irrilevante di soldati e
ufficiali tedeschi. E che certo condizionava il fascismo.
E qui entra in campo la questione di principio. Ciò che è accaduto in Italia, sopratutto l’assenza
quasi totale di voci italiane contro le leggi razziali, allo stesso tempo spaventose e folli (folli in
modo evidente, a cominciare dalle enunciazioni di principio, dai presunti fondamenti storici e
logici, dal titolo stesso di “leggi in difesa della razza”) è reso più inspiegabile e difficile da
giustificare a causa del comportamento del Parlamento filo-fascista bulgaro. Quel Parlamento, sotto
la guida del presidente Dimitar Peshev (cito da libro di Gabriele Nissim «L’uomo che fermò
Hitler», Mondadori), rifiutò e respinse le leggi razziali preparate sull’odioso modello italiano. E
impedì in tutto il Paese occupato “dai camerati tedeschi” qualsiasi atto contro i cittadini bulgari
ebrei. Dunque dire di no da parte di chi aveva autorità era pericoloso ma possibile. Imbarazza la
memoria italiana anche il ben noto gesto del re di Danimarca che, pur privo di forza militare e di
qualunque strumento di resistenza, si oppose, senza cedere mai, all’imposizione della stella gialla
come identificazione dei suoi cittadini ebrei.
Sono leggende, ormai, brandelli di un onore perduto. Sono tentativi di recupero di un minimo
rispetto per un’Europa colta e orgogliosa della sua identità in cui è dilagato il peggior delitto della
Storia. Ma quel delitto è dilagato nel silenzio. Ed è stato - poche volte - fermato dal coraggio, raro,
drammatico, ma, come si vede, efficace di rompere il silenzio. Tutto dimostra che i nazisti avevano
bisogno del silenzio e contavano sulla cancellazione della memoria.
C’è un rapporto fra il silenzio che ha consentito a una organizzazione non sospetta e intatta (a causa
del silenzio) come la Chiesa cattolica e la salvezza di migliaia di ebrei? Certo, c’è. Ma è lo stesso
silenzio che ha consentito la deportazione e lo sterminio di milioni di ebrei d’Europa. Era possibile
parlare? Rispondono alcune voci che, in alcuni luoghi, hanno cambiato la Storia. Era pericoloso? Lo
era. Ma era anche un ostacolo grave e imbarazzante, se è vero che le radici d’Europa sono - dunque
erano - cristiane e cattoliche.
Infine: si ricorda un esempio, nella lunga storia cattolica di martiri e santi, di qualcuno portato
all’onore degli altari per avere taciuto? Uno solo?