Il papa dimentica Romero

di Maurizio Chierici

in“il Fatto Quotidiano” del 22 dicembre 2009

Tre cardinali non vogliono umiliare la destra cattolica con la beatificazione di Romero, assassinato sull’altare

Dietro la polemica che accompagna la beatificazione di Pio XII, fa malinconia un nome che non c’è. Le “virtù eroiche” del vescovo Romero ucciso in Salvador vengono rimandate a chissà quando. Dava voce alla speranza delle folle contadine schiacciate dalla dottrina Reagan, America Centrale nelle mani di squadre della morte finanziate da Washington: 6 milioni di dollari al giorno ai militari del Salvador. Romero non invita alla disobbedienza. Mai un’omelia di rancore. Nell’ultima predica supplica i “fratelli militari” ad abbassare le armi. “Parlate lo stesso dialetto; siete cresciuti negli stessi villaggi…”. Sotto le divise che minacciano, i cuori sono sempre contadini. Provocazione rivoluzionaria per le grandi famiglie riunite nella bandiera dell’anticomunismo in difesa del “mondo libero”. In realtà affari con multinazionali infastidite dalla chiesa dei poveri e da un primate che rifiutava le tovaglie ricamate. Anche il Vaticano guardava con sospetto. Giovanni Paolo II stava strappando la Polonia dai gironi di Mosca. E la piccola America dei fedeli e dei preti perseguitati non veniva considerata Chiesa del Silenzio come la Chiesa di Varsavia. Il Papa lasciava alle diplomazie vaticane il compito di correggere la “logorrea” dei figli del Concilio Vaticano II: quell’orribile teologia della liberazione che aveva moltiplicato i catechisti nelle favelas e nelle campagne, e rigenerato la speranza nei giovani preti di paesi dove strategie lontane organizzavano dittature e squadre della morte. Alcuni vescovi stavano tentando di trasformare la rabbia degli oppressi in una testimonianza pacifica da organizzare attorno alla fede impegnata a contenere lo scandalo delle ingiustizie. Quel Vaticano anni ‘80 li ha oscurati considerandoli protagonisti pericolosamente in bilico sulla frontiera che divide il mondo libero e cristiano, dall’ateismo del comunismo ribellista. E li ha condannati all’abbandono. In Salvador uccisi quattro giovani sacerdoti consacrati da Romero, il suo confessore e amico, sindacalisti e militanti nell’associazionismo cristiano. E la dinamite sbriciola la redazione di Orientacion, radio e giornale della Chiesa. Romero implora il Vaticano, ma Giovanni Paolo II non vede le sue lettere: c’è chi le filtra per non disturbare la strategia che attorno a Wall Street finanziava Solidarnosc e l’opposizione polacca. Giovanni Paolo II incontra Romero un solo minuto per la foto ricordo. Sapeva degli appelli disperati che il vescovo gli aveva spedito? Metta via quelle carte, gesto brusco della mano. Documenti sulla persecuzioni che il Papa non vuole sfogliare. Una foto non è bastata a salvarlo. “Finalmente” lo uccidono sull’altare, 24 marzo 1980. E il massacro continua: missionari protestanti, sei gesuiti dell’Università e Marianela Garcia Villas: raccoglieva i corpi dei desaparecidos e denunciava la sperimentazione Usa di bombe al fosforo sulle proteste contadine. Nel primo viaggio in Salvador, papa Wojtyla visita la tomba del vescovo definendolo “zelante pastore”, insomma, curato di una campagna tranquilla.

Abbandonato anche il successore, Rivera Damas: per due anni gli si è fatto sospirare il titolo di primate della Chiesa salvadoregna mantenendolo nel non potere dell’amministratore apostolico. Quindi bersaglio delle destre furibonde. Amministratore apostolico è il compromesso nei paesi dove il silenzio é obbligato e la clandestinità requisito della sopravvivenza. In Cina, per esempio. Ma nel Salvador sacerdoti e suore predicavano in pubblico per non abbandonare i senza niente minacciati dalle grandi famiglie infastidite da un vescovo “non dignitoso”.

Abbandonato anche Samuel Ruiz, vescovo di San Cristobal, Chiapas messicano. Mentre era asserragliato nella cattedrale assediata dai latifondisti scatenati contro il pastore che rifiutava l’ospitalità delle loro dimore per dormire nelle baracche degli indios diseredati, a Città del Messico il nunzio apostolico monsignor Prigione condannava con parole di fuoco “l’avventurismo” del vescovo. E aggiungeva sibillino: “fra un po’ compie 75 anni e se Dio vuole non resterà al suo posto un minuto di più”. Parole profetiche. Via Ruiz, l’ausiliare monsignor Vera, che aveva condiviso l’esperienza di don Samuel, ne assume la carica, ma dura pochi mesi: subito trasferito nel deserto al confine con gli Stati Uniti. Sciolti gli ottomila gruppi di catechismo. E poi quegli interminabili cinque minuti che impallidiscono la fede dei cattolici cileni: il Papa che si affaccia al balcone della Moneda assieme a Pinochet, buoni uffici del nunzio apostolico cardinale Sodano, oggi non più segretario di stato. Da allora il solco tra chiesa cattolica e popolazioni si é allargato aprendo un baratro nel quale si moltiplicano le sette protestanti della destra religiosa nordamericana, finanziate dalla dottrina Rockefeller e protette dai poteri forti dei paesi deboli. Bush ne è stato il profeta. In Brasile un milione di fedeli ogni anno lascia la Chiesa di Roma. Fra i cattolici latini domina l’Opus Dei, ma non riguarda le folle della fame. Crescono i Legionari di Cristo, la cui intransigenza fa impallidire i borghesi Opus. E celebrare il ricordo di Romero può essere pericoloso. Pedro Casaldaliga, vescovo catalano di Sao Felix do Xingu, è stato processato per tre giorni dal cardinale Ratzinger per aver esposto all’ingresso della sua piccola cattedrale un ritratto di Romero con la scritta “Santo americano”.

Adesso il Romero escluso dal decreto di Benedetto XVI. Beato degli oppressi sarà Jerzy Popieluszko, sacerdote che marciava con gli operai in sciopero nella Polonia della dittatura rossa. Continua a marciare dopo la legge marziale del ‘81. Assassinato nel ‘84, unica vittima della Chiesa del silenzio polacca. Adesso Romero messo da parte dalla diffidenza vaticana, a proposito della teologia della liberazione svuotata negli anni di Wojtyla. Solo alla fine ne riconosce l’importanza. Jesus Delgado, segretario di Romero e vicario della diocesi di San Salvador, ricorda che “tre o quattro cardinali si oppongo alla beatificazione” interpretata come approvazione romana ai sacerdoti che si mescolavano alle speranze della gente, approvazione che infastidisce la destra cattolica. Non importa se mezzo milione di fedeli hanno firmato un appello, se 104 nazioni sollecitano il Papa. Le chiese anglicana e protestante lo commemorano come martire. Ma l’impegno di Vicenzo Paglia, postulante e vescovo di Terni, non scuote chi è impaurito dal sacrificio di Romero. Povero prete lontano dai labirinti delle gerarchie