COSA DEVE FARE UNA SCUOLA LAICA
Repubblica 15 settembre 2009
STEFANO RODOTÀ
Non
è la prima volta che si propone di sostituire un insegnamento di storia delle
religioni all' ora di religione cattolica. Negli anni ' 80 Leopoldo Elia e
Pietro Scoppola, cattolici, ritennero i tempi maturi per questo passaggio
culturale, ma l' occasione non fu colta perché, una volta di più, la politica
italiana si mostrò più ansiosa di una legittimazione vaticana, attraverso un
nuovo Concordato, che sensibile alle attese presenti nella società. Cosi la
situazione italiana rimane lontana da quella di altri paesi europei dove sono
obbligatori solo insegnamenti di etica o educazione civica, mentre da noi la
religione rimane come insegnamento confessionale, impartito da insegnanti scelti
dall' autorità ecclesiastica, che può revocarli in ogni momento. Una
situazione anomala, alla quale ha cercato di porre qualche rimedio il Tar del
Lazio, che ha considerato illegittima una ordinanza ministeriale che riconosceva
un credito formativo agli studenti che avevano scelto l' ora di religione. La
ragione della violazione si trova proprio nel Concordato, dove si afferma che
quella scelta «non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in
relazione ai criteri per la formazione delle classi». Per i giudici la
discriminazione è evidente, perché non si assicura la possibilità di
conseguire un credito formativo a chi professa altre religioni o non ne professa
alcuna. Si riflette qui il principio secondo il quale l' entrata della religione
nello spazio pubblico non può attribuire ad una confessione una posizione
"dominante". Per sciogliere questo antico nodo è tornata la proposta
di un insegnamento che elimini la ragione del conflitto, guardando al fenomeno
religioso in una prospettiva storica e comparativa. Ma la ministra della
Pubblica Istruzione, dopo aver ribadito la regola sui crediti formativi in un
modo che non consente di superare la sentenza del Tar, ha giustificato il
rifiuto di un insegnamento multiconfessionale anche con l' argomento che «questo
non avviene nei paesi musulmani». Ma la democrazia non può ispirarsi alla
legge del taglione, il riconoscimento di libertà e eguaglianza non può essere
subordinato agli atteggiamenti assunti da totalitarismi o fondamentalismi. La
linea del Governo coincide con il rifiuto vaticano dell' insegnamento paritetico
delle religioni, rafforzato dall' affermazione per cui «spetta alla Chiesa
stabilire i contenuti autentici dell' insegnamento della religione cattolica».
Parole che rivelano la debolezza delle tesi di chi sostiene che quell'
insegnamento non ha carattere confessionale e che gli insegnanti di religione
hanno uno status identico a quello degli altri professori. Per essi, infatti,
non vale la norma costituzionale sulla libertà dell' insegnamento, per l'
imposizione dall' alto dei "contenuti autentici". E non valgono le
garanzie contro le discriminazioni, poiché una parola fuori posto o uno stile
di vita non gradito possono far scattare la revoca del nulla osta ecclesiastico.
Così, nel cuore della scuola pubblica si apre una contraddizione grave. Mai
come oggi quella scuola deve essere il luogo del riconoscimento reciproco, non
di una separazione che fa vedere l' altro come diverso, preparando una società
del conflitto. All' inizio del ' 900 Gaetano Salvemini indicava la via per
sfuggire a questi rischi. «La scuola laica non deve imporre agli alunni
credenze religiose, filosofiche o politiche in nome di autorità sottratte al
sindacato della ragione. Ma deve mettere gli alunni in condizione di potere con
piena libertà e consapevolezza formarsi da sé le proprie convinzioni
politiche, filosofiche, religiose»