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Se la Chiesa ha paura

di Marco Politi

“la Repubblica” del 22.10.2008

Il Sinodo dei vescovi, dedicato alla Bibbia e la missione della Chiesa, si è aperto con una messa in

guardia. Va rifiutata, ha detto William Levada prefetto della Congregazione per la Dottrina della

fede, ogni interpretazione soggettiva o «frutto di un'analisi unilaterale». Un clima di tensione spesso

malsano, ha incalzato il relatore ufficiale cardinale Marc Ouellet del Quebec, si è instaurato tra la

teologia universitaria e il magistero ecclesiale. Le scoperte storiche, filosofiche e scientifiche, ha

soggiunto, hanno attizzato polemiche. Colpa suprema degli studiosi è l'aver «aumentato il divario

tra il Gesù della storia e il Cristo della fede».

Dalle battute iniziali del Sinodo in corso si è compreso che il pontificato ratzingeriano è deciso a

dare un giro di vite a oltre un secolo di ricerca teologica basata sul metodo storico-critico.

Perché, più proseguono gli studi più cresce il gap tra l'immagine di Gesù dei catechismi tradizionali

e la realtà complessa degli eventi relativi alla sua predicazione e alla sua eredità. Lo stesso

terremoto ha investito l'Antico Testamento. Si sa ormai che la Terra Promessa non è mai stata

conquistata da Giosuè così com'è descritto nella Bibbia né gli ebrei sono stati monoteisti dall'inizio.

La Chiesa ha paura. E' allarmata che sotto l'influsso dei mass media entrino in circolazione

acquisizioni che per decenni sono rimaste limitate ai circoli accademici. Tutti gli addetti ai lavori

sanno che la famosa frase, che campeggia sotto la cupola della basilica vaticana «Tu sei Pietro e su

questa pietra edificherò la mia Chiesa», è una frase tardiva e comunque non preannuncia né il

papato onnipotente e teocratico come si è strutturato da Gregorio VII e Innocenzo III in poi né

tantomeno prefigura la Chiesa-istituzione formatasi secoli dopo la crocifissione. Chi setaccia le

opere degli specialisti tutto questo tra le pieghe lo trova, ma un conto è dirlo al riparo di volumi

ponderosi un conto è portarlo in pubblico. C'è voluto Giovanni Paolo II per informare ufficialmente

i fedeli che Natale non è affatto il giorno di nascita di Gesù, ma nell'antica Roma era il «giorno

natale del Sole». E sempre Wojtyla ha spiegato con delicatezza che la tradizione ortodossa della

Dormizione di Maria era legittima. Senza bisogno - si può aggiungere - di immaginarsi

un'Assunzione come se la Madonna salisse in cielo su un immaginario ascensore.

«La Chiesa si è spaventata degli studi esegetici di carattere storico - commenta il professor Mauro

Pesce, che con Corrado Augias ha pubblicato nel 2006 il bestseller Inchiesta su Gesù - e teme che

mettano in pericolo la fede della gente». Al Sinodo la parola d'ordine è il ritorno all'interpretazione

«spirituale».

Certo un approccio possibile e anche giusto dal punto di vista religioso, ma che non può rimuovere i

nodi che la ricerca storica ha portato alla luce. I nodi stanno lì. Aggrovigliati. Difficili a sciogliersi.

E sono almeno cinque. Il parto verginale di Maria ha un sapore mitologico: lo sapeva bene Joseph

Ratzinger quando era ancora un teologo senza porpora cardinalizia e scriveva nel suo libro

Introduzione al cristianesimo (pubblicato in Italia dalla Queriniana nel 1969) che «la dottrina

affermante la divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand'anche Gesù fosse nato da

un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede, non è un fatto

biologico bensì ontologico». E se i Vangeli riferiscono dei fratelli di Gesù ed è stiracchiato voler

piegare la parola a «cugini».

Gesù non ha mai predicato la sua divinità. Si è sentito umano sino in fondo come emerge dal grido

disperato sulla croce «Dio mio, perché mi hai abbandonato». Gesù, inserito nel clima apocalittico

dell'ebraismo a lui contemporaneo, ha preannunciato un suo «ritorno» imminente che non è

avvenuto. La Trinità è un'elaborazione teologica del cristianesimo, inconcepibile per l'ebraismo in

cui è nato Cristo. La Chiesa non era sin dall'inizio nella mente di Cristo, ma è il prodotto di

trasformazioni storiche. Affascinanti, straordinarie, ma umane.

Tutto ciò che la storia ha portato alla luce, demitizzando, in realtà non incrina quell'impulso

indescrivibile che è il rapporto con il Mistero-oltre-l'uomo e oltre la realtà tangibile: chiamiamola

fede. Ma può mettere in crisi l'istituzione e le autorità che si ritengono infallibilmente preposte ad

annunciare la Verità. Il problema alla fine è l'origine trascendente dell'istituzione ecclesiastica.

«Gesù mette in crisi l'assetto della Chiesa attuale, ma succede sempre così quando si va

direttamente alla Bibbia», soggiunge lo storico Pesce. Per l'istituzione ecclesiastica è difficile

spiegare l'evoluzione da Gesù al cristianesimo antico fino alla Chiesa attuale.

Con lo storico Remo Cacitti, Corrado Augias ha pubblicato recentemente un altro libro Inchiesta

sul cristianesimo, sottotitolato provocatoriamente «Come si costruisce una religione». L'Avvenire, il

giornale dei vescovi, lo ha criticato.

Ma c'è stato un risvolto curioso. Una prima volta è stata pubblicata una recensione di normale

critica. Appena il libro ha avuto successo, l'Avvenire è tornato sull'argomento con una pagina di

feroce attacco. Il problema, naturalmente, non è Augias che viene difeso dai lettori che comprano i

suoi libri. La questione è la virulenza della reazione, appena una serie di dati storici viene portata in

pubblico. «Con papa Ratzinger - ne è convinto lo storico Giovanni Filoramo - stiamo assistendo ad

un ritorno alla tradizione, lo si vede anche dal suo discorso su Pio XII. Già prima dell'elezione

papale Ratzinger contestava l'esegesi storico-critica. La domanda è se, come ha fatto nel suo libro

su Gesù, si limiti a proporre un'interpretazione alternativa o se la sua linea mette in discussione la

libertà di coscienza e di ricerca degli studiosi cattolici». Nelle facoltà pontificie, continua Filoramo,

si avverte la difficoltà degli esegeti ad esprimersi con piena libertà. Una prima risposta viene

direttamente da Benedetto XVI.

Intervenendo a braccio al Sinodo, il Papa ha reso omaggio al metodo storico-critico per i suoi

contributi di «altissimo livello», che aiutano a capire che il «testo sacro non è mitologia». Ma poi ha

evocato i rischi di un'interpretazione positivista o secolarista, che non offre spazio all'apparizione

del divino nella storia. Al Sinodo il pontefice è già stato invitato a scrivere un'enciclica

sull'interpretazione biblica. Con gli esiti che si possono immaginare.

«La grande preoccupazione della Chiesa - dice il professor Cacitti - è di mantenere il controllo sulla

ricerca scientifica per paura che vi siano esiti difformi dal dogma».

Pesce ricorda un episodio molto istruttivo. «Paolo VI aveva chiesto alla Commissione biblica di

fare uno studio per vedere se nelle Scritture c'erano ostacoli al sacerdozio delle donne». La

conclusione delle ricerche? «La Commissione affermò che non c'erano argomenti di carattere

biblico che facessero da impedimento al sacerdozio femminile. Il testo non fu pubblicato. Paolo VI

escluse poi ufficialmente ogni possibilità».

Che vi siano stati dei veri e propri salti nella costruzione della Chiesa lo dimostra la vicenda del

grande scrittore cristiano Lattanzio. Prima dell'editto di Costantino Lattanzio è violentemente antiimperiale

e totalmente contrario al servizio militare. Appena il cristianesimo diventa religione

ufficiale, cambia linea e scrive che la guerra per la patria romana «bonum est».