La volontà di quella donna
di Umberto Veronesi
“la Repubblica” del 18 dicembre 2008
Il caos regna sul caso Englaro, trasforma il dibattito in una guerra di parole. Eluana è viva o non è
viva; i trattamenti sono cure o accanimento; l´esito della sua storia è una questione medica,
giuridica o politica. Eppure ha parlato semplicemente e chiaramente Eluana: «Io non voglio esistere
così», diceva indicando il suo amico in coma vegetativo, riferendosi inequivocabilmente a quel
corpo che stava davanti a lei, a come lo vedeva e lo percepiva, provandone terrore. Non ci sono
giochi di parole: proprio quello ad ogni costo non voleva Eluana, e da lì dobbiamo ripartire, per non
perderci nella "tragedia degli equivoci". La confusione è sempre una cattiva consigliera perché alla
fine delle polemiche abbandona la gente alla sfiducia sconsolata nella capacità della società,
attraverso le sue istituzioni, di aiutare i suoi cittadini proprio nelle situazioni più complesse e
drammatiche, quando la collettività e i suoi servizi dovrebbero invece essere di sostegno e di
incoraggiamento.
Occorre allora riconcentrarsi sul tema: la volontà di Eluana. Se qualcuno ha dei dubbi deve fermarsi
lì: se effettivamente quella del rifiuto della vita vegetativa fosse davvero la scelta lucida della
ragazza. Resta da vedere perché mai dovremmo mettere in dubbio il lavoro paziente e meticoloso
dei nostri giudici che hanno ricostruito questa volontà, emettendo una sentenza che sapevano
perfettamente sarebbe stata altamente impopolare. E perché mai un padre adorante verso la propria
"bambina", come dice Beppe Englaro, avrebbe dovuto battersi per anni per realizzare tale volontà,
affrontando la gogna mediatica e la distruzione della sua vita personale?
A prescindere dalle considerazioni puramente umane, però, i dubbi sono legittimi perché non esiste
purtroppo un documento firmato che riporti il pensiero di Eluana. Ma se invece siamo d´accordo
che la volontà di Eluana è quella ricostruita dalla magistratura, allora la confusione su chi decide
che cosa è subito dissipata. Decide Eluana e la sua decisione va rispettata. Se io scelgo che
preferisco morire piuttosto che farmi amputare un arto, come è successo pochi anni fa nel caso della
signora siciliana, nessuno può tagliarmi una gamba, esercitando una violenza che per me è tortura.
Su questo punto non si può transigere perché significherebbe accettare che nel nostro paese la
società è autorizzata a perpetrare violenza nei confronti dei suoi cittadini. E questo non è vero né
per la magistratura, né per la scienza , né per il Vaticano, né per la politica. Come ricorda Carlo
Casonato, grande esperto di diritto costituzionale comparato e responsabile del Progetto Biodiritto
"il diritto di disporre della propria vita esiste. E´ sancito dall´articolo 13 sulla libertà personale e dall
´articolo 32 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario e anche dall´articolo 35 del Codice di Deontologia Medica che conferma che
non è consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.". Sappia quindi la gente
che c´è un punto fermo : nessuno può violare questo diritto e c´è chi si impegna a farlo rispettare
sempre e comunque nella sua sostanza. La confusione si crea piuttosto sulla forma e si alimenta
delle definizioni e delle prese di posizione politiche e ideologiche. Sono mesi che dalle pagine dei
giornali e dagli schermi di televisioni e computer ci ossessiona la figura di una donna nella
dirompente bellezza dei suoi vent´anni: Eluana con il cappello nero, Eluana in tuta rossa fiammante
sulla neve, Eluana che esce dalla doccia e ride. Eluana oggi non è quella delle foto. E´ una donna di
quasi quarant´anni anni, senza sorriso, senza espressione negli occhi, senza vita di relazione, senza
coscienza, senza controllo di un corpo, che è ormai un involucro in disfacimento. La sua vita
meravigliosa si è spenta per sempre 16 anni fa
La volontà di quella donna
di Umberto Veronesi
in “la Repubblica” del 18 dicembre 2008
Il caos regna sul caso Englaro, trasforma il dibattito in una guerra di parole. Eluana è viva o non è
viva; i trattamenti sono cure o accanimento; l´esito della sua storia è una questione medica,
giuridica o politica. Eppure ha parlato semplicemente e chiaramente Eluana: «Io non voglio esistere
così», diceva indicando il suo amico in coma vegetativo, riferendosi inequivocabilmente a quel
corpo che stava davanti a lei, a come lo vedeva e lo percepiva, provandone terrore. Non ci sono
giochi di parole: proprio quello ad ogni costo non voleva Eluana, e da lì dobbiamo ripartire, per non
perderci nella "tragedia degli equivoci". La confusione è sempre una cattiva consigliera perché alla
fine delle polemiche abbandona la gente alla sfiducia sconsolata nella capacità della società,
attraverso le sue istituzioni, di aiutare i suoi cittadini proprio nelle situazioni più complesse e
drammatiche, quando la collettività e i suoi servizi dovrebbero invece essere di sostegno e di
incoraggiamento.
Occorre allora riconcentrarsi sul tema: la volontà di Eluana. Se qualcuno ha dei dubbi deve fermarsi
lì: se effettivamente quella del rifiuto della vita vegetativa fosse davvero la scelta lucida della
ragazza. Resta da vedere perché mai dovremmo mettere in dubbio il lavoro paziente e meticoloso
dei nostri giudici che hanno ricostruito questa volontà, emettendo una sentenza che sapevano
perfettamente sarebbe stata altamente impopolare. E perché mai un padre adorante verso la propria
"bambina", come dice Beppe Englaro, avrebbe dovuto battersi per anni per realizzare tale volontà,
affrontando la gogna mediatica e la distruzione della sua vita personale?
A prescindere dalle considerazioni puramente umane, però, i dubbi sono legittimi perché non esiste
purtroppo un documento firmato che riporti il pensiero di Eluana. Ma se invece siamo d´accordo
che la volontà di Eluana è quella ricostruita dalla magistratura, allora la confusione su chi decide
che cosa è subito dissipata. Decide Eluana e la sua decisione va rispettata. Se io scelgo che
preferisco morire piuttosto che farmi amputare un arto, come è successo pochi anni fa nel caso della
signora siciliana, nessuno può tagliarmi una gamba, esercitando una violenza che per me è tortura.
Su questo punto non si può transigere perché significherebbe accettare che nel nostro paese la
società è autorizzata a perpetrare violenza nei confronti dei suoi cittadini. E questo non è vero né
per la magistratura, né per la scienza , né per il Vaticano, né per la politica. Come ricorda Carlo
Casonato, grande esperto di diritto costituzionale comparato e responsabile del Progetto Biodiritto
"il diritto di disporre della propria vita esiste. E´ sancito dall´articolo 13 sulla libertà personale e dall
´articolo 32 della Costituzione, secondo il quale nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario e anche dall´articolo 35 del Codice di Deontologia Medica che conferma che
non è consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona.". Sappia quindi la gente
che c´è un punto fermo : nessuno può violare questo diritto e c´è chi si impegna a farlo rispettare
sempre e comunque nella sua sostanza. La confusione si crea piuttosto sulla forma e si alimenta
delle definizioni e delle prese di posizione politiche e ideologiche. Sono mesi che dalle pagine dei
giornali e dagli schermi di televisioni e computer ci ossessiona la figura di una donna nella
dirompente bellezza dei suoi vent´anni: Eluana con il cappello nero, Eluana in tuta rossa fiammante
sulla neve, Eluana che esce dalla doccia e ride. Eluana oggi non è quella delle foto. E´ una donna di
quasi quarant´anni anni, senza sorriso, senza espressione negli occhi, senza vita di relazione, senza
coscienza, senza controllo di un corpo, che è ormai un involucro in disfacimento. La sua vita
meravigliosa si è spenta per sempre 16 anni fa