Rotto l'incantesimo del nuovo Don Rodrigo

di Gad Lerner

“la Repubblica” del 25 maggio 2009

Forse ora la smetterà d'insistere sulla propria esuberanza sessuale, sulle belle signore da palpare

anche tra le macerie del terremoto e sulle veline che purtroppo non sempre può portarsi dietro.

A quasi 73 anni d'età, Silvio Berlusconi si trova per la prima volta in vita sua a fare davvero i conti

con l'universo femminile così come lui l'ha fantasticato, fino a permearne la cultura popolare di

massa di questo paese. Lui, per definizione il più amato dalle donne, sente che qualcosa sta

incrinandosi nel suo antiquato rapporto con loro.

Le telefonate notturne a una ragazzina, irrompendo con la sproporzione del suo potere - come un

don Rodrigo del Duemila - dentro quella vita che ne uscirà sconvolta. E poi il jet privato che le

trasporta a gruppi in Sardegna per fare da ornamento alle feste del signore e dei suoi bravi.

Ricompensate con monili ma soprattutto con aspettative di carriera, di sistemazione. L'immaginario

cui lo stesso Berlusconi ha sempre alluso nei suoi discorsi pubblici è in fondo quello di un'Italietta

anni Cinquanta, la stagione della sua gioventù: vitelloni e case d'appuntamento; conquista e

sottomissione; il corpo femminile come meta ossessiva; la complicità maschile nell'avventura come

primo distintivo di potere. Nel mezzo secolo che intercorre fra le "quindicine" nei casini e l'uso

improprio dei "book" fotografici di Emilio Fede, riconosciamo una generazione di italiani poco

evoluta, grossolana nell'esercizio del potere.

Di recente Lorella Zanardo e Marco Maldi Chindemi hanno riunito in un documentario di 25 minuti

le modalità ordinarie con cui il corpo femminile viene presentato ogni giorno e a ogni ora dalle

nostre televisioni, con una ripetitiva estetica da strip club che le differenzia dalle altre televisioni

occidentali non perché altrove manchino esempi simili, ma perché da nessuna parte si tratta come

da noi dell'unico modello femminile proposto in tv. La visione di questa sequenza di immagini e

dialoghi è davvero impressionante (consiglio di scaricarla da www. ilcorpodelledonne. com). Viene

da pensare che nell'Italia clericale del "si fa ma non si dice" l'unico passo avanti compiuto nella

rappresentazione della donna sia stato di tipo tecnologico: plastificazione dei corpi, annullamento

dei volti e con essi delle personalità, fino a esasperare il ruolo subalterno, spesso umiliante,

destinato nella vetrina popolare quotidiana alla figura femminile senza cervello. Cosce da marchiare

come prosciutti negli spettacoli di prima serata, con risate di sottofondo e senza rivolta alcuna delle

professioniste, neppure quando uno dopo l'altro si sono susseguiti gli scandali tipicamente italiani

denominati Vallettopoli.

In tale contesto ha prosperato il mito del leader sciupafemmine, invidiabile anche per questo.

Fiducioso di godere della complicità maschile, ma anche della rassegnata subalternità di coloro fra

le donne che non possano aspirare a farsi desiderare come veline.

Tale è stata finora l'assuefazione a un modello unico femminile - parossistico e come tale

improponibile negli Stati Uniti, in Francia, nel Regno Unito, in Germania, in Spagna - da far

sembrare audacissima la denuncia del "velinismo politico" quando l'ha proposta su "FareFuturo" la

professoressa Sofia Ventura. Come se la rappresentazione degradante della donna nella cultura di

massa non avesse niente a che fare con la cronica limitazione italiana nell'accesso di personalità

femminili a incarichi di vertice. Una strozzatura che paghiamo perfino in termini di crescita

economica, oltre che civile.

Così le ormai numerose indiscrezioni sugli "spettacolini" imbanditi nelle residenze private di

Berlusconi in stile harem - mai smentite, sempre censurate dalle tv di regime - confermano la

gravità della denuncia di Veronica Lario: "Figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il

successo, la notorietà e la crescita economica". Una sistematica offesa alla dignità della donna

italiana resa possibile dal fatto che "per una strana alchimia il paese tutto concede e tutto giustifica

al suo imperatore".

Logica vorrebbe che dopo le ripetute menzogne sulla vicenda di Noemi Letizia tale indulgenza

venga meno.

La cultura misogina di cui è intriso il padrone d'Italia - ma insieme a lui vasti settori della società -

risulta anacronistica e quindi destinata a andare in crisi. Si rivela inadeguata al governo di una

nazione moderna.

Convinto di poter dominare dall'alto, con l'aiuto dei suoi bravi mediatici, anche una realtà divenuta

plateale, l'anziano don Rodrigo del Duemila per la prima volta rischia di inciampare sul terreno che

gli è più congeniale: l'onnipotenza seduttiva, la cavalcata del desiderio. L'incantesimo si è rotto, non

a caso, per opera di una donna.