E' durato ventiquattr'ore il gelo tra Vaticano e Campidoglio,
tra il Papa e il sindaco di Roma. Poi c'è stata la marcia indietro guidata dal
cardinal Bertone, Segretario di Stato, e Roma da città in "gravissimo
degrado" come aveva affermato Benedetto XVI di fronte a Veltroni, Marrazzo
e Gasbarra allibiti di tanta inattesa severità, è diventata di colpo una
"città godibile e accogliente" e le istituzioni locali
"alacremente impegnate a migliorare la socievolezza e il benessere
diffuso".
Le due diplomazie parallele hanno lavorato sotto traccia senza risparmiarsi,
ottenendo infine il risultato desiderato da entrambe (quella di Veltroni e
quella di Bertone): correggere la "gaffe" di papa Ratzinger,
ristabilire rapporti amichevolmente corretti tra le due sponde del Tevere,
mettere allo scoperto l'ultimo colpo di coda di Ruini, autore del dossier cui si
era ispirato il Papa per la sua improvvida sortita. Ruini sta facendo i bagagli,
tra poco lascerà il Vicariato (per limiti d'età).
Al suo posto andrà il prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica,
candidato del Segretario di Stato.
Quanto all'assalto antiveltroniano scaturito dopo l'intervento papale dell'altro
giorno, la correzione effettuata dal cardinale Segretario di Stato ha avuto
l'effetto di un "boomerang": per l'ennesima volta gli statisti del
centrodestra - con la sola eccezione di Casini - si sono esposti con strepiti e
sceneggiate clericaloidi per poi trovarsi spiazzati e beffati.
Una vittoria non trascurabile per Veltroni, derivante da un appuntamento che in
condizioni diverse avrebbe avuto dai "media" l'attenzione di poche
righe e che si è invece trasformato in una prova di forza del sindaco di Roma e
leader del Partito democratico.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma è proprio così?
Dipende dai punti di vista. Per i laici-laici (adesso si usa definirli così)
restano molti punti interrogativi dopo questa vicenda, ma problemi ancora
maggiori si pongono al laicato cattolico.
Non che siano nati dalla "gaffe" di Benedetto XVI; esistono da molto
tempo e precedono di anni l'incoronazione dell'attuale pontefice. Ma
quest'ultima sua sortita ha avuto l'effetto di riproporli tutti, insoluti e
sempre più urticanti.
Al di là della palese inconsistenza politica e culturale di papa Ratzinger, che
da Ratisbona in qua si comporta come un allievo di questo o quel dignitario
della sua corte spostando la barra del timone secondo i suggerimenti che gli
vengono da chi di volta in volta lo consiglia, esiste più che mai un disagio
profondo nella Chiesa e nel laicato cattolico. La Chiesa di Benedetto XVI, ma
anche quella di Giovanni Paolo II, non riesce ad entrare in sintonia con la
cultura moderna e con la moderna società. Questo è il vero tema che dovrebbero
porsi tutti coloro che si occupano dei rapporti tra la società ecclesiale e la
società civile all'inizio del XXI secolo.
La gerarchia ecclesiastica e quello che pomposamente viene definito il Magistero
si sono da tempo e sempre più trasformati in una "lobby" che chiede e
promette favori e benefici, quanto di più lontano e disdicevole dall'attività
pastorale e dall'approfondimento culturale. Il "popolo di Dio" soffre
di questa trasformazione; i laici non trovano terreno adatto al dialogo se non
sul piano miserevole di comportarsi anch'essi come una confraternita pronta a
compromessi e patteggiamenti.
Quando un Papa arriva al punto di bacchettare un sindaco di Roma e un presidente
di Regione e reclama maggiori aiuti finanziari per il Gemelli e il Gesù Bambino
e per le scuole cattoliche; quando il Vicariato di Roma e il vertice della
Conferenza episcopale intervengono direttamente sui membri del Parlamento e del
Consiglio comunale romano per bloccare una legge o mandarne avanti un'altra;
quando questa prassi va avanti da anni di fronte a problemi mondiali che
chiamano in causa civiltà e culture, bisogna pur dire che siamo in presenza di
spettacoli desolanti.
Aggiungo che si tratta di responsabilità condivise. La gerarchia cattolica
baratta da anni (o da secoli?) il sacro con il profano; le istituzioni politiche
l'accompagnano su questa strada di compromessi al ribasso per cavarne
improbabili tornaconti elettorali; lo stuolo sempre più vociante degli atei
devoti affianca o precede il corteo.
Verrebbe spontaneo di voltar la faccia dall'altra parte per non vedere.
* * *
Veltroni ha fatto bene a protestare sottotraccia e portare a casa la vistosa
correzione di rotta vaticana.
Zapatero, in una situazione per molti versi analoga, ha scelto una strada
diversa. L'Episcopato spagnolo guidato dal primate vescovo di Madrid aveva pochi
giorni fa portato in piazza un milione di fedeli per protestare contro la legge
sul matrimonio dei "gay"; la vicepresidente del governo, signora
Fernandez de la Vega, ha ufficialmente commentato quella manifestazione con
queste parole: "La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in
cui una morale unica era imposta a tutto il Paese né ha bisogno di tutele
morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta".
Capisco che Madrid non è Roma e il vescovo di Madrid non è il Papa. Ma la
Chiesa è la stessa in Spagna come in Italia. I laici-laici italiani avrebbero
probabilmente preferito che la protesta del leader del partito democratico fosse
stata simile a quella del suo collega spagnolo, ma in Italia non si può.
L'Italia è una provincia papalina, Porta Pia è una data caduta in disuso, il
Concordato fu voluto e firmato da un altro ateo devoto come Benito Mussolini e
inserito nella Costituzione con il voto determinante di un altro ateo come
Togliatti per ragioni esclusivamente politiche.
In Italia ci sono oggi due minoranze, quelle dei cattolici autentici e quella
degli autentici laici. In mezzo c'è un corpaccione di laici e di cattolici
"dimezzati", che ostentano virtù civiche e religiose che non
praticano affatto. Quella è la maggioranza del paese. Il resto viene da sé.
Il guaio è che la gerarchia ecclesiastica e il Magistero non sono affatto
turbati da questa situazione paganeggiante. La loro preoccupazione è l'otto per
mille, i contributi pubblici agli oratori, la costruzione di nuove chiese e
parrocchie, l'esenzione dall'Ici, l'insegnamento del catechismo nella scuola
pubblica, il finanziamento di quella privata. E naturalmente la crociata
antiabortista, la moratoria.
A loro interessa non già di usare lo spazio pubblico per propagandare la
dottrina e il Vangelo ma entrare nelle istituzioni politiche per guidare il voto
dei parlamentari e condizionare i partiti. L'attuale Segretario di Stato, che
rimpiange il Togliatti dell'articolo 7 della Costituzione, è comunque un
progresso rispetto al suo predecessore, cardinal Sodano che, alla vigilia di
ogni elezione, esaminava i leader dei vari partiti per vedere chi offriva
maggiori garanzie alla Santa Sede. E quelli si facevano esaminare, felici quando
il "master" toccava ad uno di loro invece che all'altro.
Serve a qualche cosa una Chiesa così? Fa barriera contro le invasioni
barbariche del terzo millennio o invece apre loro la porta?
* * *
Risponderò con una citazione quanto mai attuale: "La Chiesa sembra porsi
di fronte allo Stato e alle forze politiche italiane come un altro Stato e
un'altra forza politica; l'immagine stessa della Chiesa risulta appiattita sulle
logiche dello scambio, impoverita di ogni slancio profetico, lontana dal compito
di offrire ad una società inquieta e per tanti aspetti lacerata motivi di
fiducia, di speranza, di coesione. Le responsabilità del laicato cattolico sono
del tutto ignorate. La sorpresa e il disorientamento sono forti per tutti i
cattolici che hanno assorbito la lezione del Concilio Vaticano II su una Chiesa
popolo di Dio nella quale il ruolo della gerarchia non cancella ma anzi è al
servizio di un laicato che ha proprie e specifiche responsabilità. Tra queste
vi è proprio quella di tradurre nel concreto della vita politica e della
legislazione di uno Stato democratico esigenze e valori di cui la coscienza
cattolica è portatrice. E' legittimo e doveroso per tutti i cittadini, e perciò
anche per i cattolici, contribuire a far sì che le leggi dello Stato siano
ispirate ai propri convincimenti ma questo diritto dovere non è la stessa cosa
che esigere una piena identità tra i propri valori e la legge. E' in questa
complessa dinamica che si esprime la responsabilità dei cattolici nella vita
politica. Urgente si è fatta l'esigenza della formazione del laicato cattolico
alle responsabilità della democrazia. Perché mai l'Italia e i cattolici
italiani debbono sempre esser trattati come "il giardino della
Chiesa"?".
L'autore di questa pagina è Pietro Scoppola e la data è del febbraio 2001, nel
pieno d'una campagna elettorale che si concluse con la vittoria di Berlusconi e
del suo cattolicesimo ateo e paganeggiante. Ma potrebbe essere stata scritta
anche oggi con la stessa attualità. Purtroppo l'autore è scomparso, la sua
voce non parla più e la perdita è stata grave per i laici ma soprattutto per i
cattolici.
Scoppola si rendeva conto che solo il dialogo tra la minoranza dei veri laici e
la minoranza dei cattolici autentici avrebbe ridotto il peso di
quell'indifferenziato corpaccione di finti devoti e di finti laici
"appiattiti sullo scambio dei benefici e dei favori, impoveriti di slancio
profetico e pastorale, dominati dalla gerarchia e dalle oligarchie".
Questo era il problema di allora ed è ancora quello di oggi. Di esso il Partito
democratico, la sinistra radicale, i cattolici moderati, gli uomini e le donne
di buona volontà, dovrebbero discutere; su di esso dovrebbero dialogare. La
gerarchia occupi tutto lo spazio pubblico che vuole ma non interferisca
nell'autonomia dei laici e delle istituzioni civili. I rappresentanti di queste
ultime impediscano le interferenze anziché assecondarle o nel caso migliore
tollerarle fingendo che non vi siano state. Queste finzioni non fanno bene né
alla Chiesa popolo di Dio né alla democrazia.
Post scriptum. Molti lettori mi chiedono di intervenire a proposito della
campagna per una moratoria sull'aborto.
L'ho già fatto nei miei due ultimi articoli domenicali e non mi sembra di dover
aggiungere altro. Mi chiedono anche un'opinione sulla disponibilità di Veltroni
a dialogare su questi temi con Giuliano Ferrara, l'ateo devoto che ha promosso
quella moratoria. Non ho opinioni in proposito.
Anche a me capita talvolta di dialogare con il conduttore di "Otto e
mezzo" in qualcuna delle sue trasmissioni. Certo Veltroni è un capo
partito, ma questo non cambia molto le cose. Mi permetto semmai di incitare
Veltroni a discuterne con le donne che sono le vere protagoniste, anzi le vere
vittime di questa campagna di stampa regressiva. Il corpo delle donne, dal
momento in cui è stato fecondato dal seme maschile e quali che siano le
circostanze di quella fecondazione, dovrebbe diventare di proprietà della
legge, cioè dello Stato? Questo sarebbe l'illuminismo cristiano di cui si
scrive sul "Foglio"? Se questo è il tema, credo e spero che Veltroni
avrà usi più utili per impiegare il suo tempo.