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“OGGI NON HO PIÙ DI QUESTI SOGNI”, DICE IL CARDINALE


 di Pedro Casaldáliga

da ADISTA n° 29 del 14.3.2009

 

Il cardinale Carlo Maria Martini, gesuita, biblista, già arcivescovo di Milano e mio collega di Parkinson, è un ecclesiastico di dialogo, di accoglienza, di rinnovamento profondo, tanto della Chiesa come della società. Nel suo libro di confidenze e confessioni “Colloqui notturni a Gerusalemme”, dichiara: “Un tempo avevo sogni sulla Chiesa. Una Chiesa che procede per la sua strada in povertà e umiltà, una Chiesa che non dipende dai poteri di questo mondo. Sognavo che la diffidenza venisse estirpata. Una Chiesa che dà spazio alle persone capaci di pensare in modo più aperto. Una Chiesa che infonde coraggio, soprattutto a coloro che si sentono piccoli o peccatori. Sognavo una Chiesa giovane. Oggi non ho più di questi sogni”. Questa affermazione categorica di Martini non è, non può essere, una dichiarazione di fallimento, di delusione ecclesiale, di rinuncia all’utopia delle utopie, un sogno dello stesso Dio.

Lui e milioni di persone nella Chiesa sognano un’“altra Chiesa possibile”, al servizio dell’“altro Mondo possibile”. E il cardinale Martini è un buon testimone e una buona guida in questo cammino alternativo. Lo ha dimostrato.

Tanto nella Chiesa (nella Chiesa di Gesù che sono varie le Chiese) come nella società (che sono vari popoli, varie  culture, vari processi storici) oggi più che mai dobbiamo radicalizzare la ricerca della giustizia e della pace, della dignità umana e dell’uguaglianza nell’alterità, del vero progresso nell’ecologia profonda. E, come dice Bobbio, “bisogna impiantare la libertà nel cuore stesso dell’uguaglianza”; oggi con una visione ed un’azione di dimensioni mondiali. È l’altra globalizzazione, quella che rivendicano i nostri pensatori, i nostri militanti, i nostri martiri, i nostri affamati…

La grande crisi economica attuale è una crisi globale di Umanità che non si risolverà con nessun tipo di capitalismo, perché non esiste un capitalismo umano: il capitalismo continua ad essere omicida, ecocida, suicida. Non c’è modo di servire simultaneamente il dio delle banche e il Dio della Vita, di coniugare la prepotenza e l’usura con la convivenza fraterna. La questione fondamentale è: si tratta di salvare il Sistema o si tratta di salvare l’Umanità? A grande crisi, grande opportunità. In cinese la parola crisi ha due significati: crisi come pericolo, crisi come opportunità.

Nella campagna elettorale degli Stati Uniti è stato richiamato ripetutamente “il sogno di Luther King”, per attualizzarlo; e in occasione dei 50 anni della convocazione del Vaticano II, è stato ricordato con nostalgia il “Patto delle Catacombe” della Chiesa serva e povera (v. Adista n. 21/09, ndt). Il 16 novembre del 1965, pochi giorni prima della chiusura del Concilio, 40 padri conciliari hanno celebrato l’Eucarestia nelle catacombe romane di Domitilla e hanno sottoscritto il “Patto delle Catacombe”. Dom Helder Câmara, il cui centenario della nascita stiamo celebrando que-st’anno, era uno dei principali animatori del gruppo profetico. Il “Patto”, nei suoi 13 punti, insiste sulla povertà evangelica della Chiesa, sul rifiuto di titoli onorifici, di privilegi e ostentazioni mondane; insiste sulla collegialità e la corresponsabilità della Chiesa come Popolo di Dio, sull’apertura al mondo e sull’accoglienza fraterna.

Oggi noi, nella convulsa congiuntura attuale, professiamo la validità di molti sogni, sociali, politici, ecclesiali, ai quali in nessun modo possiamo rinunciare. Continuiamo a rifiutare il capitalismo neoliberista, il neoimperialismo del denaro e delle armi, un’economia di mercato e di consumo che seppellisce nella povertà e nella fame la grande maggioranza dell’Umanità. E continueremo a rifiutare ogni discriminazione per motivi di genere, di cultura, di razza. Esigiamo la trasformazione sostanziale degli organismi mondiali (Onu, Fmi, Banca Mondiale, Omc...). Ci impegniamo a vivere una “ecologia profonda e integrale”, propiziando una politica agraria-agricola alternativa alla politica predatoria del latifondo, della monocultura, dei fertilizzanti tossici. Parteciperemo alle trasformazioni sociali, politiche ed economiche per una democrazia ad “alta intensità”.

Come Chiesa vogliamo vivere, alla luce del Vangelo, la passione ossessiva di Gesù, il Regno. Vogliamo essere Chiesa dell’opzione per i poveri, comunità ecumenica e anche macroecumenica. Il Dio nel quale crediamo, l’Abbà di Gesù, non può essere in nessun modo causa di fondamentalismi, di esclusioni, di inclusioni fagocitanti, di orgoglio proselitista. Smettiamola di fare del nostro Dio l’unico vero Dio. “Mio Dio, mi lasci vedere Dio?”. Con tutto il rispetto per l’opinione di papa Benedetto XVI, il dialogo interreligioso non solo è possibile, è necessario.

Faremo della corresponsabilità ecclesiale l’espressione legittima di una fede adulta. Esigeremo, correggendo secoli di discriminazione, la piena uguaglianza della donna nella vita e nei ministeri della Chiesa. Favoriremo la libertà e il servizio riconosciuto dei nostri teologi e teologhe.

La Chiesa sarà una rete di comunità oranti, serve, profetiche, testimoni della Buona Novella: una Buona Novella di vita, di libertà, di comunione felice. Una Buona Novella di misericordia, accoglienza, perdono, tenerezza; samaritana al fianco di tutti i cammini dell’Umanità. Continueremo a fare in modo che viva nella prassi ecclesiale l’avvertimento di Gesù: “Non sarà così fra di voi” (Mt 21,26). L’autorità sia servizio. Il Vaticano smetterà di essere Stato e il papa non sarà più capo di Stato. La Curia dovrà essere profondamente riformata e le Chiese locali coltiveranno l’inculturazione del Vangelo e la ministerialità condivisa. La Chiesa si impegnerà senza paura, senza evasioni, nelle grandi cause della giustizia e della pace, dei diritti umani e dell’uguaglianza riconosciuta di tutti i popoli. Sarà profezia di annuncio, di denuncia, di consolazione. La politica vissuta da tutti i cristiani e le cristiane sarà l’“espressone più alta dell’amore fraterno” (Pio XI).

Ci rifiutiamo di rinunciare a questi sogni per quanto possano apparire chimera. “Ancora cantiamo, ancora sogniamo”. Atteniamoci alla parola di Gesù: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!” (Lc 12,49). Con umiltà e coraggio, seguendo Gesù, cercheremo di vivere questi sogni nel quotidiano delle nostre vite. Continuerà ad esserci crisi e l’Umanità, con le sue religioni e le sue Chiese, continuerà ad essere santa e peccatrice. Ma non mancheranno le campagne universali di solidarietà, i forum sociali, le Vie Campesine, i Movimenti popolari, le conquiste dei Senza Terra, i patti ecologici, i cammini alternativi della Nostra America, le Comunità ecclesiali di base, i processi di riconciliazione fra Shalom e Salam, le vittorie indigene ed afro; e comunque, una volta di più e sempre “io mi attengo a quanto detto: la Speranza”.

Ognuno e ognuna delle persone cui giunge questa lettera circolare fraterna, in comunione di fede religiosa o di passione umana, riceva un abbraccio a misura di questi sogni. Noi vecchi abbiamo ancora visioni, dice la Bibbia (Gioele 3,1). Qualche giorno fa ho letto questa definizione: “La vecchiaia è una specie di dopoguerra”; non necessariamente un claudicamento. Il Parkinson è solo un incidente di percorso, e continuiamo con il Regno dentro.