Istituzioni umiliate
di Nadia Urbinati
“la Repubblica” del 23 maggio 2009
Cento deputati piacciono più di seicento al nostro presidente del Consiglio. Non c´è da stupirsi,
perché corromperli o assoldarli o semplicemente metterli d´accordo con i suoi propri interessi
sarebbe certamente meno costoso e più semplice. La relazione tra assemblee numerose e sicurezza
della libertà l´avevano ben capita gli ateniesi di 2.500 anni fa, i quali proprio per evitare le
scorciatoie nel nome della celerità di decisione istituirono giurie popolari numerosissime. Il loro
intento principale era quello di impedire che nessun cittadino potente potesse condizionare le
decisioni a suo piacimento. E pensavano che nessuno disponesse di tanti soldi quanti ne sarebbero
stati necessari per corrompere seicento giudici (tanti erano i giudici che siedevano nelle loro giurie).
E qui siamo di nuovo: il capo dell´esecutivo, abituato a comandare sottoposti e stipendiati, non ama
né tollera assemblee larghe di rappresentanti che sono chiamati a rendere conto a nessun individuo
o gruppo di individui ma solo alla nazione, la quale non è un padrone ma la fonte della loro autorità.
Ma per il capo dell´esecutivo le assemblee larghe sono pletoriche e poi dannose agli interessi di chi
decide – ovvero del suo esecutivo.
La logica del capo della maggioranza non è democratica ma è esattamente opposta a quella dei
saggi democratici. Le assemblee deliberative devono essere non troppo piccole né troppo grandi,
pensavano i Padri fondatori della democrazia americana. Se troppo piccole non possono più
svolgere la loro funzione rappresentativa degli interessi più numerosi e diversi e inoltre possono
facilmente dar luogo a unanimismi pericolosi o a "cabale" di fazioni. Se troppo grandi non possono
svolgere efficacemente la funzione deliberativa, allungando i tempi di decisione e impedendo
maggioranze stabili. Ma in nessun caso una manciata di rappresentanti è una cosa buona per la
democrazia. La politica non va per nulla d´accordo con la semplificazione, una qualità degli
apparati burocratici e di chi è chiamato a eseguire ordini e applicare pedissequamente regole che
non fa; non è una qualità dei rappresentanti e dei cittadini che contribuiscono a determinare le scelte
politiche con la loro diversa e complessa partecipazione. Semplificazione è una qualità per la
"governance" ma non per il "government" – la prima è organizzazione di funzioni che mirano a
risolvere problemi specifici; ma il secondo è azione politica che solleva problemi, crea agende di
discussione e di proposte, mobilita idee e interessi, e infine decide facendo leggi che tutti, non solo
chi siede in Parlamento e non solo chi è parte della maggioranza, deve ubbidire.
L´Italia si trova vicinissima a una svolta anti-democratica. L´attacco al Parlamento è un attacco alla
divisione dei poteri e per affermare la centralità, anzi, il dominio di un potere sopra tutti: quello dell
´esecutivo, che non ama eseguire o dover rendere conto e vuole fare quel che vuol fare senza
impedimenti; che vuole fare tutto, legiferare e eseguire e, magari, anche determinare la giustizia.
Semplificazione è l´equivalente di potere incontrastato.
Nel 1924, Gaetano Mosca, un conservatore di tutto rispetto, tenne un discorso memorabile nel
Parlamento del Regno. Lui, che aveva sviluppato la teoria forse più corrosiva della democrazia
sostenendo, con il soccorso della storia, che quale che sia la forma di governo, tutti i governi hanno
come scopo evidente quello di formare e selezionare la classe politica. Che siano le guerre o le
elezioni dipende dal tipo di organizzazione sociale, dalle forme di espansione e arricchimento,
forme che possono essere violente e dirette oppure pacifiche e per vie di commercio. Nella moderna
società di mercato, sosteneva Mosca, l´elezione e l´opinione sono forme più funzionali alla
selezione della classe dirigente. Ebbene, questo critico dell´ideologia democratica e
parlamentaristica, alla vigilia della fine delle libertà politiche e del parlamentarismo liberale, si
schierò in Parlamento in difesa di quella istituzione, di quella forma democratica di selezione della
classe politica e di governo. Non luogo in cui si perdeva tempo a chiacchierare o un "bivacco" come
Benito Mussolini lo chiamava, ma istituzione di controllo e di monitoraggio senza la quale nessun
cittadino poteva più sentirsi sicuro. Tra i conservatori di oggi, tra i moderati (se ancora ce ne sono)
chi avrà la stessa saggezza o lo stesso coraggio del conservatore liberale Mosca? La difesa del
sistema parlamentare non è una questione che interessa o deve interessare solo l´opposizione. Tutti,
tutti indistintamente dovrebbero comprendere il rischio che una società corre quando chi è stato
eletto per governare con il sostegno del Parlamento cerca di governare con la connivenza di una
assemblea amica.