«L’Italia che ha paura di essere invasa non può che generare mostri e razzisti»

intervista ad Amos Luzzatto a cura di Umberto De Giovannageli

“l'Unità” del 12 maggio 2009

«L’Italia sta dando di sé l’immagine inquietante di un Paese in cui la paura dell’”invasore” domina

sui valori della solidarietà e dell’accoglienza». A sostenerlo è una delle figure più rappresentative

dell’ebraismo italiano: Amos Luzzatto, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane

(Ucei). «Troppi fatti dicono che in Italia c’è un clima di risorgente razzismo”, denuncia Luzzatto.

Il ministro degli Interni, Roberto Maroni, ha ribadito che l’Italia andrà avanti nella politica

del respingimento dei migranti. Come valuta questa asserzione?

«Con grande preoccupazione. Prima di adottare un criterio burocratico che consiste nel suddividere

gli immigrati in regolari e clandestini, forse accettando i primi ma certamente rifiutando i secondi,

bisognerebbe porsi una domanda…».

Quale?

«Bisognerebbe chiedersi che significato storico e politico ha questo fenomeno macroscopico di

pressione di masse che con tutti i mezzi cercano di raggiungere l’Europa. Io credo che ci si debba

porre seriamente il problema di quali trasformazioni economiche e sociali stanno verificandosi in

Africa e in Asia, tali da poter spingere alla fuga quantità così significative di persone che

comprendono anche bambini, e quali siano le responsabilità dei Paesi a economia avanzata.

Dobbiamo interrogarci su questo, perché non è pensabile che in un mondo globalizzato non si

globalizzino anche le responsabilità. Ciò significa che a monte delle disposizioni di legge e di

sicurezza, va delineata una vera e propria politica delle migrazioni che tenga conto anche delle

difficoltà al limite dell’impossibilità di sopravvivere nei Paesi di origine. A me pare che una analisi

completa in questo senso non sia ancora stata fatta. E i guasti sono sotto gli occhi di tutti».

La politica di respingimento può essere una soluzione?

«In coerenza con quanto ho affermato prima, dico che può essere una soluzione a brevissima

scadenza, il che vuol dire a scadenza al massimo di mesi, oltre al fatto che questa “soluzione”

presenta degli aspetti di crudeltà che non dovrebbero essere concepibili in Paesi che si ritengono

civili. Io ricordo – se è ancora permesso ricordare – che una esperienza simile è stata fatta a cavallo

tra gli anni Trenta e Quaranta dell’altro secolo da folle di ebrei che avevano visto cancellata la loro

cittadinanza in Germania e che non trovarono accoglienza in altri Paesi».

La paura dell’«invasione» può generare mostri?

«Direi proprio di sì. Perché i due ingredienti che alimentano questi mostri sono, per l’appunto, la

paura, che per definizione esclude la razionalità, e il termine stesso di “invasione” che possiede

sempre una connotazione minacciosa e mai tiene in conto, facendosene in qualche modo carico,

della disperazione di coloro che sono ritenuti gli “invasori”. Guai a chiudere gli occhi di fronte ai

fatti. E i fatti dicono che in Italia c’è un clima di risorgente razzismo. Che va denunciato e

combattuto. Prima di esserne travolti».

Quale immagine l’Italia sta dando di sé al mondo?

«L’immagine di un Paese che non è disponibile per una solidarietà vera con le popolazioni

bisognose; un Paese che sembra essere ossessionato da una minaccia esterna e che ha assunto come

priorità assoluta di preservare quel tanto di ordine garantito che credono di avere nei propri

confini».

Solidarietà, accoglienza…C’è ancora posto per questi valori nell’Italia della paura e della

diffidenza?

«Temo di no, perché quando il disvalore dominante è quello della paura, della diffidenza nei

confronti del disperato che si immagina pronto a qualunque atto efferato, è difficile riportare il

discorso verso i valori della solidarietà che, peraltro, non possono più essere tradotti in elemosina

spontanea da parte delle anime belle, che sono sempre troppo poche, e deve invece diventare una

politica organizzata».

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha affermato che l’Italia non sarà mai una

società multietnica.

«Ma l’Italia è già una società multietnica. E così lo saranno sempre più tutte le società europee. Ed è

sulla multietnicità che andrà ridefinita la stessa identità nazionale. Berlusconi non può credersi così

onnipotente da poter fermare il corso della storia».