Ultimo scempio sugli immigrati
di Gad Lerner
“la Repubblica” del 14 novembre 2009
Pur di acquisire il consenso della Lega a un provvedimento di
vitale interesse per il loro principale, i maldestri giuristi di Berlusconi, in
spregio al codice penale, patrocinano una riforma del processo che modifica
profondamente il senso comune di giustizia e lo stesso orizzonte dei valori
civili. Di fatto, introducono nel diritto italiano il principio della
discriminazione su base etnica e di censo. Come definire altrimenti la scelta di
escludere dal beneficio della prescrizione gli imputati di immigrazione
clandestina? Questo prevede il disegno di legge "per la tutela del
cittadino contro la durata indeterminata dei processi". Una scelta
inequivocabile, come del resto quella di considerare il furto e lo scippo reati
più gravi della corruzione.
Esprimendo "indignazione e tristezza", lo denuncia il padre gesuita
Giovanni La Manna: "La già insensata fattispecie di reato di immigrazione
clandestina, semplice contravvenzione punita con un´ammenda, da oggi viene
equiparata ai reati di mafia e terrorismo". Non è un paradosso. Lo
straniero irregolare, se approvata la nuova legge, subirà la medesima
limitazione di garanzie riservata a presunti mafiosi e terroristi.
La fretta di escogitare un salvacondotto che preservi un singolo potente dal
naturale corso della giustizia genera dunque un mostro giuridico. La destra al
governo, vincolata dall´allarme sociale che la sua stessa propaganda ha
esasperato, agita come un vessillo la fermezza nei confronti della
microcriminalità di strada e degli stranieri irregolari, sebbene in realtà
oggi stia perseguendo l´impunità dei suoi vertici. Le riesce impossibile
coniugare garantismo e populismo. Ridisegna piuttosto un´iniqua mappa dei
cittadini meritevoli di essere protetti dalle lungaggini dei tribunali; da
privilegiare rispetto ad altri, indegni perché estranei ai suoi criteri di
onorabilità.
È tipico di un regime plutocratico e demagogico tollerare la corruzione come
reato meno grave dello scippo. Confidando sul fatto che un´anziana cui hanno
strappato la borsetta al mercato desideri giustamente la punizione severa del «suo»
ladro, rassegnata viceversa all´inevitabile spregiudicatezza di chi sta troppo
in alto, intoccabile. Vogliono convincerla che il governante è perseguitato per
invidia o fanatismo politico. Come ricompensa, la rassicurano: lo straniero suo
vicino di casa resterà perseguibile. C´è un diritto mite per la gente
perbene, di cui anche lei fa parte, e un diritto implacabile per gli estranei.
La colpa originaria del clandestino sia dunque imperscrittibile. Egli appartiene
a una categoria destinata a restare priva di garanzie. Il principio
costituzionale dell´uguaglianza di fronte alla legge non deve riguardarlo. Tale
riforma del diritto, che spacca in due la cittadinanza, trova conferma nella
norma che privilegia gli incensurati rispetto a coloro che hanno precedenti
penali quand´anche siano processati insieme per il medesimo reato: dopo due
anni il giudice dovrà prosciogliere l´incensurato, ma non il suo complice
recidivo.
La carica ideologica della norma che rende imperscrittibile la condizione di «clandestino»
sovrasta i suoi effetti pratici. Sappiamo bene che il reato di immigrazione
illegale minaccia l´esistenza di molti stranieri cui è scaduto il permesso di
soggiorno – e non solo coloro che varcano di nascosto le nostre frontiere –
senza che la salatissima multa eserciti alcuna dissuasione concreta. Ma la
regola introdotta su richiesta della Lega – a dispetto dell´equità giuridica
e di quanto concordato al vertice del Pdl – sancisce una novità di portata
storica.
La legge introdotta di recente, come è noto, punisce con la sola sanzione
amministrativa il comportamento di chi si trova in Italia senza permesso. Pochi
mesi dopo, a dispetto della norma appena stabilita, ecco che un nuovo disegno di
legge ingigantisce la valutazione di gravità del medesimo comportamento fino a
prevederne il trattamento giuridico speciale.
Un´altra volta, con la consueta prontezza, la Lega approfitta delle difficoltà
del premier imponendogli la sua egemonia culturale. Prosegue così la
codificazione normativa del sentimento xenofobo, ultimo effetto di una giustizia
spaccata in due