Abortisce a 9 anni, scomunicati i medici
di Roberto Zanini
“il manifesto” del 7 marzo 2009
«La legge di Dio è superiore alla legge degli uomini. Quando una legge promulgata da legislatori
umani va contro la legge di Dio, perde ogni valore». Sono arrivate come una folgore le parole di
monsignor José Cardoso Sobrinho, arcivescovo brasiliano di Olinda e Recife. Il porporato ha
scomunicato i medici che hanno fatto abortire una bambina di soli nove anni e la madre che ha
autorizzato l'aborto.
La bambina era arrivata dalla città di Alagoinha all'ospedale di Pernambuco lamentando dolori al
ventre. Era incinta di quattro mesi. Due gemelli, ha detto l'ecografia. Aveva nove anni. Un affarino
di 36 chili, alta un metro e 36. Da almeno tre anni veniva stuprata dal patrigno, Jailton José Da
Silva, che violentava anche una sorella maggiore, di 14 anni, minorata mentale. Martedì sera i
medici hanno preso la decisione di intervenire con farmaci che inducono l'aborto, come si usa in
Brasile da circa 16 anni. La legge brasiliana permette l'aborto in caso di stupro o se la madre è in
pericolo di vita. La bambina assolveva entrambe le caratteristiche.
I fulmini ecclesiastici sono arrivati subito. Martedì sera la bambina ha cominciato a prendere i
farmaci, mercoledì l'aborto, nello stesso pomeriggio l'arcivescovo ha lanciato la sua maledizione. E
nei giorni successivi ha proseguito la battaglia, travolgendo l'equipe medica pubblica con tutto il
peso della sua carica.
Monsignor Cardoso Sobrinho fa parte dell'ala più conservatrice della chiesa cattolica
latinoamericana. Ha 76 anni, è docente di diritto canonico, è prete (carmelitano) da cinquant'anni,
vescovo da trenta e arcivescovo di Recife dal 1985. Nella sua diocesi vivono 3 milioni e mezzo di
persone, di cui 3 milioni e 300mila cattolici - e 230 sacerdoti, uno ogni 14mila abitanti. A Recife è
stato il successore di monsignor Helder Camara, uno dei padri della teologia della liberazione,
quello che «quando do da mangiare a un povero tutti mi chiamano santo, ma quando chiedo perché i
poveri non hanno cibo allora tutti mi chiamano comunista». Lo aveva nominato Paolo VI. Wojtyla
lo sostituì con monsignor Cardoso Sobrinho, di tutt'altra pasta.
Proprio i fulmini di monsignore hanno fatto dilagare il caso, in Brasile e fuori. Dopo l'aborto la
bambina - che non è stata scomunicata - e la madre sono state ricoverate in una struttura apposita e
esterna all'ospedale, per recuperare con relativa tranquillità. Passo vietato al patrigno: prima di
essere arrestato e accusato di stupro, Jailton José Da Silva ha grottescamente dichiarato ai giornali
che «è stata lei a prendere l'iniziativa». L'inflessibile monsignor Cardoso Sobrinho ha tenuto a
precisare che lo stupratore pedofilo non è stato scomunicato: «Il suo peccato è abominevole ma non
è compreso nella scomunica. Esistono tanti altri peccati gravi ma il più grave è l'aborto,
l'eliminazione di una vita innocente». La verità è che il patrigno era contrario all'aborto, la madre
invece a favore. Uno è in galera ma in piena comunione con la chiesa, l'altra è vicino alla sua
bambina e scomunicata.
Ieri ha battuto un colpo anche il governo. Prima il ministro della sanità José Gomez Temporao e poi
lo stesso presidente Lula hanno preso la parola schierandosi con la madre e con i medici. «Come
cristiano e come cattolico - ha detto Lula - mi rammarico profondamente che un vescovo della
Chiesa cattolica abbia avuto tale comportamento conservatore. La medicina è su questo punto più
corretta della chiesa, e ha fatto ciò che doveva fare: salvare la bambina». In Brasile più di un
milione di donne abortiscono ogni anno (quasi quattro milioni dell'interno subcontinente), e il
dibattito sull'aborto «non è un tema di fede - ha detto il ministro - ma di salute pubblica». In Brasile
il 70% dei 180 milioni di abitanti è cattolico, ma non molto apostolico e romano, e il 96% dei
giovani ritiene che usare il preservativo non sia peccato.
Chiesa e governo sono spesso in conflitto. La Conferenza episcopale brasiliana ha organizzato
un'attiva campagna contro l'aborto, fino a creare un fronte parlamentare in appoggio a un progetto
di legge contro l'aborto anche in caso di stupro, e il presidente della Commissione diritti umani della
camera - un prete cattolico, Luiz Couto - è stato ferocemente criticato la settimana scorsa per aver
giustificato il fatto che le donne che hanno abortito dopo uno stupro ricevano assistenza medica
pubblica e gratuita.
Il «Centro Integrado de salud Amaury De Medeiros» (Cisam), l'ospedale che ha fatto abortire la
bambina, intanto si difende come può. Sono arrivati circa 500 messaggi di solidarietà, e la direttrice
dell'istituto, Fatima Maia, è sbottata: «Grazie a dio - ha detto - sono nel gruppo degli scomunicati.
Odio la violenza sessuale, e rifarei tutto un'altra volta».