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Non nominate il nome di Dio invano
di EUGENIO SCALFARI
la Repubblica del 27. 12. 2007
MI HANNO molto colpito i pensieri e le parole scritte nei
giorni scorsi dalla senatrice Paola Binetti e da lei affidate in una lettera al
"Foglio" che, a quanto lei stessa scrive, è ormai il suo giornale di
elezione. Il testo di quella lettera è stato poi integralmente ripubblicato dal
"Corriere della Sera". E di nuovo la senatrice ha ripetuto e ancor più
estesamente formulato i suoi pensieri in un dialogo sulla "Stampa" con
Piergiorgio Odifreddi.
Il tema di questi interventi è singolare. Viene affrontato per la prima volta
nel mondo e per la prima volta nella Chiesa cattolica da parte d'un cattolico
militante che si riconosce in un partito ed ha un seggio nel Senato della
Repubblica. Si tratta dell'intervento di Dio nella formulazione delle leggi,
sollecitato dalle preghiere della senatrice devota.
Ricordo il caso per completezza di informazione. Si votò pochi giorni fa in
Senato la conversione in legge del decreto sulla sicurezza. Tra le varie norme
ce n'era una che configurava come reato di razzismo la discriminazione nei
confronti degli omosessuali effettuata con atti o parole di istigazione a
discriminare. La Chiesa si allarmò per timore che la sua predicazione che
considera l'amore tra omosessuali una devianza contro natura venisse giudicata
reato penalmente perseguibile. Reclamò la cancellazione di quella norma e invitò
esplicitamente i parlamentari cattolici a votare contro di essa.
Si trattava con tutta evidenza d'un intervento e d'una interferenza che
violavano in modo grave le disposizioni concordatarie. Talmente scoperta -
quell'interferenza - da richiedere una protesta formale del governo nei
confronti della Santa Sede. Protesta che invece e purtroppo non c'è stata.
Il governo però, a sua volta allarmato dai possibili effetti di
quell'interferenza clericale, pose la fiducia sul decreto e sui singoli
articoli. I molti parlamentari cattolici che fanno parte della maggioranza
votarono la fiducia pur con qualche disagio di coscienza. La Binetti, anch'essa
con qualche disagio di segno opposto, votò invece contro la fiducia, cioè
contro il suo partito e il suo governo, in obbedienza al dettame della gerarchia
ecclesiastica romana.
Il Partito democratico nel quale la senatrice milita decise di mostrare
comprensione per il suo voto di dissenso e di non applicare nei suoi confronti
alcuna censura politica.
Quanto alla norma concernente l'omofobia, essa fu approvata per un solo voto.
Quello contrario della Binetti (e l'altro egualmente contrario del senatore a
vita Giulio Andreotti) furono infatti compensati da altri voti. Forse ispirati,
questi ultimi, dal demonio. Non si sa e non si saprà mai.
* * *
Fin qui il caso Binetti. Niente di speciale: un caso di coscienza che avrebbe
potuto far cadere il governo il quale riuscì tuttavia ad ottenere la fiducia e
passare ancora una volta indenne in mezzo a tante traversie.
Trasferitosi l'esame della legge alla Camera, dove il governo dispone d'una più
solida maggioranza, si scoprì però che proprio quell'articolo sull'omofobia
era affetto da un errore di redazione. Si menzionava infatti come punto di
riferimento della norma una direttiva dell'Unione Europea contenuta in un
trattato che risultò non essere quello citato ma un altro. Insomma una
citazione sbagliata, un errore di sbaglio come si dice in casi analoghi con
qualche ironia.
Per evitare che l'emendamento dovesse nuovamente implicare un voto del Senato,
il governo decise alla fine di far cadere l'articolo in questione per poi
ripresentarlo in altro modo e con altro strumento legislativo.
Normale gestione d'una situazione parlamentare complicata.
* * *
Ma ecco a questo punto insorgere un secondo caso Binetti. Ben più clamoroso del
precedente, anche se per fortuna senza effetti parlamentari immediati. E sono
appunto le lettere al "Foglio" e il dibattito sulla "Stampa"
dove la senatrice sostiene la tesi del miracolo. L'errore di sbaglio, la
citazione incomprensibilmente sbagliata non si può attribuire, secondo la
Binetti, ad una trascuratezza umana. Quella trascuratezza c'è indubbiamente
stata, ma non è né dolosa né colposa. E' talmente macroscopica e impensabile
che non può che essere stata effetto d'un "intervento dall'Alto" -
così testualmente scrive la Binetti - stimolato dalle sue preghiere.
La senatrice enumera altri casi di leggi e norme da lei ritenute indispensabili
per il bene della comunità e della morale, che sono state approvate in
Parlamento e da lei attribuite ad altri "interventi dall'Alto",
anch'essi stimolati dalle sue preghiere.
Altre norme da lei desiderate e altre preghiere da lei elevate al cielo non
hanno invece trovato ascolto (è sempre la senatrice che parla) ma ella non
dispera che lo troveranno in un prossimo futuro.
Siamo di fronte ad un caso che, come ho prima accennato, non ha riscontro nella
storia né parlamentare né religiosa di nessun Paese. Leggi e norme
sull'approvazione delle quali si sarebbero verificati interventi di Dio in
accoglienza di preghiere di parlamentari. Come giudicare simili affermazioni?
Una presunzione inaudita? Un disturbo mentale? Una fede capace di muovere le
montagne e quindi nel caso specifico di ottenere risultati parlamentari
altrimenti inspiegabili? Una forma di fondamentalismo ideologico che può
suscitare un anti-fondamentalismo di analoga natura ma di segno diverso?
* * *
Mi permetto di segnalare alla senatrice Binetti che il tipo di preghiere da lei
elevate a Dio affinché intervenga nella legislazione italiana sono decisamente
in contrasto con la costante dottrina della religione da lei professata.
E' curioso che la senatrice non se ne renda conto. È ancor più curioso che sia
io a segnalarglielo. Ciò crea una situazione a dir poco comica. Divertente.
Paradossale.
La dottrina cattolica infatti ha costantemente incoraggiato la preghiera dei
suoi fedeli. La preghiera privata ma soprattutto quella liturgica, tanto meglio
se effettuata pubblicamente e coralmente nelle chiese o in qualsiasi sede
appropriata.
Ha anche indicato - la dottrina - quale debba essere l'oggetto della preghiera.
Non già invocare Dio a compiere miracoli su casi concreti come la guarigione da
una malattia o, peggio, un beneficio immediato, una promozione, una vincita alla
lotteria, l'ottenimento d'un posto di lavoro e simili.
L'approvazione di un articolo o di un comma o la vittoria d'un quesito
referendario non sono state mai contemplate in questa casistica, ma ritengo che
possano logicamente rientrarvi. Impegnare il nome e l'intervento di Dio in
questi "ex voto" avrebbe piuttosto l'aria d'una provocazione e
sfiorerebbe la blasfemia violando il comandamento mosaico che fa divieto di
"nominare il nome di Dio invano".
L'oggetto della preghiera deve essere solo quello di chiedere a Dio che la sua
grazia discenda sull'orante, che lo aiuti a sopportare il dolore e la
sofferenza, che non lo induca in tentazioni, che lo liberi dal Male (cioè dal
peccato), che fortifichi il suo amore per il prossimo.
Perciò lei fa benissimo, senatrice Binetti, a pregare affinché la grazia
discenda su Giuliano Ferrara (nella sua lettera al "Foglio" c'è
scritto anche questo) volendo, potrebbe anche cimentarsi a chiedere che la
grazia divina scenda su di me. Non me ne offenderei affatto e sarebbe carino da
parte sua.
Ma coinvolgere Dio nella discussione parlamentare, questo, gentile senatrice, è
una bestemmia di cui forse lei dovrebbe confessarsi. Però da un sacerdote
scelto a caso. Se va da sua eminenza Ruini sarebbe sicuramente assolta in terra.
In cielo non so.
Post scriptum. "Il giusto modo di pregare è un processo di purificazione
interiore. Nella preghiera l'uomo deve imparare che cosa egli possa veramente
chiedere a Dio, che cosa sia degno di Dio. Deve imparare che non può pregare
contro l'altro. Deve imparare che non può chiedere le cose superficiali e
comode che desidera al momento, la piccola speranza sbagliata che lo conduce
lontano da Dio. Deve purificare i suoi desideri e le sue speranze".
Queste parole si leggono nell'enciclica "Spe Salvi" di Benedetto XVI,
a pagina 64 nell'edizione dell'"Osservatore Romano". Le rilegga,
senatrice, e cerchi di capirne bene il senso. Soprattutto non si autogiustifichi:
il Papa, nella pagina seguente, ne fa espresso divieto.