SE È IN PERICOLO IL DESTINO DEI DIRITTI
Stefano Rodotà
La Repubblica 14-2-2008
Quale sarà il destino dei diritti e delle libertà
civili nel nuovo tempo della politica che si è appena annunciato, e che assumerà
tratti più netti dopo il voto del 13 aprile? Da Napoli è appena arrivata una
inquietante risposta, tanto più grave perché da la misura di un mutamento di
clima.
Un mutamento di clima che, senza bisogno di cambiare le norme in vigore,
determina una vera e propria aggressione nei confronti di chi altro non ha fatto
che valersi dei diritti che le riconosce la legge sull'interruzione della
gravidanza.
Il racconto della donna è davvero un caso di scuola di violazione della dignità
della persona, dunque di uno dei principi fondativi della convivenza, come si
legge nella nostra Costituzione e nell'articolo 1 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve
essere rispettata e tutelata». Non basta dire, infatti, che s'era ricevuta una
segnalazione anonima e che era necessario effettuare accertamenti. Proprio il
carattere anonimo delle segnalazioni esige sempre prudenza nella loro
utilizzazione, altrimenti la libertà e la dignità di ciascuno di noi vengono
consegnate nelle mani di qualsiasi mascalzone. Vi erano molti modi per accertare
se davvero si stava violando la legge, senza bisogno di piombare addosso alla
donna e di farle domande assolutamente illegittime, come quella riguardante il
padre. Ma ci si comporta così quando si ritiene di essere assistiti da un
consenso sociale, quando si pensa che l'aria sia cambiata e che nell'agenda
politica ed istituzionale a diritti e libertà spetta ormai un posto marginale.
La vicenda napoletana ci ha purtroppo dato la tragica conferma di una
regressione civile già in atto. Sarebbero urgenti, a questo punto, una reazione
politica ed una istituzionale.
Chiunque abbia il senso delle istituzioni, merce purtroppo sempre più rara,
dovrebbe esigere, nell'interesse di tutti, un chiarimento del modo in cui
magistratura e polizia si sono comportate a Napoli, e l'individuazione delle
specifiche responsabilità, come hanno chiesto le componenti del Csm. Siamo di
fronte ad una violenza di Stato, che esige un immediato e pubblico
ristabilimento della legalità. Solo così sarà possibile cancellare, almeno in
parte, l'effetto intimidatorio che quella irruzione può avere nei confronti di
tutte le donne che intendono far ricorso alla legge 194. Per quanto riguarda la
reazione politica, sono ovviamente benvenute le proteste, le condanne. Ma non
bastano. Non siamo di fronte ad un caso isolato ed isolabile, ma appunto alla
rivelazione di un clima. E questo clima può essere cambiato solo se, con
adeguata forza, si rifiuta l'agenda politica che l'ha determinato e a questa se
ne oppone una più civile, rispettosa delle persone e della loro umanità, che
rimetta ai primo posto il riconoscimento e il rispetto dei diritti.
Dal centrodestra sono venuti segnali insistiti e chiarissimi. La radicale messa
in discussione dell'aborto è netta, ha ormai una forte evidenza nella campagna
elettorale, ben poco offuscata dalle variazioni tattiche di Berlusconi rispetto
alla lista di Giuliano Ferrara, visto che lo stesso Berlusconi ha rilanciato
proprio la parola d'ordine di Ferrara di proporre all'Onu ben più di una
moratoria sull'aborto — il pieno riconoscimento del diritto alla vita del
concepito. A queste proposte si aggiungono la posizione ostile ad ogni
aggiustamento della legge sulla procreazione assistita, anche a quelli che una
provvida giurisprudenza ha rigorosamente introdotto, mettendo in evidenza gli
eccessi di potere del governo Berlusconi; la dura linea sulle questioni della
sicurezza; la "questione privacy" proposta sostanzialmente come mezzo
per limitare il ricorso alle intercet¬tazioni anche in materie dove appaiono
necessarie e per incidere sulla libertà d'informazione; e l'ipotesi di
procedere ad una revisione anche della prima parte della Costituzione, quella
appunto delle libertà e dei diritti.
Se questo è il catalogo, ormai evidentissimo, del centrodestra, quali segnali
sono venuti dal Partito democratico e dalla Sinistra arcobaleno? Flebili,
comunque privi finora della evidenza necessaria per presentarsi come un
programma forte e coeso, capace di imporsi all'attenzione dell'opinione pubblica
e modificare così l'agenda politica. Per il Partito democratico questo è anche
il frutto di una difficoltà interna, testimoniata dalla pubblica adesione della
senatrice Binetti alla proposta berlusconiana sull'aborto.Per la Sinistra
arcobaleno è probabilmente l'effetto determinato dal ritardo di una effettiva
elaborazione comune.
La passata legislatura lascia un'eredità pesante. Testamento biologico, unioni
di fatto, disciplina delle intercettazioni sono lì a ricordarci una impotenza
dell'Unione, la difficoltà estrema nel gestire politicamente situazioni
complesse. Soprattutto per i primi due casi, si constatò in modo sbrigativo che
non v'era la necessaria maggioranza parlamentare, e questo favorì all'interno
dell'Unione le operazioni di chi volle chiudere nel cassetto testi
significativi. Non si tenne conto che si trattava di materie che riguardano la
vita di tutti, le decisioni sul morire e l'organizzazione delle relazioni
affettive (e il nascere, legato alle nuove linee guida sulla procreazione
assistita), sì che sarebbe stato necessario avere non solo un più netto
atteggiamento davanti all'opinione pubblica, ma anche più coraggio
parlamentare, portando in assemblea i disegni di legge, obbligando i senatori ad
assumere esplicitamente le loro responsabilità e consentendo così ai cittadini
di valutare meriti e colpe all'interno di entrambi gli schieramenti. In altre
materie, quelle legate alla sicurezza pubblica in particolare, vi è stata una
eccessiva propensione a soluzioni sbrigative, con una riduzione di problemi
complessi a questioni di puro ordine pubblico, rendendo indistinguibile la
posizione del governo da quella dell'opposizione. Di queste debolezze si è
avuta una conferma ulteriore nelle materie sbrigativamente indicate con il
termine privacy, che sono poi quelle che riassumono molti dei diritti legati al
diffondersi delle nuove tecnologie. Un solo esempio. Con il decreto "milleproroghe"
si è portato ad otto anni e mezzo il tempo di conservazione dei dati sul
traffico telefonico, un non invidiabile record mondiale.
Che cosa potrà accadere nel prossimo Parlamento? La previsione più facile
induce a concludere che, se prevarrà il centrodestra, la linea sarà quella
della riduzione dell'autonomia delle persone nel decidere della loro vita
(ricorso alla procreazione assistita, aborto, rifiuto di cure, decisioni di fine
vita, unioni di fatto), dell'indebolimento delle garanzie in nome della
sicurezza, della limitazione del controllo di legalità da parte dei giudici,
che è una componente essenziale della tutela dei diritti. Ma questo non
significherà necessariamente abbandono di una nuova normativa sul testamento
biologico o sulla procreazione assistita. Regole su queste materie potrebbero
servire per una finalità esattamente opposta a quella per la quale erano state
finora pensate: chiudere ogni varco alla possibilità di giungere comunque al
riconoscimento di diritti delle persone sulla base delle norme della
Costituzione, come hanno fatto con grande rigore alcuni giudici.
La necessità di un diverso e chiaro programma in materia dei diritti è
evidente. Questo programma, in primo luogo, deve essere dichiaratamente
"conservatore", nel senso che deve consistere in una intransigente
difesa dei principi costituzionali e in un loro coerente sviluppo nelle
direzioni segnate dall'innovazione scientifica e tecnologica. È vero che queste
innovazioni ci obbligano a confrontarci in modo assolutamente inedito con i temi
della vita, dell'umano. Ma questa riflessione, e le conseguenze pratiche che se
ne traggono, devono trovare la loro collocazione nel quadro di valori
democraticamente definito, appunto quello costituzionale. Questo non esclude il
confronto, la discussione, la prospettazione di punti di vista anche
radicalmente diversi. Esclude, invece, la pretesa di imporre un altro quadro di
principi, imposto autoritativamente, ritenuto "non negoziabile" perché
espressione di verità non discutibili.
Giungiamo così al vero nodo politico e culturale, alla revisione costituzionale
di fatto che si vuole realizzare avendo le prescrizioni delle gerarchie
ecclesiastiche come unica tavola dei valori. Questo è uno dei punti condivisi
di cui si vanta il Popolo delle libertà. Questa è la vera radice del rischio
che corrono libertà e diritti, che non ha nulla a che vedere con
l'anticlericalismo o con il "laicismo", ma ha molto a che fare con la
democrazia. Un rischio che si aggrava ogni giorno, visto che l'interventismo
delle gerarchie vaticane si traduce sempre più spesso in una precettistica
minuta. Quale società si sta delineando?
Le debolezze politiche e culturali del passato centrosinistra sono nate anche su
questo terreno, e si è rivelata sbagliata la linea di chi ha ritenuto che un
atteggiamento morbido avrebbe consentito un progressivo superamento delle
difficoltà. Il "politicismo" del rapporto esclusivo con le gerarchie
vaticane non ha pagato e, anzi, ha aperto varchi sempre più ampi al loro
intervento, mentre veniva trascurato e mortificato il rapporto con il mondo
cattolico più aperto. Chiedere maggiore consapevolezza di questa situazione non
significa incitare allo scontro. Significa mettere in chiaro, nella fase
democraticamente essenziale della campagna elettorale, i propositi e le
prospettive di azione di ciascuno. Anche su questo si costruirà il consenso
delle forze politiche di centrosinistra e di sinistra.