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La Roma dei papalini e quella di Alemanno

di Michele Serra

“la Repubblica” del 22 settembre 2008

C'è un solo vizio ideologico che riesca a essere più ridicolo e irritante del politicamente corretto. È

il politicamente scorretto, che nella sua smania polemica, nella sua fregola riparatoria, raggiunge

capolavori di incongruenza storica, politica e perfino logica come quello perpetrato a Roma (anzi, ai

danni di Roma) nelle celebrazioni del 20 settembre. Come le cronache hanno riportato, il Comune

della capitale d'Italia ha solennemente commemorato i caduti di Porta Pia. Ma non i bersaglieri del

Regno, che aprendo quella breccia hanno fatto di Roma la capitale degli italiani. Bensì i loro

stremati ed esitanti oppositori, i soldati papalini, che nonostante le raccomandazioni delle stesse

autorità vaticane riuscirono, poveri cristi, a farsi ammazzare per la più anacronistica delle cause (il

potere temporale della Chiesa, oggi rinnegato dallo stesso Papa Ratzinger) e nella più inutile delle

battaglie, non per caso commemorata in tempi recenti dal solo Fantozzi in una memorabile

ricostruzione che la defalca da vera e propria battaglia a una sorta di incidente edilizio.

Da parte papista caddero diciannove uomini, della cui memoria siamo oggi depositari tanto quanto

di quella di qualunque vittima di guerra, compresi i lanzichenecchi, i tigrotti della Malesia, i caduti

alle Termopili o i guerrieri ittiti. Ma della cui specifica vicenda, francamente, ci si era

inevitabilmente dimenticati, a parte il manipolo di cattolici integralisti del gruppo "Militia Christi"

(tutto un programma) che hanno accolto estasiati, e forse suggerito, la goffa commemorazione

papista del vicesindaco di Roma Mauro Cutrufo. Il quale ha nominato con commozione rituale, uno

per uno, i diciannove caduti anti-italiani, in presenza di autorità militari non si sa quanto costernate

e quanto distratte, e ovviamente dei bersaglieri, i cui caduti a Porta Pia riposano in pace in archivi

storici evidentemente molto impolverati.

Ora, si sa che in questo Paese lo spirito nazionale è così incerto e sfocato da essere affidato

soprattutto alle imprese sportive. Nelle quali è facilissimo individuare il "comune sentire" in un

grido strozzato davanti alla televisione, o in un carosello serale di motorini. Proprio per questo,

però, episodi grotteschi come quello di Roma, oltre a indurre al riso, fanno mettere le mani nei

capelli. Che il Municipio di Roma festeggi, centotrentotto anni dopo, i propri osteggiatori in armi, è

un mistero spiegabile solo con l'indiscriminata ostilità a tutto quanto odora di Repubblica e, su per li

rami, di unità d'Italia, di Risorgimento, di emancipazione laica da un potere temporale che fu il

principale ostacolo storico e politico al disegno di Cavour e Garibaldi. Solo una destra

intrinsecamente antiliberale poteva inventarsi il rovesciamento della cerimonia di Porta Pia. Uno

scherzo di natura (di natura reazionaria) che germina dal rimpianto, in ogni sua forma, per l'Ancien

Régime, più in quanto ancien che in quanto régime. Ai laudatori dei Borboni, ai rivalutatori del

brigantaggio, agli austriacanti di ritorno, si affiancano i papisti in armi (ossimoro, ma vai a

spiegarglielo) che con un secolo e mezzo di ritardo provano a contare quante divisioni aveva il

Papa. Ci piacerebbe dire che si tratta di eccentrici, perfino simpatici quando collezionano soldatini

in uniforme o si impancano in "dibattiti" dalla struttura molto precaria. Ma se questa eccentricità

diventa cerimonia ufficiale nella capitale del Paese, con tanto di bandiere e autorità schierate, forse

significa che qualcosa di meno pittoresco, e di più sostanzialmente politico, sta accadendo o è già

accaduto. No alla Resistenza perché "comunista", no al Risorgimento perché borghese, massonico e

anticlericale, il tappeto della storia si riavvolge pian piano, secolo dopo secolo. A quando la

commemorazione del Papa Re, con l'aristocrazia nera in prima fila e un signore con la fascia

tricolore che, anche in rappresentanza nostra, commemora i mercenari caduti contro i ghibellini